596
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596 ὣς οἳ μὲν μάρναντο δέμας πυρὸς αἰθομένοιο:
Così quelli combattevano (da μάρναμαι) alla maniera di (da
δέμας , τό, (δέμω), ma qui come avverbio, con il genitivo) un fuoco ardente,
che divampa (da αἴθω):
597 Νέστορα δ᾽ ἐκ πολέμοιο φέρον Νηλήϊαι ἵπποι
i cavalli di Neleo portavano intanto Nestore fuori dalla
battaglia,
sudanti, e portavano Macaone, pastore di genti.
599 τὸν δὲ ἰδὼν ἐνόησε ποδάρκης δῖος Ἀχιλλεύς:
Lui riconobbe, vedendolo, il divino Achille dal piede
veloce (da ποδαρκής , ές, da ἀρκέω, quindi “che soccorre con i piedi, che
corre in aiuto”):
600 ἑστήκει γὰρ ἐπὶ πρυμνῇ μεγακήτεϊ νηῒ[2]
se ne stava infatti sulla poppa della nave (da πρύμνα ,
Ion. ed Ep. πρύμνη , ης , ἡ : dall’aggettivo πρυμνός
(sc. ναῦς), talvolta Omero ha la forma completa νηὶ πάρα πρύμνῃ, ἐπὶ πρύμνῃ
νηί, νηὶ ἐνὶ πρ., e al plurale νηυσὶν ἔπι πρύμνῃσι; sebbene altre volte si
abbia anche πρύμνη νηός) grande, capace (da μεγακήτης , ες),
601 εἰσορόων πόνον αἰπὺν ἰῶκά τε
δακρυόεσσαν.
osservando la sofferenza, la fatica (da πόνος , ὁ,
(πένομαι), ardua, acuta (da αἰπύς , εῖα, ύ), e la rotta, la fuga,
l’inseguimento (da ἰωκή , ἡ), lacrimevole.
602 αἶψα δ᾽ ἑταῖρον ἑὸν Πατροκλῆα
προσέειπε
Subito si rivolge al suo compagno Patroclo
603 φθεγξάμενος παρὰ νηός: ὃ δὲ κλισίηθεν ἀκούσας
chiamando, facendo sentire la sua voce (da φθέγγομαι),
dalla nave; quello, sentendo, fuori dalla tenda
604 ἔκμολεν ἶσος Ἄρηϊ, κακοῦ δ᾽ ἄρα οἱ
πέλεν ἀρχή.
esce (da ἐκμολεῖν), simile ad Ares, ma per lui era il
principio del male, della rovina.
605 τὸν πρότερος προσέειπε Μενοιτίου ἄλκιμος
υἱός:
A lui per primo si rivolge, parla, il valoroso figlio di
Menezio:
606 ‘ τίπτέ με κικλήσκεις Ἀχιλεῦ; τί δέ σε[3]
χρεὼ ἐμεῖο; ’
« Perché mi chiami (da κικλήσκω), o Achille ? Che bisogno
hai di me ? »
607 τὸν δ᾽ ἀπαμειβόμενος προσέφη πόδας ὠκὺς
Ἀχιλλεύς:
A lui rispondendo diceva Achille, dal piede veloce:
608 ‘ δῖε Μενοιτιάδη τῷ ἐμῷ κεχαρισμένε
θυμῷ
« O divino figlio di Menezio, caro (da χαρίζω, in
medio-passivo, per lo più participio perfetto come aggettivo κεχαρισμένος, η,
ον) a questo mio cuore,
609 νῦν ὀΐω περὶ γούνατ᾽ ἐμὰ στήσεσθαι Ἀχαιοὺς
credo che ora gli Achei si metteranno intorno alle mie
ginocchia
610 λισσομένους: χρειὼ γὰρ ἱκάνεται οὐκέτ᾽
ἀνεκτός[4].
pregandomi: infatti una necessità si è presentata (da ἱκάνω)
e non è sopportabile (da ἀνεκτός , όν).
611 ἀλλ᾽ ἴθι νῦν Πάτροκλε Διῒ φίλε Νέστορ᾽
ἔρειο
Ma vai ora, o Patroclo, caro a Zeus, e chiedi (da ἐρέω ,
Ep. = ἐρεείνω, ἔρομαι, ἐρωτάω, con l’acc. della persona e l’acc. della cosa)
a Nestore
612 ὅν τινα τοῦτον ἄγει βεβλημένον ἐκ
πολέμοιο:
chi è costui che porta, colpito, ferito, via dalla guerra:
613 ἤτοι μὲν τά γ᾽ ὄπισθε Μαχάονι πάντα ἔοικε
certamente in tutto da dietro è simile a Macaone,
614 τῷ Ἀσκληπιάδῃ, ἀτὰρ οὐκ ἴδον ὄμματα
φωτός:
al figlio di Asclepio,
però non ho visto gli occhi dell’uomo;
615 ἵπποι γάρ με παρήϊξαν πρόσσω μεμαυῖαι.
le cavalle infatti mi sono passate oltre (da παραίσσω, con
l’accusativo), gettandosi in avanti, avventandosi in avanti ».
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Presagio per Patroclo
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602
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αἶψα δ᾽ ἑταῖρον ἑὸν
Πατροκλῆα προσέειπε
φθεγξάμενος παρὰ
νηός: ὃ δὲ κλισίηθεν ἀκούσας
ἔκμολεν ἶσος Ἄρηϊ,
κακοῦ δ᾽ ἄρα οἱ πέλεν ἀρχή.
E si rivolse subito
all’amico suo Patroclo,
chiamandolo dalla
nave; quello sentì dalla tenda
e corse, simile ad
Ares; e fu principio di male per lui.
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Citazione
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616
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616 ὣς φάτο, Πάτροκλος δὲ φίλῳ ἐπεπείθεθ᾽ ἑταίρῳ,
Così diceva, e Patroclo obbediva (da ἐπιπείθομαι)
all’amato compagno, al suo compagno,
617 βῆ δὲ θέειν παρά τε κλισίας καὶ νῆας Ἀχαιῶν.
e si gettò a correre lungo le tende e le navi degli Achei.
618 οἳ δ᾽ ὅτε δὴ κλισίην Νηληϊάδεω ἀφίκοντο,
Essi poi, quando giunsero (da ἀφικνέομαι, con l’acc. del
luogo) alla tenda del figlio di Neleo,
619 αὐτοὶ μέν ῥ᾽ ἀπέβησαν ἐπὶ χθόνα
πουλυβότειραν,
questi scesero giù (da ἀποβαίνω) sul suolo fertile, che
nutre molti,
620 ἵππους δ᾽ Εὐρυμέδων θεράπων λύε τοῖο
γέροντος
Eurimedonte, lo scudiero, scioglieva i cavalli del vecchio
621 ἐξ ὀχέων:[5]
τοὶ δ᾽ ἱδρῶ ἀπεψύχοντο χιτώνων
dal carro; questi poi si facevano asciugare (da ἀποψύχω)
il sudore dei chitoni
622 στάντε ποτὶ πνοιὴν παρὰ θῖν᾽ ἁλός: αὐτὰρ
ἔπειτα
stando alla brezza (da πνοή , ῆς, ἡ, Ep. πνοιή , sempre
quest’ultima forma in Omero) presso la spiaggia, la battigia (da θίς , θινός ,
ὁ) del mare; poi successivamente
623 ἐς κλισίην ἐλθόντες ἐπὶ κλισμοῖσι
κάθιζον.
entrati nella tenda, andati alla tenda, si sedevano sui
seggi (da κλισμός , ὁ).
624 τοῖσι δὲ τεῦχε κυκειῶ ἐϋπλόκαμος Ἑκαμήδη[6],
Per loro preparava il ciceone (da κυκεών , ῶνος, ὁ)
Ecamede dalla bella chioma,
625 τὴν ἄρετ᾽ ἐκ Τενέδοιο γέρων, ὅτε
πέρσεν Ἀχιλλεύς,
che il vecchio ottenne per sè (da ἄρνυμαι) da Tenedo,
quando Achille (la) distrusse (da πέρθω),
626 θυγατέρ᾽ Ἀρσινόου μεγαλήτορος, ἥν οἱ Ἀχαιοὶ
la figlia di Arsinoo magnanimo, che a lui gli Achei
627 ἔξελον οὕνεκα βουλῇ ἀριστεύεσκεν ἁπάντων.
assegnarono (da ἐξαιρέω, lett. “presero fuori”, in quanto
la scelsero per lui prendendola dal bottino di guerra) dal momento che in
consiglio primeggiava (da ἀριστεύω, con il genitivo) fra tutti.
628 ἥ σφωϊν πρῶτον μὲν ἐπιπροΐηλε τράπεζαν
Ella per prima cosa di fronte a loro due dispose (da ἐπιπροιάλλω,
in costruzione τί τινι) la tavola
629 καλὴν κυανόπεζαν[7]
ἐΰξοον, αὐτὰρ ἐπ᾽ αὐτῆς
bella, dai piedi di smalto (da κυανόπεζα , ἡ, “dai piedi
di κύανος”, si tratta di uno smalto blu scuro usato anche per ornare le
armature), di lucido metallo, ben levigata (da εὔξοος , Ep. ἐΰξοος , ον, gen.
ἐΰξου = εὔξεστος), poi sopra di essa
630 χάλκειον κάνεον, ἐπὶ δὲ κρόμυον ποτῷ ὄψον,
un cesto (da κάνεον , τό) in bronzo, con sopra, dentro,
una cipolla (da κρόμυον, ου, τό), companatico (da ὄψον , τό, qui detto di
qualsiasi cosa di mangia in compagnia di un’altra, per eccitare la sete) al
bere (da ποτόν , τό),
631 ἠδὲ μέλι χλωρόν, παρὰ δ᾽ ἀλφίτου ἱεροῦ
ἀκτήν,
poi del miele giallo chiaro, biondo (da χλωρός , ά, όν), e
accanto della farina (da ἀκτή , ἡ) di orzo (da ἄλφιτον , τό, in Omero il
singolare solo nell’espressione ἀλφίτου ἀκτή) sacro,
632 πὰρ δὲ δέπας περικαλλές[8],
ὃ οἴκοθεν ἦγ᾽ ὁ γεραιός,
e accanto una coppa bellissima (da περικαλλής , ές), che
da casa il vecchio si portava,
633 χρυσείοις ἥλοισι πεπαρμένον: οὔατα δ᾽
αὐτοῦ
decorata, ornata, tempestata (da πείρω), di borchie (da ἧλος
, ὁ) d’oro; i manici (da οὖς , τό: il nom. e l’acc. singolari si formano dal
genitivo οὔατος) di questa
634 τέσσαρ᾽ ἔσαν, δοιαὶ δὲ πελειάδες ἀμφὶς
ἕκαστον
erano quattro, e due colombe (da πελειάς , άδος, ἡ, = πέλεια
, ἡ) ai due lati di ciascuno,
635 χρύσειαι νεμέθοντο[9],
δύω δ᾽ ὑπὸ πυθμένες ἦσαν.
d’oro, si cibavano (da νεμέθω), e sotto stavano due
supporti (da πυθμήν , ένος, ὁ).
636 ἄλλος μὲν μογέων ἀποκινήσασκε τραπέζης
Un altro, chiunque altro, a fatica, faticando (da μογέω),
lo muoveva (da ἀποκινέω, iterativo, seguito dal genitivo) dalla tavola,
637 πλεῖον ἐόν, Νέστωρ δ᾽ ὁ γέρων ἀμογητὶ ἄειρεν.
essendo piena, Nestore però, il vecchio, la sollevava
senza fatica (da ἀμογητί, avverbio).
638 ἐν τῷ ῥά σφι κύκησε γυνὴ ἐϊκυῖα θεῇσιν
In essa la donna simile (da ἔοικα, al part. ἐοικώς, εἰκώς,
Ion. οἰκώς, υῖα, ός) alle dee per loro mescolò, impastò (da κυκάω, “mescolo”
con qualche cosa (τινι)),
639 οἴνῳ Πραμνείῳ[10],
ἐπὶ δ᾽ αἴγειον κνῆ τυρὸν
con il vino di Pramno, e sopra grattuggiava (da κνάω) del
formaggio (da τυρός , ὁ) di capra (da αἴγειος , α, ον)
640 κνήστι χαλκείῃ, ἐπὶ δ᾽ ἄλφιτα λευκὰ πάλυνε,
con una grattugia (da κνῆστις , εως ed ιος, ἡ) di rame (da
χάλκειος , η, ον, Ep. per χάλκεος, di rame o di bronzo: qui probabilmente si
intende il rame), sopra spargeva, versava (da παλύνω), bianche farine,
641 πινέμεναι δ᾽ ἐκέλευσεν, ἐπεί ῥ᾽ ὥπλισσε
κυκειῶ.
li invitò poi a bere (da πίνω), dopo che ebbe preparato
(da ὁπλίζω) il ciceone.
642 τὼ δ᾽ ἐπεὶ οὖν πίνοντ᾽ ἀφέτην
πολυκαγκέα δίψαν
I due dopo che, bevendo, si furono dunque liberati (da ἀφίημι,
con l’acc. : “mettere da parte qc., sbarazzarsi di qc.”) della sete (da δίψα
, ης, ἡ bruciante, che secca, che inaridisce (da πολυ-καγκής , ές, (κάγκω,
καίω),
643 μύθοισιν τέρποντο πρὸς ἀλλήλους ἐνέποντες,
si deliziavano (da τέρπω, con il dat. strumentale) con le
parole, con i discorsi, parlando, raccontandosi (da ἐνέπω , allungato ἐννέπω
, entrambe le forme in Omero), l’uno all’altro,
644 Πάτροκλος δὲ θύρῃσιν ἐφίστατο ἰσόθεος
φώς.
quando Patroclo, l’uomo simile ad un dio, se ne stava in
piedi vicino (da ἐφίστημι) all’uscio.
Vedendolo il vecchio si alzò dallo splendido trono,
646 ἐς δ᾽ ἄγε χειρὸς ἑλών, κατὰ δ᾽ ἑδριάασθαι ἄνωγε.
lo faceva entrare (da εἰσάγω, in tmesi) presolo per la
mano, e lo invitava (da ἄνωγα) a sedersi (da ἑδριάω).
647 Πάτροκλος δ᾽ ἑτέρωθεν ἀναίνετο εἶπέ τε
μῦθον:
Patroclo dall’altro lato rifiutava (da ἀναίνομαι), e disse
parola:
648 ‘ οὐχ ἕδος ἐστὶ γεραιὲ διοτρεφές, οὐδέ
με πείσεις[12].
« Non c’è tempo per stare seduti, non è il momento di
stare seduti (da ἕδος , εος, τό : qui non vuole tanto indicare il luogo dove
ci si siede, o il sedile, ma ma l’azione di restarsene seduti senza fare
nulla), o vecchio divino, non mi persuaderai (da πείθω).
649 αἰδοῖος νεμεσητὸς ὅ με προέηκε
πυθέσθαι
(È) temibile, degno di rispetto (da αἰδοῖος , α, ον, (αἰδώς)),
vendicativo, irascibile (da νεμεσητός , ή, όν, in Omero sempre νεμεσσητός,
tranne che qui), colui che mi ha mandato (da προίημι) a chiedere, ad
informarmi su (da πυνθάνομαι),
650 ὅν τινα τοῦτον ἄγεις βεβλημένον: ἀλλὰ
καὶ αὐτὸς
chi (sia) costui che conduci ferito: ma anche io stesso
651 γιγνώσκω, ὁρόω δὲ Μαχάονα ποιμένα λαῶν.
(lo) riconosco, e vedo Macaone, pastore di genti.
652 νῦν
δὲ ἔπος ἐρέων πάλιν ἄγγελος εἶμ᾽ Ἀχιλῆϊ.
Ora per riferire la notizia, la parola, tornerò indietro
da Achille come messaggero.
653 εὖ δὲ σὺ οἶσθα γεραιὲ διοτρεφές, οἷος ἐκεῖνος
Bene tu conosci, o vecchio divino, quale sorta, costui,
(sia) di uomo terribile: in fretta accuserebbe,
incolperebbe (da αἰτιάομαι) anche un incolpevole, colui che non ha colpa (da ἀναίτιος
, ον) ».
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Preparazione della bevanda dissetante (come veniva
consumato il vino)
Descrizione della coppa di Nestore
Patroclo
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632
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πὰρ δὲ δέπας
περικαλλές, ὃ οἴκοθεν ἦγ᾽ ὁ γεραιός,
χρυσείοις ἥλοισι
πεπαρμένον: οὔατα δ᾽ αὐτοῦ
τέσσαρ᾽ ἔσαν, δοιαὶ
δὲ πελειάδες ἀμφὶς ἕκαστον
χρύσειαι νεμέθοντο,
δύω δ᾽ ὑπὸ πυθμένες ἦσαν.
Poi una coppa
bellissima, che il vecchio portò da casa,
sparsa di borchie
d’oro; i manici
erano quattro; e due
colombe intorno a ciascuno,
d’oro, beccavano;
sotto v’eran due piedi.
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Citazione
La coppa di Nestore
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Discorso di Nestore ed epica pilia
L'epica pilia (670-762) che segue, e che rivive nel ricordo e
nelle parole di Nestore, ha un duplice scopo. Prima di tutto Nestore vuole
utilizzare un evento tratto dalla sua eroica giovinezza per rimarcare le sue
credenziali, ed il valore delle sue parole: Nestore non è uno che ciancia come
una cicala: ricordiamo Priamo e gli anziani in Γ, 150 sg. (ἀλλ᾽ ἀγορηταὶ / ἐσθλοί,
τεττίγεσσιν ἐοικότες). In secondo luogo egli vuole indirettamente ammonire ed
esortare: in questo senso i versi focali sono 716 sgg. dove vediamo l'impazienza
dei Pili di combattere, e l'insistenza di Nestore, a dispetto dell'opposizione
del padre, a guidare come comandante gli stessi Pili. Allo stesso modo Patroclo
dovrebbe vincere l'opposizione di Achille ed insistere affinchè possa egli
stesso guidare i Mirmidoni in battaglia.
Il racconto degli eventi - in totale durati cinque giorni,
dalla razzia dei Pili fino alla cacciata degli Epei a Buprasio e al ritorno a
Pilo - inizia con la descrizione di una prima spedizione di Nestore (670-707):
·
670-676 : magari Nestore fosse ancora forte come quando
scoppiò una lite fra Pili ed Elei per un furto di buoi, e lui uccise con una
freccia Itimoneo: dopo la sua uccisione gli Elei si dileguano.
·
677-684 : durante la notte Nestore e i suoi compagni portano
in città, a Pilo, da suo padre Neleo, un bottino immenso di buoi, pecore e
capre, porci, cavalle e puledri. Neleo gode per questo immenso bottino che il
figlio Nestore ed i suoi compagni hanno ottenuto.
·
685-688 : allo spuntare del giorno il bottino viene diviso
tra tutti coloro che vantavano crediti verso gli abitanti dell'Elide: i
comandanti dei Pili si radunano e spartiscono tra di loro il bottino.
·
688-695 : molti vantavano crediti per le violenze subite a
causa degli Epei. Anni prima erano stati attaccati da Eracle, che aveva ucciso
tutti i migliori, anche undici dei dodici figli di Neleo. Resi superbi da
questi eventi gli Epei erano divenuti prepotenti nei confronti dei Pili.
L'attacco di Eracle probabilmente è un simbolo per l'invasione dei Dori nel
Peloponneso.
·
696-707 : Neleo prende per sè una grande parte del bottino,
perchè vanta un grande credito, anche perchè il re Augia si era trattenuto per
sè un cocchio con quattro cavalli da corsa che avrebbero dovuto partecipare ad
una gara, per la quale era in premio un tripode. Neleo dunque si prende un
enorme risarcimento, ma divide anche molto con il suo popolo perchè nessuno
rimanga senza la sua parte. Poi celebrano sacrifici agli dei. Si deve notare
che esiste una certa confusione, senza dubbio anche nella pratica, tra
restituzione forzata di un debito e semplice razzia: Neleo ha titolo ad essere
resarcito dei suoi cavalli, e si prende certo una parte di bottino
corrispondente al loro valore, quindi il δῆμος si divide il resto, ma qui viene
utilizzato un linguaggio più adatto alla spartizione di un bottino.
Segue a questo punto la seconda impresa (707-761):
·
707-713 : il terzo giorno un gran numero di Epei si concentra
intorno alla città di Trioessa, città sull'Alfeo, confinante con Pilo: sono
ansiosi di vendicarsi della razzia compiuta da Nestore e dai suoi. Con gli Epei
sono anche i due Molioni[6].
·
714-721 : Atena giunge come messaggera ai Pili, affinchè si
armino. Viene radunato un esercito e gli uomini sono ansiosi di combattere.
Neleo non vuole che Nestore combatta, e gli nasconde i cavalli: Nestore
disobbedisce e si schiera tra i cavalieri, anche se appiedato.
·
722-732 : i Pili si accampano sul Minieo, vicino ad Arene,
aspettando l'alba: i cavalieri attendono i fanti. All'alba poi raggiungono
rapidamente l'Alfeo: qui sacrificano a Zeus, Poseidone ed Atena, quindi
consumano la cena e vanno a dormire armati. Da notare la religiosità dei Pili:
si vedano anche ai versi 753 e 761. I Pili stanno per attraversare un confine,
quindi in questo modo i διαβατήρια sono rispettati[7].
·
732-761 : Intanto gli Epei circondano la città, impazienti di
abbatterla. Appena il sole è sorto i Pili attaccano gli Epei. Per primo Nestore
uccide con la sua lancia Mulio, genero di Augia e sposo di sua figlia Agamede,
quindi gli prende il carro e con questo si schiera davanti ai Pili. Gli Epei,
quando vedono che è stato ucciso il comandante dei cavalieri, fuggono alla
rinfusa. Nestore cattura cinquanta carri e di tutti uccide i due uomini di
equipaggio: avrebbe ucciso anche i Molioni, se non li avesse protetti il loro
padre Poseidone. È una grande vittoria: i Pili cacciano gli Epei, inseguendoli
fino a Buprasio e alla rupe Olenia, da dove Atena li sospinge poi indietro. Qui
Nestore uccide l'ultimo uomo. Infine se ne ritornano indietro, da Buprasio fino
a Pilo.
Siamo così arrivati alla fine dell'epica dei Pili:
chiaramente questo racconto appartiene allo stesso ciclo di altri racconti
quali Η, 132-157 (Nestore uccide Ereutalione) e Ψ, 629-642 (i premi vinti da
Nestore ai giochi funebri per Amarinceo, re degli Epei). L'esistenza di un
corpo di poesia epica pilia spiega probabilmente (Bölte) la preminenza di
Nestore nell'Iliade.
655
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665 τὸν δ᾽ ἠμείβετ᾽ ἔπειτα Γερήνιος ἱππότα
Νέστωρ:
A lui allora rispondeva Nestore, il cavaliere gerenio:
« Perchè dunque (da ἄρα, in crasi) così Achille piange,
rimpiange (da ὀλοφύρομαι), i figli degli Achei,
667 ὅσσοι δὴ βέλεσιν βεβλήαται; οὐδέ τι οἶδε
quanti sono colpiti dai dardi ? Né conosce nulla
668 πένθεος, ὅσσον ὄρωρε κατὰ στρατόν: οἳ
γὰρ ἄριστοι
del dolore, del lutto (da πένθος , εος, τό), quanto si
aggira, si muove, si solleva, aleggia (da ὄρνυμι), attraverso il campo:
infatti questi, (che sono) i migliori,
669 ἐν νηυσὶν κέαται βεβλημένοι οὐτάμενοί
τε.
sulle navi giacciono (da κεῖμαι) colpiti e feriti.
660 βέβληται μὲν ὃ Τυδεΐδης κρατερὸς Διομήδης,
È stato colpito il figlio di Tideo, il forte Diomede,
661 οὔτασται δ᾽ Ὀδυσεὺς δουρὶ κλυτὸς ἠδ᾽ Ἀγαμέμνων:
è stato ferito Odisseo, famoso con la lancia, e
Agamennone;
662 βέβληται δὲ καὶ Εὐρύπυλος κατὰ μηρὸν ὀϊστῷ:
è stato ferito anche Euripilo, alla coscia, con una
freccia;
663 τοῦτον δ᾽ ἄλλον ἐγὼ νέον ἤγαγον ἐκ
πολέμοιο
e quest’altro, ultimo, io stesso ho portato via dalla
battaglia, dalla mischia,
colpito con una freccia dall’arco. Però Achille,
665 ἐσθλὸς ἐὼν Δαναῶν οὐ κήδεται οὐδ᾽ ἐλεαίρει[16].
per quanto sia valoroso tra i Danai, non si preoccupa (da κήδω,
con il genitivo, di persone o città) né pietà (da ἐλεαίρω).
666 ἦ μένει εἰς ὅ κε δὴ νῆες θοαὶ ἄγχι
θαλάσσης
Forse che aspetta fino a quando le navi veloci vicino alla
(riva del) mare
667 Ἀργείων ἀέκητι πυρὸς δηΐοιο θέρωνται,
contro il volere (da ἀέκητι , avverbio, epico, con il
genitivo) degli Argivi vengano bruciate (da θέρω, con il gen. πυρός) dal
fuoco nemico, distruttore,
668 αὐτοί τε κτεινώμεθ᾽ ἐπισχερώ;[17]
οὐ γὰρ ἐμὴ ἲς
669 ἔσθ᾽ οἵη πάρος ἔσκεν ἐνὶ γναμπτοῖσι μέλεσσιν[18].
e che noi stessi veniamo uccisi (da κτείνω) uno dopo
l’altro (da ἐπισχερώ , Ep. avv. (σχερός)) ? Infatti il mio vigore, la mia
forza, non è (più) quale prima era, nelle membra (da μέλος , εος, τό, negli
scrittori più antichi sempre al plurale) flessibili (da γναμπ-τός , ή, όν,
riferito alle membra degli uomini in vita, rispetto alla rigidità delle
membra dei morti).
670 εἴθ᾽ ὣς ἡβώοιμι βίη δέ μοι ἔμπεδος εἴη[19]
Volesse il cielo (da εἴθε , Ep. αἴθε) che allo stesso modo
(io) fossi nel fiore della giovinezza (da ἡβάω), e che a me la forza fosse
ferma, solida, inalterat τεύχω a (da ἔμπεδος , ον, (πέδον)),
671 ὡς ὁπότ᾽ Ἠλείοισι καὶ ἡμῖν νεῖκος ἐτύχθη
come quando un conflitto scoppiò (da τεύχω, passivo) tra
noi e gli Elei
672 ἀμφὶ βοηλασίῃ, ὅτ᾽ ἐγὼ κτάνον Ἰτυμονῆα
circa un furto di buoi (da βοηλασία , ἡ), quando io uccisi
Itimoneo,
673 ἐσθλὸν Ὑπειροχίδην[20],
ὃς ἐν Ἤλιδι ναιετάασκε,
il forte figlio di Ipiroco, che viveva (da ναιετάω,
iterativo) nell’Elide,
674 ῥύσι᾽ ἐλαυνόμενος: ὃ δ᾽ ἀμύνων ᾗσι
βόεσσιν
per portare via (da ἐλαύνω, verbo utilizzato in Omero
espressamente con riferimento a mandrie o cavalli rubati) un bottino, una
preda (da ῥύσιον , τό: (ἐρύω): qui acc. pl.); quello, mentre cercava di
difendere (da ἀμύνω, con il dat. della persona – qui gli animali – dalla
quale il pericolo deve essere allontanato: qui con il solo dativo il verbo ha
più il senso di “difendere, aiutare, soccorrere”) i suoi buoi,
675 ἔβλητ᾽ ἐν πρώτοισιν ἐμῆς ἀπὸ χειρὸς ἄκοντι,
venne colpito tra i primi, quelli che combattevano
davanti, da un dardo della mia mano,
676 κὰδ δ᾽ ἔπεσεν, λαοὶ δὲ περίτρεσαν ἀγροιῶται.
e cadde giù, e gli uomini della campagna, campagnoli (da ἀγροιώτης
, ου, ὁ, in Omero sempre al nom. plurale), fuggirono via tremando, fuggirono
via per la paura (da περιτρέω).
677 ληΐδα δ᾽ ἐκ πεδίου συνελάσσαμεν ἤλιθα
πολλὴν
Dalla piana portammo via (da συνελαύνω, ha il senso di
radunare insieme e portar via) un bottino (da ληίς , ίδος , ἡ , epico per
λεία, si veda il verso 9.125) veramente (da ἤλιθα, avverbio) grande:
678 πεντήκοντα βοῶν ἀγέλας, τόσα πώεα οἰῶν,
cinquanta mandrie (da ἀγέλη , ἡ, (ἄγω)) di buoi, e
altrettante greggi di pecore,
679 τόσσα συῶν συβόσια, τόσ᾽ αἰπόλια πλατέ᾽ αἰγῶν,
altrettanti branchi (da συβόσιον , τό, (σῦς, βόσκω)) di
maiali, altrettanti vasti (da πλατύς , εῖα, ύ) greggi (da αἰπόλιον , τό) di
capre,
680 ἵππους δὲ ξανθὰς ἑκατὸν καὶ πεντήκοντα
cento e cinquanta cavalle bionde (da ξανθός , ή, όν),
681 πάσας θηλείας, πολλῇσι δὲ πῶλοι ὑπῆσαν.[21]
tutte femmine, e a molte stavano sotto (da ὕπειμι, con il
dativo) i puledri
682 καὶ τὰ μὲν ἠλασάμεσθα Πύλον Νηλήϊον εἴσω
E queste cose conducemmo (da ἐλαύνω) a Pilo, da Neleo,
683 ἐννύχιοι προτὶ ἄστυ: γεγήθει δὲ φρένα[22]
Νηλεύς,
per tutta la notta, fin davanti alla città; Neleo godette
(da γηθέω) nel (suo) cuore
684 οὕνεκά μοι τύχε πολλὰ νέῳ πόλεμον δὲ
κιόντι.
perché molte cose toccarono (da τυγχάνω) a me, che giovane
andavo in guerra.
685 κήρυκες δ᾽ ἐλίγαινον ἅμ᾽ ἠοῖ
φαινομένηφι[23]
Gli araldi bandivano (da λιγαίνω) con l’aurora (da ἠώς , ἡ,
gen. ἠοῦς:, dat. ἠοῖ) che compare, che spunta (da φαίνω),
686 τοὺς ἴμεν οἷσι χρεῖος ὀφείλετ᾽ ἐν Ἤλιδι
δίῃ:
che venissero (da εἶμι) coloro ai quali era dovuto (da ὀφείλω
, impf. ὤφειλον; Ep. ὀφέλλω: impf. Att. o Ion. ὀφείλετ᾽, ὄφειλον,
probabilmente dovuto ai copisti: si veda anche più sotto il verso 688) un
credito (da χρέος , τό Ep. χρεῖος in Omero) nella Elide divina;
687 οἳ δὲ συναγρόμενοι Πυλίων ἡγήτορες ἄνδρες
questi dunque essendo convenuti, i guerrieri comandanti
dei Pili,
688 δαίτρευον: πολέσιν γὰρ Ἐπειοὶ[24]
χρεῖος ὄφειλον,
distribuivano, spartivano (da δαιτρεύω); a molti infatti
gli Epei dovevano un debito, un’ammenda.
689 ὡς ἡμεῖς παῦροι κεκακωμένοι ἐν Πύλῳ ἦμεν:
Dal momento che noi, pochi in numero (da παῦρος , ον (non
si trova al femm.), per lo più di numero, poet. per ὀλίγος), a Pilo eravamo
maltrattati (da κακόω):
690 ἐλθὼν γάρ ῥ᾽ ἐκάκωσε βίη Ἡρακληείη[25]
infatti, giungendo, la forza di Eracle (ci) aveva fatto
violenza
691 τῶν προτέρων ἐτέων[26],
κατὰ δ᾽ ἔκταθεν ὅσσοι ἄριστοι:
negli anni precedenti, e quanti erano i migliori erano
stati uccisi;
692 δώδεκα[27]
γὰρ Νηλῆος ἀμύμονος υἱέες ἦμεν:
eravamo infatto dodici figli di Neleo perfetto:
693 τῶν οἶος λιπόμην, οἳ δ᾽ ἄλλοι πάντες ὄλοντο.
di questi (io) solo sono stato lasciato (da λείπω, con
senso passivo), metre tutti gli altri morirono.
694 ταῦθ᾽ ὑπερηφανέοντες Ἐπειοὶ
χαλκοχίτωνες
Arroganti (da ὑπερηφανέω, usato da Omero solo al
participio, con lo stesso senso di ὑπερηνορέων) per questo, gli Epei dai
chitoni di bronzo, vestiti di bronzo,
695 ἡμέας ὑβρίζοντες ἀτάσθαλα μηχανόωντο.
Ai nostri danni commettendo ingiustizie, maltrattandoci
(da ὑβρίζω, ὑ. τινά), macchinavano, tramavano (da μηχανάομαι) cose malvagie
(da ἀτάσθαλος , ον).
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Inizia il racconto di Nestore
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696
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696 ἐκ δ᾽ ὃ γέρων ἀγέλην τε βοῶν καὶ πῶϋ
μέγ᾽ οἰῶν[28]
697 εἵλετο κρινάμενος τριηκόσι᾽ ἠδὲ νομῆας[29].
Il vecchio si prese (da ἐξαιρέω, in tmesi, il senso è che
prelevò dal bottino) una mandria di buoi ed un gregge grande di pecore,
aggiudicandosi (da κρίνω) trecento pecore e i pastori (da νομεύς , έως, Ep. ῆος,
ὁ, (νέμω)).
698 καὶ γὰρ τῷ χρεῖος μέγ᾽ ὀφείλετ᾽ ἐν Ἤλιδι
δίῃ[30]
E infatti a lui era dovuto un grande credito, compenso,
nella Elide divina,
699 τέσσαρες ἀθλοφόροι ἵπποι αὐτοῖσιν ὄχεσφιν
quattro cavalli vincitori di premi (da ἀθλοφόρος , ον:
quindi cavalli da corsa) con il loro carro,
700 ἐλθόντες μετ᾽ ἄεθλα:[31]
περὶ τρίποδος γὰρ ἔμελλον
che erano andati per le gare (da ἆθλον , τό, Att. contr. Da
Ep. ἄεθλον: quest’ultima è la sola forma utilizzata da Omero; = ἆθλος, ma
solo al plurale): per un tripode infatti dovevano
701 θεύσεσθαι: τοὺς δ᾽ αὖθι ἄναξ ἀνδρῶν Αὐγείας[32]
correre (da θέω); questi però là, presso di sé, il signore
di uomini Augia
702 κάσχεθε, τὸν δ᾽ ἐλατῆρ᾽ ἀφίει ἀκαχήμενον
ἵππων.
trattenne (da κατασχεθεῖν , inf. di κατέσχεθον, poet. aoristo
2 di κατέχω), e quello, il cocchiere (da ἐλατήρ , ῆρος, ὁ, (ἐλαύνω)), mandava
indietro, rilasciava (da ἀφίημι), addolorato (da ἀχεύω, con il genitivo della
causa) per i cavalli.
703 τῶν ὃ γέρων ἐπέων κεχολωμένος ἠδὲ καὶ ἔργων
Adirato (da χολόω, qui con il genitivo della causa) per
queste cose, per le parole e anche per le azioni,
704 ἐξέλετ᾽ ἄσπετα πολλά: τὰ δ᾽ ἄλλ᾽ ἐς δῆμον
ἔδωκε
si prese (da ἐξαιρέω, si veda 696-7) molte cose indicibili
(da ἄσπετος , ον); le altre cose diede al popolo
705 δαιτρεύειν, μή τίς οἱ ἀτεμβόμενος κίοι
ἴσης.
da dividere, affinchè nessuno se ne andasse via (da κίω)
privato (da ἀτέμβω, con il genitivo) della parte giusta, uguale.
706 ἡμεῖς μὲν τὰ ἕκαστα διείπομεν, ἀμφί τε
ἄστυ
Noi ci occupavamo (da διέπω, imperfetto) di ciascuna di
queste cose, e intorno alla città
707 ἕρδομεν ἱρὰ θεοῖς: οἳ δὲ τρίτῳ ἤματι
πάντες
compivamo (da ἔρδω) i sacrifici agli dei; questi, tutti
insieme, nel terzo giorno
708 ἦλθον ὁμῶς αὐτοί τε πολεῖς καὶ μώνυχες
ἵπποι
giunsero, ugualmente loro, gli uomini, in gran numero e i
cavalli solidunghi,
709 πανσυδίῃ: μετὰ δέ σφι Μολίονε[33]
θωρήσσοντο
d’improvviso, in tutta rapidità; con loro si armavano
anche i due Molioni,
710 παῖδ᾽ ἔτ᾽ ἐόντ᾽, οὔ πω μάλα εἰδότε
θούριδος ἀλκῆς.
che erano ancora ragazzi, e che non conoscevano (da οἶδα)
ancora molto la forza impetuosa, violenta.
C’è una città, Trioessa, una collina (da κολώνη , ἡ)
scoscesa, ripida (da αἰπύς , εῖα, ύ),
712 τηλοῦ ἐπ᾽ Ἀλφειῷ, νεάτη Πύλου ἠμαθόεντος:
lontana (da τηλοῦ, avverbio), sull’Alfeo, all’estremità
(da νέατος , Ep. νείατος , η, ον: Omero usa in genere la forma in νει- a
parte qui e in altri due passi; con il genitivo) di Pilo sabbiosa:
713 τὴν ἀμφεστρατόωντο διαρραῖσαι μεμαῶτες.
questa cingevano d’assedio (da ἀμφιστρατάομαι), bramosi,
impazienti (da μέμαα), di distruggerla (da διαρραίω).
714 ἀλλ᾽ ὅτε πᾶν πεδίον μετεκίαθον, ἄμμι δ᾽
Ἀθήνη
Ma quando avevano attraversato (da μετακιάθω) tutta la
pianura, a noi Atena
715 ἄγγελος ἦλθε θέουσ᾽ ἀπ᾽ Ὀλύμπου
θωρήσσεσθαι
venne come messaggera, lanciandosi (da θέω) giù
dall’Olimpo, che ci armassimo,
716 ἔννυχος, οὐδ᾽ ἀέκοντα Πύλον κάτα λαὸν ἄγειρεν
di notte (da ἔννυχος , ον = ἐννύχιος , α , ον, ovviamente
riferito al messaggero, ad Atena), e riuniva (da καταγείρω, in tmesi) a Pilo
un esercito non riluttante (da ἀέκων , Ep.e Ion.; Att. e Trag. contr. ἄκων ,
ουσα , ον),
717 ἀλλὰ μάλ᾽ ἐσσυμένους πολεμίζειν. οὐδέ
με Νηλεὺς
ma (uomini) molto bramosi (da ἐσσύμενος , η, ον, Ep. part.
pass. di σεύω: riferito a λαὸν, che significa “uomini”); ma Neleo non
718 εἴα θωρήσσεσθαι, ἀπέκρυψεν δέ μοι ἵππους:
permetteva che combattessi, e mi tenne nascosti (da ἀποκρύπτω)
i cavalli:
719 οὐ γάρ πώ τί[36]
μ᾽ ἔφη ἴδμεν πολεμήϊα ἔργα.
mi diceva infatti che non conoscevo ancora assolutamente
le azioni di guerra.
720 ἀλλὰ καὶ ὧς ἱππεῦσι μετέπρεπον ἡμετέροισι
Ma anche così mi distinguevo (da μεταπρέπω, con un dat.
plurale) tra i nostri cavalieri,
721 καὶ πεζός περ ἐών, ἐπεὶ ὧς ἄγε νεῖκος Ἀθήνη.
anche pur essendo un combattente appiedato, dal momento
che così Atena conduceva lo scontro.
722 ἔστι δέ τις ποταμὸς Μινυήϊος εἰς ἅλα
βάλλων
C’è un fiume, il Minieo, che sfocia nel mare
723 ἐγγύθεν Ἀρήνης, ὅθι μείναμεν Ἠῶ δῖαν
vicino ad Arene, dove aspettammo l’Aurora divina
724 ἱππῆες Πυλίων, τὰ δ᾽ ἐπέρρεον ἔθνεα
πεζῶν.
(noi) cavalieri dei Pili, quelle intanto giungevano (da ἐπιρρέω,
usato metaforicamente – “affluire, scorrere sopra” – per grandi
raggruppamenti di uomini) le compagnie, le schiere (da ἔθνος , εος, τό) dei
fanti.
725 ἔνθεν πανσυδίῃ σὺν τεύχεσι θωρηχθέντες
Di qui a grande velocità corazzati (da θωρήσσω) con le
armi
726 ἔνδιοι ἱκόμεσθ᾽ ἱερὸν ῥόον Ἀλφειοῖο.
a mezzogiorno, in pieno giorno (da ἔνδιος , ον), raggiungemmo,
giungemmo a (da ἱκνέομαι, con l’acc.), la corrente (da ῥόος , ὁ) sacra
dell’Alfeo.
727 ἔνθα Διὶ ῥέξαντες ὑπερμενεῖ ἱερὰ καλά,
Qui a Zeus potentissimo (da ὑπερμενής , ές, (μένος))
avendo sacrificato bei sacrifici,
728 ταῦρον δ᾽ Ἀλφειῷ, ταῦρον δὲ
Ποσειδάωνι,
un toro all’Alfeo, un toro a Poseidone,
729 αὐτὰρ Ἀθηναίη γλαυκώπιδι βοῦν ἀγελαίην,
ma una vacca di mandria (da ἀγελαῖος , α, ον, (ἀγέλη)) ad
Atena (deve essere Ἀθηναίῃ, in dat. sing.) dall’occhio azzurro,
730 δόρπον ἔπειθ᾽ ἑλόμεσθα κατὰ στρατὸν ἐν
τελέεσσι,[37]
il pasto della sera poi prendemmo per l’accampamento, distribuiti
nell’accampamento, per divisioni (da τέλος , εος, τό),
731 καὶ κατεκοιμήθημεν ἐν ἔντεσιν οἷσιν ἕκαστος
quindi dormimmo (da κατακοιμάω) ciascuno delle proprie armi (da ἔντεα
, τά),
732 ἀμφὶ ῥοὰς ποταμοῖο. ἀτὰρ μεγάθυμοι Ἐπειοὶ
presso le correnti, il corso del fiume. Intanto i magnanimi Epei
733 ἀμφέσταν δὴ ἄστυ διαρραῖσαι μεμαῶτες[38]:
circondarono (da ἀμφίστημι) la città bramosi, impazienti
(da μέμαα), di distruggerla (da διαρραίω);
734 ἀλλά σφι προπάροιθε φάνη μέγα ἔργον Ἄρηος:
ma prima ad essi si rivelò, apparve la grande opera di
Ares;
735 εὖτε γὰρ ἠέλιος φαέθων ὑπερέσχεθε
γαίης,
quando infatti il sole risplendente (da φαέθω) guardò
dall’alto, dominò, sorse su (da ὑπερέχω, con il genitivo), la terra,
736 συμφερόμεσθα μάχῃ Διί τ᾽ εὐχόμενοι καὶ
Ἀθήνῃ.
si contrammo in battaglia, ingaggiammo la battaglia (da συμφέρω),
pregando Zeus e Atena.
|
[1] Qui ἱδρῶσαι
è un participio contratto da ἱδρόω. Si veda al verso 11.119 ἱδρώουσα.
[2] Achille
sceglie un punto di osservazione dal quale sorvegliare il campo di battaglia.
Le navi sono tirate a secco sulla spiaggia con la poppa per prima secondo la
normale pratica marinaresca. Quindi quando Ettore raggiungerà le navi achee –
in 15.704 - sarà la poppa della nave di Protesilao che egli raggiungerà. È un
tocco decisamente curioso il fatto che Achille stia osservando la battaglia con
interesse, come se non potesse estraniarsi completamente dalla sua professione.
Il poeta sta qui creando i presupposti per l’invio di Patroclo ed il suo
incontro con Nestore. Achille non sente il bisogno di sorvegliare il campo di
battaglia, e gli eventi, nei libri dal 2 all’8, ma quando la sua mancata
conoscenza degli eventi relativi a Patroclo, e della sua morte, diviene
importante, allora il poeta lo fa rimanere a livello della terra (18.3).
[3] La
costruzione di χρεώ con l’accusativo della persona che ha bisogno non è
grammaticalmente corretta (a meno che non si voglia intendere un ἱκάνεται o un ἵκει),
ma corrente: si veda 9.75, o 10.43.
[4] Questo
passo, come i versi 664-444, e in seguito 16.72-73, 85-86, ignora l’ambasceria
del libro IX, dove gli Achei hanno già supplicato Achille offrendo adeguate
riparazioni.
[5] Per una
più completa scena di questo tipo – cavalli liberati dal gioco e foraggiati –
si veda Odissea, 4.39-42. Il passaggio che inizia al verso 619 e si conclude
con il verso 654 bene illustra l'amore del racconto epico per i dettagli della
vita del mondo eroico: i cavalli liberati dal giogo, la schiava e la sua
storia, il riposo di Nestore, la sua speciale coppa. Tuttavia in Omero
l'importanza di una sezione è sempre da mettere in rapporto con la sua
lunghezza, e la lunghezza di questa sezione, e l'amore per il dettaglio che il
poeta in essa manifesta, sono da ricollegarsi con il fatto che essa è parte
dell'importante scena di Nestore e Patroclo, nella quale si lascia chiaramente
presagire quello che il destino ha in serbo in particolare per Patroclo.
[6] Ecamede
è una prigioniera di guerra, figlia di Arsinoo, catturata da Achille quando
conquistò Tenedo.
[7] Il κύανος
compare anche all’inizio di questo stesso libro nella descrizione della corazza
di Agamennone, in 11.15 sgg.
[8] La
schiava dunque apparecchia la tavola, dispone su di essa un cesto in bronzo con
delle cipolle, miele e farina d'orzo, quindi la coppa di Nestore: una coppa
(δέπας, 632) tempestata di borchie in oro, con quattro manici e un duplice
sostegno, decorata da due colombe d'oro accanto a ciascun manico. La presenza
delle colombe sulla coppa ricorda una coppa in oro recuperata dalla tomba 4 del
circolo tombale A di Micene: si tratta probabilmente di una coppa per
libagioni, e gli uccelli sui due manici sono falconi. Inoltre quattro manici
sono rappresentati sugli ideogrammi in Lineare B che rappresentano un
recipiente chiamato di-pa e discusso da Ventris e Chadwick. Lo skyphos
dell'isola d'Ischia non getta alcuna luce sulla forma di questa coppa omerica,
nonostante la coppa stessa si autodefinisca 'coppa di Nestore'. La descrizione
piuttosto elaborata (632-637), analoga all'aneddoto relativo all'arco di
Pandaro (Δ, 105-111), può ugualmente lasciare intendere che la coppa è stata
inventata per quest'episodio, essendo un oggetto ben noto. A dispetto di tutta
l'eccitazione dei libri 12 e 13, dobbiamo notare che Nestore comincia a bere
alla fine del libro 11, e sta ancora bevendo all'inizio del libro 14 (Νέστορα δ᾽
οὐκ ἔλαθεν ἰαχὴ πίνοντά περ ἔμπης, 1).
[9] È hapax legomenon, come il sostantivo νέμος
- ἐν νέμεϊ σκιερῷ (480) – dal quale evidentemente deriva con l’aggiunta del
suffisso -εθ-.
[10] Nella
coppa Ecamede prepara il ciceone (κυκεών), una specie di farinata con aggiunta
di alcol: i dettagli della ricetta sono ai versi 638-641. Questo strano impasto
ha da sempre calamitato l'interesse degli studiosi. Odisseo conosce la stessa
ricetta, in Odissea 10.234-235. Si noti in particolare l'aggiunta del vino di
Pramno (οἴνῳ Πραμνείῳ, 639): Πράμνειος dovrebbe designare la provenienza del
vino, ma nessuna località di nome Pramno è nota. Gli scoliasti parlano
semplicemente di vino rosso.
[11] Lo θρόνος è un lussuoso arredo da campo, che
altrimenti troviamo solo negli alloggiamenti di Achille nel libro 24. Il
termine denota una sedia piuttosto pesante, dotata di braccioli e di un alto
schienale. Nell’Iliade riferimenti a questo arredo sono solo laddove si parla
dei troni nei palazzi degli dei. φαεινοῦ implica una decorazione, del tipo di
quella che si nota in 18.422, e frequentemente nell’Odissea. Qui Nestore si
alza da quello stesso sedile che era stato indicato con il termine di κλισμός –
in senso stretto una sedia leggera senza braccioli – al verso 623.
[12]
Nonostante la fretta, Patroclo rimane: ascolta il lungo racconto di Nestore, si
trattiene da Euripilo (808-848; 15.390-405) e ritorna finalmente da Achille
solo all’inizio del libro 16, in tempo per morire.
[13] Curiosa
valutazione in merito al carattere di Achille, soprattutto se si pensa che
siamo in piena μῆνις. Che cosa pensa Patroclo dell’ira del suo amico ?
[14] Il
poeta fa interpretare a Nestore la semplice curiosità, o interesse, di Achille
come preoccupazione.
[15] Si veda
11.476.
[16] Si veda 2.64.
[17] Nestore
si sta dunque domandando se Achille non stia pensando di aspettare fino all’ultimo
momento, e queste sue parole suonano, senza volerlo, ironiche, dal momento che
questo è esattamente quello che Achille intende fare (si veda 9.650-3). Dopo la
digressione sulla guerra in Elide, Nestore suggerirà a Patroclo di riprendere
lui stesso il combattimento, e anche questo suona ironico, visto che si tratta
esattamente di ciò che Zeus vuole che accada.
[18] ἐνὶ
γναμπτοῖσι μέλεσσιν è formulare (= Odissea, 11.394, 21.283), e dovrebbe
riferirsi semplicemente ad una caratteristica delle membra, delle articolazioni:
la loro flessibilità. È vero però che tutte le occorrenze di questa formula
sono in contesti nei quali l’età, o l’invecchiamento, sono in questione
(24.359, riferito a Priamo; si veda anche Odissea 11.394 per il fantasma di
Agamennone, 13.398, 13.430 dove Odisseo è un mendicante). Quindi si deve
intendere il fatto che le membra siano flessibili, si pieghino, e non siano
rigide come nella vecchiaia.
[19] 11.670
= 7.157.
[20] Ucciso
da Odisseo in 11.335.
[21] Il
racconto di Nestore può risalire ad una storia micenea, e descrive a tutti gli
effetti una guerra “normale”, fatta di abigeati e spedizioni punitive, ben
lontana dalle amplificazioni poetiche che trasformano la guerra troiana in una
specie di guerra mondiale.
[22] γεγήθει
δὲ φρένα con soggetto è formulare, si veda per esempio 8.559.
[23] Si veda
9.682, e anche 9.618.
[24] [24]
La tradizione rappresenta gli Epei come gli antichi abitatori dell'Elide
settentrionale, mentre la meridionale sarebbe stata tenuta dai Pili sotto il
dominio dei Nelidi. Si spiegò nel più antico periodo della storiografia il nome
regionale di Elide e il nome etnico di Elei escogitando una migrazione di Elei
dall'Etolia, condotta da Oxilo, che aveva indicato agli Eraclidi la strada di
Naupatto. Bisogna però considerare che i nomi di Elide ed Elei non sono
estranei all'epos. Ecateu fa differenza tra Elei ed Epei, e aggiunge che Eracle
a capo degli Epei sottomise Augea e l'Efide. Forse gli antichi spiegarono la
presenza del nome Elide come l'effetto di una tendenza arcaicizzante del poeta.
La venuta degli Elei dall'Etolia si escogitò perché Oxilo era un eroe tanto
etolio quanto eleo. Si è pensato che il nome Epei sia derivato dalla città di
Epeion o Aipeion della Trifilia: non sarebbe un ostacolo insormontabile a
questa estensione il fatto che questa città si trova in una regione che la
tradizione concepisce come antitetica e contrastante con quella abitata dagli
Epei. Potrebbe anche essere stato Epei nome etnico, Elei nome topografico.
[25]
L’attacco di Eracle contro Pilo può riferirsi alle stragi dei Dori nel
Peloponneso: l’eroe mitologico sarebbe dunque qui la personificazione di quel
popolo.
[26]
Genitivo temporale (determinato).
[27] I nomi
dei fratelli di Nestore sono elencati in [Esioso] fr. 33(a).9-12 M-W, e in una
lista quasi completamente sifferente in bT; tre soli dei suoi fratelli sono
nominati nella Nekyia in Odissea 11.286. Nessun altro è noto nel mito.
[28] Si veda
al verso 627, πεντήκοντα βοῶν ἀγέλας, τόσα πώεα οἰῶν.
[29]
L’irregolarità di τριηκόσι᾽ (α) si spiegherebbe con il fatto che il verso è
derivato: si veda anche Odissea, 21.18-19 (μῆλα [...] / [...] τριηκόσι᾽ ἠδὲ νομῆας.
La formula è pertanto corretta per un gregge di pecore, e deve pertanto
intendersi come una spiegazione delle parole πῶϋ μέγ᾽ in 696.
[30] Si veda
il verso 686, τοὺς ἴμεν οἷσι χρεῖος ὀφείλετ᾽ ἐν Ἤλιδι δίῃ.
[31] Questo
passaggio, insieme al controverso passaggio di 8.185, sono le sole allusioni
presenti nell’Iliade a carri trainati da quattro cavalli (il singolare – ἐλατῆρ᾽
- del verso 702 indica che qui si intente parlare di un solo carro). I cavalli
relativi al bottino di Nestore sono ἀθλοφόροι, quindi aggiogati per gare, non
per la guerra. In questo contesto μετ᾽ ἄεθλα sembra indicare qualche precursore
dei giochi Olimpici, relativamente ai quali si concorda siano stati istituiti
nel 776 a.C. La consegna di premi per la vittoria in una gara è ristretta ai
soli giochi funebri. Per una partecipazione dei Pili a giochi di questo tipo in
Elide, si vedano in 23.630 i giochi per Amarinceo. Questi però non sono quelli
cui ci si riferisce qui, dal momento che Nestore stesso vi prese parte.
[32] Qui
Augia prende a prestito l’epiteto ἄναξ ἀνδρῶν dal sistema formulare di Agamennone,
come fanno i nomi, metricamente simili, Enea, Achise, Eufete ed Eumelo, tutti
questi una sola volta. ἄναξ ἐνέρων Ἀϊδωνεύς (20.61) è un’altra variante. Questi
usi generici degli epiteti che cominciano ad affacciarsi indicano che,
qualunque valenza specifica potesse avere avuto l’espressione nel descrivere lo
stato di Agamennone, questo non era più compreso dal poeta.
[33] I due
Molioni erano chiamati Eurito e Cteato, secondo alcuni figli di Attore e
secondo altri figli di Poseidone, e di Molione, figlia di Molo. Vedi le
ANNOTAZIONI, p. 304, Iliade di Omero
tradotta da Giacomo Casanova. Venezia, 1775.
[34] Formula
(ἔστι δέ τις) impiegata qui e in 722 per impostare la scena.
[35] La
città (πόλις) in Omero è generalmente un piccolo borgo o un castello.
[36] La
particella πω , enclitica, in epica antica è sempre con una negazione: in
questo caso si traduce “del tutto, assolutamente”.
[37] Si veda
7.380.
[38] Si veda
il verso 11.713.
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