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Tuesday, December 20, 2016

Iliade - Libro Dodicesimo- vv. 1-107 - Il destino del muro acheo. La proposta di Polidamante.



LIBRO DODICESIMO

L’assalto al muro
Nel dodicesimo libro troviamo alcune delle più celebrate scene dell’Iliade: la replica di Ettore a Polidamante (231-50); il discorso di Sarpedone a Glauco (310-28); e infine lo sfondamento delle porte del muro difesivo acheo da parte di Ettore (445-66). Vi sono inoltre alcuni episodi narrativi particolarmente interessanti come l’assalto troiano in 256-64. Sempre questo libro contiene alcune delle più belle similitudini di tutta l’Iliade, come quella dei fiocchi di neve in 278-86 o quella del leone in 299-306.
Queste indubbie qualità compositive si trovano però all’interno di uno dei libri dell’iIiade dalla struttura meno sicura, meno poderosa. Eppure tutto dovrebbe essere chiaro: in 88-104 i Troiani si dividono in cinque raggruppamenti, a questo dovrebbe semplicemente seguire il racconto degli attacchi sferrati da ciascuno di essi, narrati i modo sequenziale, ma concepiti come paralleli, contemporanei. Il progetto narrativo sarebbe stato quindi semplice da seguire, e chiaro: nella realà dopo l’assalto di Asio il filo della narrazione si perde, e viene recuperato solo parzialmente con gli attacchi di Sarpedone e di Ettore. Leaf ed altri critici analitici hanno ipotizzato che il catalogo dei versi 88 sgg. fosse l’opera dello stesso autore che troppo spesso interviene interpolando i discorsi di Nestore con inopportuni sfoggi di erudizione tattica. Ma anche accettando un’analisi di questo tipo, un’intervento chirurgico per eliminare tale parte non contribuisce in modo significativo ad eliminare la generale impressione che la struttura e i dettagli costruttivi relativi alla fortificazione difensiva achea non siano stati sufficientemente meditati e risolti, almeno non quanto la geografia del campo di battaglia principale.
Sempre a questo proposito, negli scolii all’Iliade ci sono tracce di un’antica controversia in merito al numero di porte che dovevano aprire nel muro acheo. In nessun punto il poeta ci dice chiaramente quante porte immaginava. Aristarco scrisse per esempio una monografia, Περὶ τοῦ ναυστάϑμου, nella quale sosteneva che vi fosse una sola porta, e come parte di questa argomentazione atetizzava i versi 175-80. Senza voler prendere parte a questa controversia, ci possiamo comunque domandare quanto sia plausibile la tesi di Aristarco, supponendo che non sia caduto nella trappola di attribuire al poeta una precisione più grande di quella che in realtà non intendeva. Certo il problema è aperto.

Dunque, dopo che l’attacco di Asio viene respinto, il racconto si focalizza su Ettore. Mentre (da ὄφρ᾽, 195) i Lapiti, con Polipete, ingaggiano una resistenza furiosa, le truppe al seguito di Ettore attendono presso la trincea (199), mentre i loro comandanti stanno cercando di interpretare un presagio. L’attacco viene guidato in prima istanza da Ettore e Polidamante, poi essi scompaiono dalla scena, e l’attacco viene condotto dai Troiani in generale, non personalmente da Ettore. Dov’è dunque Ettore ? Potrebbe essere in attesa di riprendere l’attacco dopo il fallimento di Asio. Ma se fosse così, allora dovrebbe per prima cosa affrontare i vittoriosi Lapiti. Ma questi ultimi scompaiono completamente dal racconto. E a questo punto le truppe di Ettore non attaccano la porta. Il loro obiettivo è quello di sfondare il muro - ῥήγνυσθαι μέγα τεῖχος, 257 – e questo dev’essere inteso in senso letterale, dal momento che il modo in cui propongono di fare questo è descritto in dettaglio e con molti termini tecnici (251-64). Quindi il loro attacco viene fatto su un settore diverso da quello relativo all’attacco di Asio.
Quindi ai versi 290-414 entrano in battaglia Sarpedone e Glauco, che attaccano e in parte riescono a sfondare il muro (397-9): fanno questo in un punto particolare del muro, al πύργος difeso da Menesteo (332). Nella disposizione delle forze greche, Menesteo si trova al centro, appena a destra dei Tessali comandati da Podarche. Gli Aiaci, che sono riusciti a resistere ad Ettore in 265 sgg., devono intervenire in suo aiuto, cosicchè l’attacco di Sarpedone si sposta su un altro settore. Ettore prova quindi a sfondare in un altro punto, probabilmente là dove lo schieramento acheo è stato indebolito dallo spostamento degli Aiaci. I Troiani allora assaltano il muro, ma Ettore afferra al volo una opportunità di sfondare la porta (436-71). Questa porta non è alla sinistra del fronte acheo, dal momento che il combattimento nel libro 13 avviene lontano dal luogo in cui si trovano le tende di Idomeneo, che erano alla sinistra del fronte acheo (13.210 sgg.), e il poeta dice che Ettoer sta combattendo νηυσὶ μὲν ἐν μέσσῃσιν in 13.312.
La poca chiarezza relativamente alla posizione della porta, in sé relativamente poco importante, è comunque un indicatore dell’ambiguità della linea narrativa. Il raggrupparsi dei Troiani in cinque divisioni fa pensare ad una tipologia di attacco quale quella dell’attacco dei Sette a Tebe: cinque porte e cinque assalti, simultanei, ma descritti come sequenziali. E per circa trecento versi la narrazione sembra seguire questo modello: in 118-94 Asio con il terzo gruppo; in 195-289 Ettore con il primo grouppo; in 290-429 Sarpedone e Glauco ocn il quinto gruppo. Che cosa è accaduto ai gruppi di Enea e Paride ? E perchè il primo assalto di Ettore non viene dal poeta riservato al climax del racconto ? Ma con il fallimento dell’attacco di Asio l’intera tipologia del combattimento cambia, e viene assimilata ad un combattimento in campo aperto di fronte a troia. Vengono impiegati temi consueti e familiari agli ascoltatori: un eroe che incoraggia un altro guerriero, un guerriero che chiama un altro guerriero in suo aiuto,  descrizioni di carattere generale arricchite con similitudini. E c’è la breve aristia dei Lapiti (182-94). Il poeta inserisce poi una lunga descrizione generale nella quale ci presenta i Troiani che attaccano e gli Achei che si difendono (251-89). Sarpedone incoraggia Glauco (si veda la conversazione di Enea e Pandaro in 5.166-238); Teucro mette fuori combattimento Glauco con una freccia e quasi ferisce Sarpedone (si vedano le azioni di Paride nel libro 11). Paride ed Enea escono completamente di scena. E con la scomparsa delle cinque divisioni il racconto segue l’opportunità del momento e svanisce anche ogni idea di un attacco a porte distinte.
L’aspetto più arduo da spiegare è il fatto che Paride ed Enea vengono introdotti formalmente, ma poi non viene loro assegnato nulla da fare, e la loro assenza non viene neppure spiegata, giustificata. Questo è il più sconcertante esempio, nell’Iliade, di un filo narrativo primario interrotto bruscamente prima di essere portato a compimento. Ma si confronti anche 4.402, dove πρῶτος dovrebbe segnalare l’inizio di una aristia, o il concilio (14.27-134) che prefigura l’ingresso in battaglia dei comandanti feriti, una scena efficace che in effetti non si concretizza.
È possibile che le fatiche della composizione orale abbiano in qualche modo alterato, scomposto i piani del poeta… Ed è naturalmente anche possibile che si siano verificati accidenti nella trasmissione rapodica del testo. Ma tutte queste sono solo ipotesi non verificabili. Il dodicesimo libro è un episodio ben definito, chiaramente distinto dagli episdi precedente e seguente,  ma è un libro breve, di soli 471 versi, e per quanto il suo contenuto sia di grande effetto viene messo in ombra e interrotto dal climax raggiunto nel libro 15, che il compositore deve contemporaneamente avere in mente. Il culmine di questo libro viene raggiunto in un momento davvero epico, grandioso, terribile, quando Ettore è in piedi sulla porta aperta, un momento verso il quale il poeta ha progressivamente accelerato sin da quando ha fatto giungere i Troiani fino alla trincea achea.
Gli episodi di questo formano una successione di tour de force dell’immaginazione che dipingono la scena in colori eroici accresciuti: nel mondo reale non si muove all’attacco di una porta con un carro, né si butta giù un muro con un colpo del braccia, o si manda in pezzi una porta con una pietra tenuta nella pro. Ma il racconto che sottosta a tutto questo è realistico, sebbene le tattiche che vengono descritte non riflettano un grande livello di sofisticazione nella tecnica dell’assedio. Attaccanti e difensori fanno uso delle loro normali armi: non ci sono macchine da assedio, neppure un semplice ariete; non viene neppure immaginato che si possa riempire di terra la trincea achea per facilitare il passaggio, oppure costruire una rampa contro il muro. Questo rimane un assalto improvvisato, e nei limiti imposti da un’operazione di questo tipo i due fronti agiscono come eserciti capaci, ben addestrati. Nessun dio interviene a facilitare l’azione di una parte o dell’altra, come Apollo interverrà in 15.360-6, così i Troiani devono cercare di vincere il muro grazie al loro numero o di forzarlo o aprire in esso una breccia con palanchini, mentre gli Achei dispongono gli uomini a difesa sulle merlature e rinforzano quei settori che sono più minacciati.

Il destino del muro acheo

Il racconto si sposta ora dalle navi, dove Nestore e Patroclo stavano conversando, al campo di battaglia, ma prima che il poeta cominci a sviluppare la consueta descrizione generale dei combattimenti, la menzione della trincea degli Achei e del muro porta il poeta ad una digressione: i lavori di costruzione sono iniziati senza la benedizione divina, e verranno cancellati dai fiumi della Troade non appena gli Achei partiranno.
La costruzione del muro era stata proposta da Nestore in 7.337-43 ed eseguita in 7.436-41. La sua distruzione era stata lasciata presagire nella risposta di Zeus alle proteste di Poseidone (7.446-63). Ci sono, nell’Iliade, allusioni a monumenti nella regione di Troia (la tomba di Ilo, 10.415 etc.; la tomba di un guerriero sconosciuto, 23.331), ma non è chiaro se il poteva vuole implicare che essi erano visibili al suo tempo (circa il 700 a.C.). In ogni caso questo passaggio vuole essere un espediente, forse un po’ ingenuo, per spiegare perché nessun muro acheo, o nessuna sua rovina, è ancora visibile al suo tempo. Dal momento che il muro è al centro della narrazione di questo libro, sembra del resto appropriato commentare la sua storia al di fuori della finestra temporale dell’epica iliadica.
La costruzione del muro è plausibile, ed è qualcosa che un esercito reale avrebbe potuto fare, ma non viene introdotta nell’Iliade perché nella saga troiana gli Achei hanno in effetti costruito, nei modi in cui ciò viene descritto nel libro 7. Tucidide (1.11.1), che sosteneva che il muro, o comunque un muro, era stato costruito nel primo anno di guerra, avrebbe risparmiato a se stesso e ai commentatori di Omero molte speculazioni se fosse stato in grado di riconoscere l’esistenza di una invenzione narrativa in Omero. Il punto, relativamente al muro, non è quello di registrare un evento, ma quello di creare una struttura scenica a supporto della battaglia centrale per la conquista delle navi, e – in modo specifico – per permettere di introdurre in questo libro l’assalto alle navi e all’accampamento acheo.
Strabone (13.1.31-2) colloca il ναύσταθμον vicino a Sigeo, a venti stadi dalla classica Ilio, ma riferisce anche di un luogo denominato Ἀχαιῶν λιμήν e situato a soli dodici stadi, almeno la metà del quale – egli riferisce – era una aggiunta post-omerica al delta dello Scamandro.

1
1         ὣς ὃ μὲν[1] ἐν κλισίῃσι Μενοιτίου ἄλκιμος υἱὸς
Così questi, dentro la tenda (da κλισία , Ion. -ιη, ἡ, (κλίνω); freq. Plur.), il figlio valoroso di Menezio
2         ἰᾶτ᾽ Εὐρύπυλον βεβλημένον: οἳ δὲ μάχοντο[2]
curava (da ἰάομαι) Euripilo ferito; quelli invece combattevano,
3         Ἀργεῖοι καὶ Τρῶες ὁμιλαδόν[3]: οὐδ᾽ ἄρ᾽ ἔμελλε
gli Argivi e i Troiani, in folla, schiera contro schiera (da ὁμιλαδόν , avv. (ὅμιλος)); ma non era destino
4         τάφρος ἔτι σχήσειν Δαναῶν καὶ τεῖχος ὕπερθεν
che tenessero, che resistessero (da ἔχω), ancora a lungo la trincea degli Achei e al di sopra il muro
5         εὐρύ, τὸ ποιήσαντο νεῶν ὕπερ, ἀμφὶ δὲ τάφρον
largo, che avevano costruito a difesa (da ὑπέρ, con il gen. “sopra”; metaforicamente “a difesa di”) delle navi, e intorno una trincea
6         ἤλασαν: οὐδὲ θεοῖσι δόσαν κλειτὰς ἑκατόμβας:[4]
avevano tracciato, avevano condotto (da ἐλαύνω) - e non avevano donato, non avevano offerto agli dei le gloriose, nobili ecatombe -
7         ὄφρά σφιν νῆάς τε θοὰς καὶ ληΐδα πολλὴν
affinchè per essi le navi veloci ed il cospicuo bottino
8         ἐντὸς ἔχον ῥύοιτο: θεῶν δ᾽ ἀέκητι τέτυκτο
custodisse, proteggesse (da ῥύομαι), avendo (da ἔχω , part. pres. riferito a τεῖχος) al suo interno; era stato costruito (da τεύχω) contro il volere (da ἀέκητι , avverbio, epico, con il genitivo) degli dei
9         ἀθανάτων: τὸ καὶ οὔ τι πολὺν χρόνον ἔμπεδον ἦεν.
immortali; anche per questo non per un lungo tempo rimaneva saldo, in piedi (da ἔμπεδος , ον, (πέδον)).
10        ὄφρα μὲν Ἕκτωρ ζωὸς ἔην καὶ μήνι᾽ Ἀχιλλεὺς
Fintanto che Ettore era vivo, ed Achille era preda della sua ira,
11        καὶ Πριάμοιο ἄνακτος ἀπόρθητος πόλις ἔπλεν,
e la città di Priamo rimaneva non saccheggiata (da ἀπόρθητος , ον),
12        τόφρα δὲ καὶ μέγα τεῖχος Ἀχαιῶν ἔμπεδον ἦεν.
fino a questo punto anche il grande muro degli Achei rimaneva saldo, in piedi
13        αὐτὰρ ἐπεὶ κατὰ μὲν Τρώων θάνον ὅσσοι ἄριστοι,
Quando poi quanti (erano) i migliori dei Troiani morirono (da καταθνήσκω, in tmesi),
14        πολλοὶ δ᾽ Ἀργείων οἳ μὲν δάμεν, οἳ δὲ λίποντο,
e molti degli Argivi alcuni furono sopraffatti, uccisi (da δαμάζω), alcuni rimasero vivi, sopravvissero,
15        πέρθετο δὲ Πριάμοιο πόλις δεκάτῳ ἐνιαυτῷ,
veniva saccheggiata, distrutta (da πέρθω), la città di Priamo nel decimo anno (da ἐνιαυτός , ὁ, (ἐνί, αὐτός) = ἔτος),
16        Ἀργεῖοι δ᾽ ἐν νηυσὶ φίλην ἐς πατρίδ᾽ ἔβησαν,[5]
gli Argivi partivano sulle navi verso l’amata, la loro patria,
17        δὴ τότε μητιόωντο Ποσειδάων καὶ Ἀπόλλων[6]
allora Poeidone ed Apollo progettavano, decidevano (da μητιάω),
18        τεῖχος ἀμαλδῦναι ποταμῶν μένος εἰσαγαγόντες.
di distruggere (da ἀμαλδύνω, “rammollire, rendere morre”, il che lascia supporre un muro edificato almeno in parte con mattori seccati al sole) il muro scatenando contro la forza, l’energia dei fiumi.
19        ὅσσοι ἀπ᾽ Ἰδαίων ὀρέων ἅλα δὲ προρέουσι,
Quanti (fiumi) scorrono verso il mare dai monti dell’Ida,
20        Ῥῆσός θ᾽ Ἑπτάπορός τε Κάρησός τε Ῥοδίος τε
Reso, Settefoci, Careso e Rodio,
21        Γρήνικός τε καὶ Αἴσηπος δῖός τε Σκάμανδρος
Granico, Esepo e il divino Scamandro
22        καὶ Σιμόεις[7], ὅθι πολλὰ βοάγρια καὶ τρυφάλειαι
e il Simoenta, dove molti scudi (da βοάγριον , τό, si tratta di scudi di pelle di toro selvatico) ed elmi
23        κάππεσον ἐν κονίῃσι καὶ ἡμιθέων γένος ἀνδρῶν:
caddero, rotolarono (da καταπίπτω), in mezzo alla polvere, e stirpe di eroi semidei,
24        τῶν πάντων ὁμόσε στόματ᾽ ἔτραπε Φοῖβος Ἀπόλλων,
Febo Apollo deviò, convogliò (da τρέπω), le bocche, le foci (da στόμα , τό), di tutti in uno stesso punto (da ὁμόσε , avv. (ὁμός)),
25        ἐννῆμαρ δ᾽ ἐς τεῖχος ἵει ῥόον: ὗε δ᾽ ἄρα Ζεὺς
per nove giorni spingeva (da ἵημι) la fiumana contro il muro; poi Zeus faceva piovere (da ὕω)
26        συνεχές, ὄφρά κε θᾶσσον ἁλίπλοα τείχεα θείη.
in continuazione, senza interruzione (da συνεχής , ές , avverbio), affinchè più rapidamente facesse (da τίθημι, qui con lo stesso significato di ποιεῖν, ποιεῖσθαι, “mettere qualcosa in un certo stato”) le mura coperte dall’acqua (da ἁλίπλοος , ον, contr. ἁλίπλους , ουν).
27        Αὐτὸς δ᾽ ἐννοσίγαιος ἔχων χείρεσσι τρίαιναν
Lo Scuotitore della terra in persona, tenendo tra le mani il tridente (da τρίαινα , ἡ),
28        ἡγεῖτ᾽, ἐκ δ᾽ ἄρα πάντα θεμείλια κύμασι πέμπε
guidava, stava davanti (da ἡγέομαι), quindi gettava, scagliava (da ἐκπέμπω, in tmesi), tra le onde (da κῦμα , ατος, τό, (κύω)) tutte le fondazioni (da θεμείλια , τά = θέμεθλα (τίθημι))
29        φιτρῶν καὶ λάων, τὰ θέσαν μογέοντες Ἀχαιοί,
di legno (da φιτρός , ὁ, lett. un blocco di legno, un trave di legno) e di pietra, quelle che gli Achei faticando (da μογέω) avevano posto, edificato,
30        λεῖα δ᾽ ἐποίησεν παρ᾽ ἀγάρροον Ἑλλήσποντον,
e le rese piatte (da λεῖος , α, ον, il senso è che spianò πάντα θεμείλια) lungo, di fronte all’Ellesponto dalle forti correnti, ondoso (da ἀγάρροος , ον, contr. ἀγάρρους , ουν),
31        αὖτις δ᾽ ἠϊόνα μεγάλην ψαμάθοισι κάλυψε[8]
e di nuovo nascose, ricoprì (da καλύπτω), la grande, spaziosa, estesa spiaggia (da ἠιών , όνος , ἡ), con sabbia (da ψαμαθος , ἡ, frequentemente al plurale)
32        τεῖχος ἀμαλδύνας[9]: ποταμοὺς δ᾽ ἔτρεψε νέεσθαι
dopo aver ridotto in polvere, cancellato, il muro; i fiumi spinse poi a ritornare (da νέομαι)
33        κὰρ[10] ῥόον, ᾗ περ πρόσθεν ἵεν καλλίρροον ὕδωρ.[11]
giù nel (loro) letto (da ῥόος , ὁ), dove già prima scorreva (da ἵημι) l’acqua dalla bella corrente, che scorre bella (da καλλίρροος , ον).
La profezia del muro

La battaglia intorno al muro: la proposta di Polidamante

34
34        ὣς ἄρ᾽ ἔμελλον ὄπισθε Ποσειδάων καὶ Ἀπόλλων
Così era destino che in futuro Poseidone ed Apollo
35        θησέμεναι: τότε δ᾽ ἀμφὶ μάχη ἐνοπή τε δεδήει
decidessero, dispondessero; ma allora, quel giorno, battaglia e strepito (da ἐνοπή , ἡ, (ἐνέπω)) ardeva intorno (da ἀμφιδαίω)
36        τεῖχος ἐΰδμητον, κανάχιζε δὲ δούρατα πύργων
al muro ben costruito, e rimbombavano, risuonavano (da καναχίζω), i pilastri, le travi (da δόρυ , τό,), delle torri
37        βαλλόμεν᾽: Ἀργεῖοι δὲ Διὸς μάστιγι δαμέντες
che venivano colpiti; gli Argivi, domati dalla frusta di Zeus,
38        νηυσὶν ἔπι γλαφυρῇσιν ἐελμένοι ἰσχανόωντο
schiacciati, premuti (da εἴλω), presso le navi ricurve, si tenevano indietro, erano bloccati (da ἰσχανάω),
39        Ἕκτορα δειδιότες, κρατερὸν μήστωρα φόβοιο:
temendo Ettore, forte maestro di rotta, di fuga per la paura;
40        αὐτὰρ ὅ γ᾽ ὡς τὸ πρόσθεν ἐμάρνατο ἶσος ἀέλλῃ:
ma questi, come prima, combatteva, lottava (da μάρναμαι), simile ad una tempesta (da ἄελλα , Ep. ἀέλλη , ης, ἡ);
41        ὡς δ᾽ ὅτ᾽ ἂν ἔν τε κύνεσσι καὶ ἀνδράσι θηρευτῇσι[12]
come quando in mezzo a cani e uomini cacciatori (da θηρευτής , οῦ, ὁ, usato da Omero solo nell’Iliade, e come aggettivo)
42        κάπριος ἠὲ λέων[13] στρέφεται σθένεϊ βλεμεαίνων[14]:
un cinghiale o un leone si dimena (da στρέφω), trionfante, esultante, superbo (da βλεμεαίνω), nella (sua) forza;
43        οἳ δέ τε πυργηδὸν σφέας αὐτοὺς ἀρτύναντες
quelli, disponendo, allineando (da ἀρτύνω), se stessi a mo’ di torre, a ranghi serrati (da πυργηδόν),
44        ἀντίον ἵστανται καὶ ἀκοντίζουσι θαμειὰς
gli si parano di fronte e scagliano (da ἀκοντίζω) fitte (da θαμέες , οἱ, femm. nom. e acc. θαμειαί, -άς , agg. poet. utilizzato solo al plurale)
45        αἰχμὰς ἐκ χειρῶν: τοῦ δ᾽ οὔ ποτε κυδάλιμον κῆρ
le lance dalle mani; ma mai il (suo) cuore glorioso (da κυδάλιμος , ον).
46        ταρβεῖ οὐδὲ φοβεῖται, ἀγηνορίη δέ μιν ἔκτα:
prova paura (da ταρβέω) o vuole fuggire (da φοβέω), il (suo stesso) coraggio (da ἀγηνορία , ἡ) lo uccide (da κτείνω);
47        ταρφέα τε στρέφεται στίχας ἀνδρῶν πειρητίζων:
spesso (da ταρφύς , εῖα, ύ, il neutro plurale ταρφέα come avverbio) si gira (da στρέφω) sfidando, attaccando (da πειρητίζω), le schiere degli uomini;
48        ὅππῃ τ᾽ ἰθύσῃ τῇ εἴκουσι στίχες ἀνδρῶν:
in quella direzione dove (da ὅπη , Ep. ὅππη , entrambe in Omero) attacca, si avventa, si getta (da ἰθύω), qui si ritirano, arretrano (da εἴκω), le file degli uomini;
49        ὣς Ἕκτωρ ἀν᾽ ὅμιλον ἰὼν ἐλλίσσεθ᾽ ἑταίρους
così Ettore, muovendo su e giù per la massa (degli uomini), pregava (da λίσσομαι) i compagni
50        τάφρον ἐποτρύνων διαβαινέμεν: οὐδέ οἱ ἵπποι
51        τόλμων ὠκύποδες, μάλα δὲ χρεμέτιζον ἐπ᾽ ἄκρῳ
esortando(li) (da ἐποτρύνω) ad attraversare (da διαβαίνω) il fossato: ma i cavalli veloci non osavano, forte nitrivano (da χρεμετίζω) sull’estremo (da ἄκρος , α, ον)
52        χείλει ἐφεσταότες: ἀπὸ γὰρ δειδίσσετο τάφρος
53        εὐρεῖ᾽, οὔτ᾽ ἄρ᾽ ὑπερθορέειν σχεδὸν[15] οὔτε περῆσαι
54        ῥηϊδίη:[16] κρημνοὶ γὰρ ἐπηρεφέες περὶ πᾶσαν
55        ἕστασαν ἀμφοτέρωθεν,
margine, limite (da χεῖλος , εος, τό), impuntandosi (da ἐφίστημι): la fossa larga, ampia (da εὐρύς , εὐρεῖα, εὐρύ), infatti (li) spaventava, (li) impauriva (da ἀποδειδίσσομαι, in tmesi, nel senso che li spaventava così da spingerli via dal luogo, l’inglese “to frighten away”), semplice (da ῥᾴδιος , α, ον, Ep. e Ion. ῥηΐδιος , η, ον, come sempre in Omero) né da saltare, superare con un balzo (da ὑπερθρῴσκω) a ranghi serrati, né da attraversare (da περάω); infatti fianchi, margini (da κρημνός , ὁ), sovrastanti, scoscesi, a strapiombo (da ἐπηρεφής , ές), lungo tutta (la trincea, sott. Τάφρον) stavano, correvano, da una parte e dell’altra,
55        ὕπερθεν δὲ σκολόπεσσιν
56        ὀξέσιν ἠρήρει, τοὺς ἵστασαν υἷες Ἀχαιῶν
E da sopra di pali (da σκόλοψ , οπος, ὁ) appuntiti (da ὀξύς , εῖα, ύ) era dotata, era munita (da ἀραρίσκω), che avevano messi, disposti, i figli degli Achei,
57        πυκνοὺς καὶ μεγάλους δηΐων ἀνδρῶν ἀλεωρήν.
fitti, in gran numero e grossi, barriera, difesa (da ἀλεωρή , ἡ, (ἀλέομαι), contro qualcosa con il genitivo), contro gli uomini nemici.
58        ἔνθ᾽ οὔ κεν ῥέα ἵππος ἐΰτροχον ἅρμα τιταίνων
E qui non facilmente un cavallo, che tirasse (da τιταίνω) un carro con buone ruote (da εὔτροχος),
59        ἐσβαίη, πεζοὶ[17] δὲ μενοίνεον εἰ τελέουσι.
sarebbe passato (da εἰσβαίνω), e fanti, uomini a piedi, erano indecisi se, erano impazienti di vedere se (da μενοινάω), potessero farcela (da τελέω).
60        δὴ τότε Πουλυδάμας θρασὺν Ἕκτορα εἶπε παραστάς:
Allora Polidamante, stando accanto al coraggioso, impavido Ettore, disse:[18]
61        ‘ Ἕκτορ τ᾽ ἠδ᾽ ἄλλοι Τρώων ἀγοὶ ἠδ᾽ ἐπικούρων
« O Ettore, e (voi) altri comandanti dei Troiani e degli alleati,
62        ἀφραδέως διὰ τάφρον ἐλαύνομεν ὠκέας ἵππους:
senza criterio, senza senno (da ἀφραδής , ές, (φράζομαι)), guidiamo (da ἐλαύνω) i veloci cavalli attraverso il fosso;
63        ἣ δὲ μάλ᾽ ἀργαλέη περάαν: σκόλοπες γὰρ ἐν αὐτῇ[19]
questo (era) molto difficile, arduo (da ἀργαλέος , α, ον), da superare:in esso infatti pali acuminati
64        ὀξέες ἑστᾶσιν, ποτὶ δ᾽ αὐτοὺς τεῖχος Ἀχαιῶν,
aguzzi stavano, erano collocati, e presso, a ridosso di essi (era) il muro degli Achei,
65        ἔνθ᾽ οὔ πως ἔστιν καταβήμεναι οὐδὲ μάχεσθαι
e lì non è in alcun modo possibile (da εἰμί , ἔστι impers. con l’infinito nel senso di “è possibile”) scendere, né combattere,
66        ἱππεῦσι: στεῖνος γάρ, ὅθι τρώσεσθαι ὀΐω.[20]
ai cavalieri: (è) infatti una strettoia (da στεῖνος , εος, τό), dove ritengo che saremo trucidati, uccisi (da τιτρώσκω).
67        εἰ μὲν γὰρ τοὺς πάγχυ κακὰ φρονέων ἀλαπάζει
Se infatti questi completamente (da πάγχυ) distrugge, sbaraglia, meditando cose ostili (verso di loro),
68        Ζεὺς ὑψιβρεμέτης, Τρώεσσι δὲ ἵετ᾽ ἀρήγειν,
Zeus che tuona dall’alto, ed è desideroso di aiutare i Troiani,
69        ἦ τ᾽ ἂν ἔγωγ᾽ ἐθέλοιμι καὶ αὐτίκα τοῦτο γενέσθαι,
e davvero, in verità, anch’io vorrei che anche subito questo si avverasse,
70        νωνύμνους ἀπολέσθαι ἀπ᾽ Ἄργεος ἐνθάδ᾽ Ἀχαιούς:
che qui, lontano da Argo, ingloriosi, senza gloria, senza nome (da νώνυμνος, ον, epico per νώνυμος, utilizzato quando la penultima sillaba deve essere breve), morissero gli Achei;
71        εἰ δέ χ᾽ ὑποστρέψωσι, παλίωξις δὲ γένηται
ma se essi si voltassero (da ὑποστρέφω), e si verificasse, ci fosse, si materializzasse un contrattacco, una reazione (da παλίωξις , εως, ἡ, (πάλι, ἰωκή)),
72        ἐκ νηῶν καὶ τάφρῳ ἐνιπλήξωμεν ὀρυκτῇ,
dalle navi, e noi ci trovassimo a ridosso (da ἐμπλήσσω, lett. “cadere contro; precipitare su”, con il dativo) della trincea scavata (da ὀρυκτός , ή, όν),
73        οὐκέτ᾽ ἔπειτ᾽ ὀΐω οὐδ᾽ ἄγγελον ἀπονέεσθαι
allora non credo che neppure un messaggero farebbe ritorno
74        ἄψορρον προτὶ ἄστυ ἑλιχθέντων ὑπ᾽ Ἀχαιῶν.
indietro alla città sotto gli Achei che contrattaccano (da ἑλίσσω).
75        ἀλλ᾽ ἄγεθ᾽ ὡς ἂν ἐγὼ εἴπω πειθώμεθα πάντες:
Ma orsù, come io dico, persuadiamoci (da πείθω) tutti:
76        ἵππους μὲν θεράποντες ἐρυκόντων ἐπὶ τάφρῳ,
gli scudieri trattengano, tengano fermi (da ἐρύκω), i cavalli presso, sopra il fossato,
77        αὐτοὶ δὲ πρυλέες σὺν τεύχεσι θωρηχθέντες
e noi stessi, a piedi, in massa ( da πρυλέες , έων, οἱ, termine di incerto significato), con le corazze sul petto (da θωρήσσω) e con le armi
78        Ἕκτορι πάντες ἑπώμεθ᾽ ἀολλέες: αὐτὰρ Ἀχαιοὶ
seguiamo (da ἕπομαι, con il dativo) tutti Ettore, tutti insieme, in blocco (da ἀολλής , ές): allora gli Achei
79        οὐ μενέουσ᾽ εἰ δή σφιν ὀλέθρου πείρατ᾽ ἐφῆπται ’.
non resisteranno se davvero li sovrasta (da ἐφάπτω, con il dativo della persona) il laccio (da πεῖραρ, anche πεῖρας , ατος, τό) della rovina, della morte (da ὄλεθρος , ὁ) ».
Paragone
80
80        ὣς φάτο Πουλυδάμας, ἅδε δ᾽ Ἕκτορι μῦθος ἀπήμων,
Così diceva Polidamante, e il discorso favorevole, propizio (da ἀπήμων , ον, gen. -ονος, (πῆμα)), piace (da ἁνδάνω) ad Ettore,
81        αὐτίκα δ᾽ ἐξ ὀχέων σὺν τεύχεσιν ἆλτο χαμᾶζε.[21]
e subito giù dal carro con le armi salta a terra.
82        οὐδὲ μὲν ἄλλοι Τρῶες ἐφ᾽ ἵππων ἠγερέθοντο,
E gli altri Troiani non restavano ammassati (da ἠγερέθομαι) sopra i carri, sopra i cavalli,
83        ἀλλ᾽ ἀπὸ πάντες ὄρουσαν, ἐπεὶ ἴδον Ἕκτορα δῖον.
ma balzano va (da ἀπορούω, in tmesi: lett. “balzare lontano da”) dopo che vedono il divino Ettore.
84        ἡνιόχῳ μὲν ἔπειτα ἑῷ ἐπέτελλεν ἕκαστος
Quindi ciascuno comandava, dava ordini (da ἐπιτέλλω), al proprio auriga,
85        ἵππους εὖ κατὰ κόσμον ἐρυκέμεν αὖθ᾽ ἐπὶ τάφρῳ:[22]
di trattenere (da ἐρύκω) i cavalli bene in ordine lì, lungo il fossato:
86        οἳ δὲ διαστάντες σφέας αὐτοὺς ἀρτύναντες
Questi poi dividendosi, essi stessi organizzandosi, disponendosi (da ἀρτύνω)
87        πένταχα κοσμηθέντες ἅμ᾽ ἡγεμόνεσσιν ἕποντο.
ordinatisi (da κοσμέω) in cinque divisioni, seguivano i comandanti.
Paragone

A proposito dei versi 87-107, in nessun altro punto dell’Iliade viene suggerita una suddivisione dell’esercito troiano in cinque raggruppamenti, o altro numero di raggruppamenti: il dettaglio è probabilmente inventato allo scopo di aggiungere un dettaglio grafico in un momento di grande rilevanza nel poema. Si vedano per analogia i cinque comandanti dei Pili in 4.295-6 e il catalogo dei Mirmidoni in 16.168 sgg.anch’esso con cinque raggruppamenti.
Si noti anche una nota artificiale di simmetria introdotta dallo schema ricorrente del comandante in capo con due secondi. I comandanti in capo dei Troiani vengono elencati (dopo la morte di Asio) in 14.425-6: Πουλυδάμας τε καὶ Αἰνείας καὶ δῖος Ἀγήνωρ / Σαρπηδών τ᾽ ἀρχὸς Λυκίων καὶ Γλαῦκος ἀμύμων. Elenchi molto diversi di campioni Troiani vengono dati in 13.790-4 e 17.215-18.

Non ci sono dubbi sul fatto che in questo contesto un tale catalogo dovrebbe anticipare la struttura del racconto che segue, che dovrebbe appunto descrivere ciascun assalto, uno dopo l’altro, così come viene fatto da Eschilo nei Sette contro Tebe, o veniva probabilmente fatto nella Tebaide. Questo implicherebbe che il muro acheo avesse cinque porte, un’idea dibattuta da bT, ma questo numero non viene mai citato nell’Iliade. Ma qui il tema dei cinque gruppi che attaccano le cinque porte si disgrega ben presto, dopo l’attacco di Asio, e a dispetto di qualche tentativo di riprendere e sviluppare questo stesso tema. Eppure lo stesso poeta sembra ricordarsi del mancato resoconto dell’attacco di Enea quando lo riporta nella mischia, in 13.458: l’eroe se ne rimaneva nelle ultime file corrucciato con Priamo “perché, bravo com’era fra gli altri, non lo stimava”, anche se le circostanze ed il modo con il quale Priamo esprimeva questo atteggiamento non vengono esplicitati. T mette in relazione in noi con le voci del “Catalogo Troiano”, ma senza grande successo. Le divisioni non attaccano nell’ordine in cui sono qui nominate: per prima attacca quella di Asio, poi Ettore, Sarpedone, e infine di nuovo Ettore.

88
88        οἳ μὲν ἅμ᾽ Ἕκτορ᾽ ἴσαν καὶ ἀμύμονι Πουλυδάμαντι,
Quelli che andavano con Ettore e con Polidamante perfetto,
89        οἳ πλεῖστοι καὶ ἄριστοι ἔσαν, μέμασαν δὲ μάλιστα
questi erano i più numerosi e i migliori, e molto bramavano,
90        τεῖχος ῥηξάμενοι κοίλῃς ἐπὶ νηυσὶ μάχεσθαι.
una volta sfondato (da ῥήγνυμι) il muro, combattere presso le navi ricurve.
91        καί σφιν Κεβριόνης τρίτος εἵπετο: πὰρ δ᾽ ἄρ᾽ ὄχεσφιν
E come terzo li seguiva Cerbione: invece presso il carro
92        ἄλλον[23] Κεβριόναο χερείονα κάλλιπεν Ἕκτωρ.
Ettore lasciò (da καταλιμπάνω = καταλείπω) un altro, inferiore a Cerbione.
93        τῶν δ᾽ ἑτέρων Πάρις ἦρχε καὶ Ἀλκάθοος καὶ Ἀγήνωρ,
Dei secondi (da ἕτερος , α, ον, qui = δεύτερος) era a capo Paride, ed (erano a capo) Alcatoo e Agenore,
94        τῶν δὲ τρίτων Ἕλενος καὶ Δηΐφοβος θεοειδὴς
dei terzi poi (erano a capo) Eleno e Deifobo simile ad un dio,
95        υἷε δύω Πριάμοιο: τρίτος δ᾽ ἦν Ἄσιος ἥρως
due figli di Priamo; terzo era Asio, l’eroe,
96        Ἄσιος Ὑρτακίδης, ὃν Ἀρίσβηθεν φέρον ἵπποι
Asio figlio di Irtaco, che da Arisbe portavano i (suoi) cavalli
97        αἴθωνες μεγάλοι ποταμοῦ ἄπο Σελλήεντος.[24]
fulvi, oppure focosi (da αἴθων , ωνος, ὁ, ἡ, (αἴθω)), possenti, dal fiume Selleenta.
98        τῶν δὲ τετάρτων ἦρχεν ἐῢς πάϊς Ἀγχίσαο
I quarti comandava il valoroso, coraggioso (da ἐύς, ἐύ, sinonimo di ἀγαθός e καλός), figlio di Anchise,
99        Αἰνείας, ἅμα τῷ γε δύω Ἀντήνορος υἷε
Enea, e con lui i due figli di Antenore
100       Ἀρχέλοχός τ᾽ Ἀκάμας τε μάχης εὖ εἰδότε πάσης.
Archeloco e Acamante, ben esperti di ogni battaglia.
101       Σαρπηδὼν δ᾽ ἡγήσατ᾽ ἀγακλειτῶν ἐπικούρων,
Sarpedone guida (da ἡγέομαι , regge il dativo, o più comunemente il genitivo) i gloriosi (da ἀγακλυτός , όν, vedi ἀγακλειτός , ή, όν) alleati,
102       πρὸς δ᾽ ἕλετο Γλαῦκον καὶ ἀρήϊον Ἀστεροπαῖον:
e al suo fianco sceglie Glauco e il bellicoso, battagliero Asteropeo:
103       οἳ γάρ οἱ εἴσαντο διακριδὸν εἶναι ἄριστοι
questi infatti a lui sembrarono (da εἴδομαι) essere specialmente, distintamente (da διακριδόν , avverbio (διακρίνω)), i migliori
104       τῶν ἄλλων μετά γ᾽ αὐτόν: ὃ δ᾽ ἔπρεπε καὶ διὰ πάντων.[25]
fra gli altri, dopo di lui: egli però primeggiava (da πρέπω) anche tra tutti.
105       οἳ δ᾽ ἐπεὶ ἀλλήλους ἄραρον[26] τυκτῇσι βόεσσι
Questi, dopo che si furono uniti, stretti (da ἀραρίσκω), gli uni gli altri con gli scudi di pelli bovina (da βοῦς , ὁ ed ἡ: gen. βοός ; qui = βοείη oppure βοέη (sempre femminile)) fatti ad arte, ben costruiti (da τυκτός , ή, όν, (τεύχω)),
106       βάν ῥ᾽ ἰθὺς Δαναῶν λελιημένοι, οὐδ᾽ ἔτ᾽ ἔφαντο
mossero bramosi, impazienti, contro (da ἰθύς, meno frequentemente ἰθύ, come preposizione con il genitivo dell’oggetto) i Danai, e non pensavano (da φημί) ancora
107       σχήσεσθ᾽, ἀλλ᾽ ἐν νηυσὶ μελαίνῃσιν πεσέεσθαι.[27]
di venire trattenuti, di trattenersi (da ἔχω, medio con significato passivo), bensì di avventarsi, di gettarsi (da πίπτω, frequentemente utilizzato come medio-passivo di βάλλω), sulle navi nere.
Le divisioni che avanzano a piedi verso le navi






[1] Si veda l’inizio del Libro IX: ὣς οἱ μὲν Τρῶες φυλακὰς ἔχον.
[2] Il libro 12 inizia allostesso modo del libro 9, con un riferimento ll’ultima scena del libro precedente, utilizzando la formula ὣς ὃ (οἱ) μὲν […] X (οἳ) δὲ.
[3] Lo ὅμιλος è la massa dei guerrieri che combatte intorno o dietro i πρόμαχοι, quindi la battaglia è orda divenuta uno scontro generalizzato, così come lo era all’inizio del libro 11 (11.67 sgg.).
[4] Si veda 7.448-50.
[5] Gli eventi di cui ai versi 13-16 sono narrati dai poemi del Ciclo Epico intitolati Etiopide, Piccola Iliade, Ilíou Pérsis, Nóstoi. Di questi ci rimangono solo frammenti, ma conosciamo il loro argomento dai riassunti contenuti nella Crestomazia di Proclo.
[6] Gli dei responsabili dello smantellamento del muro sono Poseidone ed Apollo, che ora agiscono di concerto - pur essendo su fronti opposti – perchè, come lamenta Poseidone in 7.451-3, non solo gli Achei hanno omesso di celebrare le dovute ecatombi, ma anche perchè il κλέος del muro di Agamennone avrebbe certo superato quello del muro che lui ed Apollo avevano costruito per Laomedonte, il che era una inaccettabile violazione della τιμή degli dei. Questo era certo un buon argomento, se preso a sè stante: Poseidone ed Apollo avevano però ingoiato un insulto diretto da parte di Laomedonte (vedi 21.442-57), ed il muro di Laomedonte era comunque ancora in piedi. I due dei agiscono, come di solito fanno gli dei nell’Iliade, come persone, e non tanto come personificazioni dei rispettivi domini nel mondo naturale. Poseidone era il dio preposto a governare i terremoti, Ἐνοσίχθων ed Ἐννοσίγαιος, e come tale sarebbe stato nella corretta posizione per demolire un muro.
[7] Sono fiumi della Troade. Reso, Settefoci, Careso, Rodio e Granico vengono citati solo in questo punto nell’Iliade: questo non deve sorprendere, visto che insieme all’Esepo – che scorre vicino a Zelea e si getta nel mar di Marmara, vedi 2.824-7 – essi non attraversano la pianura di Troia. Questi nomi costituiscono tuttavia una specie di lista tradizionale dal momento che essi ricorrono, tutti meno il Careso, nella lista di fiumi della Teogonia di Esiodo (338-45). La lista di Esioso non è coerente, e già Aristarco aveva suggerito che Esiodo poteva aver preso la sua lista da questo passo di Omero. In questi casi è tuttavia più sicuro immaginare che i due poeti possano avere entrambi mutuato i loro nomi da liste tradizionali simili.
[8] Vedi 7.462.
[9] Si veda al verso 18.
[10] κατά come preposizione venne accorciata in alcuni dialetti, specialmente nell’epica, in κάγ, κάδ, κάκ, κάμ, κάν, κάπ, κάρ, κάτ, davanti a γ, δ, κ, μ, ν, π (oppure φ), ῥ, τ (oppure θ), rispettivamente.
[11] Nel prosieguo dell’Iliade il muro, con il suo fossato, cambia aspetto a seconda delle circostanze: a volte è una fortificazione in piena regola, altre volte un semplice argine di terra; può aveva una sola porta, due porte o anche più. I vari episodi di assalto al campo acheo derivano da fonti e modelli diversi, tra i quali si trovava anche la narrazione dell’espugnazione di una città.
[12] L’espressione κύνεσσι καὶ ἀνδράσι θηρευτῇσι ricorre al nominativo in 11.549 (= 15.272) nella forma κύνες τε καὶ ἀνέρες ἀγροιῶται. Si noti che i cacciatori delle comparazioni omeriche sono contadini, e non cacciano per sport.
[13] La comparazione descrive il comportamento di un cinghiale o di un leone in difficoltà, ma per nulla intimiditi o impauriti dai cacciatori: l’animale resiste agli uomini e ai cani, li attacca, e viene ucciso come risultato del suo stesso coraggio e della sua determinazione. Sorprende pensare che questa comparazione non illustra le azioni e il comportamento di un eroe che si difende, ma Ettore (49).
[14] Si vedano per esempio 9.237, o 8.337: sempre riferiti ad Ettore.
[15] In normale significato di σχεδὸν, “vicino; in vicinanza; presso; da presso”, è davvero difficile da comprendere. Forse “a ranghi serrati” ? O nel senso che è difficile da superare con un balzo e senza prendere un adeguato slancio ?
[16] I versi 50-4 presentano tutti l’enjambement, il che esprime l’eccitazione del momento. In 50-1, 52-3 e 53-4 abbiamo tre ‘progressive enjambement’ (nella definizione di Kirk, ‘unperiodic’ nella definitione di Parry: il pensiero si completa alla fine del verso, ma la frase continua nel verso successivo). Il ‘violent enjambement’ di 51-2 (ἐπ᾽ ἄκρῳ / χείλει) ha quasi un effetto onomatopeico. Anche i versi 44-5 (ἀκοντίζουσι θαμειὰς / αἰχμὰς) sono un esempio di quest’utima categoria di enjambement.
[17] Si può anche considerare πεζοὶ predicativo di εἰ τελέουσι: “se potessero farcela a piedi”.
[18] Quello che troviamo in 61-79 è il primo di quattro discorsi di Polidamante: gli altri sono in 12.211-29, 13.726-47, 18.254-83. C’è una certa monotonia, somigllianza, tra di essi, forse non voluta, non intenzionale, ma in relazione al fatto che il poeta ha uno schema, un modello per i discorsi di prudente ammonimento: si vedano per esempio i discorsi di cosigli tattici di Nestoer, 2.337-68, 7.327-43, 10.204-17.
[19] Gli σκόλοπες sono ora allt’interno del fossati. Se la descrizione di Polidamante è coerente con 54-7, egli non deve dunque, ragionevolmente, fare molto differenza tra il muro della trincea e la parete dei κρημνοί al di sopra della quale  gli σκόλοπες (55) sono sistemati ὕπερθεν.
[20] I versi 65-6, con 49-54, offrono qualche chiarimento in merito allo scopo del fossato. Esso tiene la cavalleria nemica ad una certa distanza e riduce le possibilità di manovra delle forze che riescono ad attraversarlo, obbligandoli a schierarsi in prossimità del muro e impedendo la ritirata. Si veda anche 16.368-9. L’uso di una fortificazione esterna per integrare il muro difensivo principale diviene comune dalla metà del VII secolo a.C. nei siti greci: il fossato scavato a Vrulia, sull’isola di Rodi, è realizzato in modo da lasciare uno spazio di 4-5 metri prima del muro. Un simile spazio si vede alla porta di Dipylon di Atene.
[21] Si noti che 80-1 = 13.748-9, l’unico altro passo in cui Ettore accetta il consiglio di Polidamante. I verso 81 è formulare (8x nell’Iliade, con minori variazioni). Polidamante parla ad Ettore e ai comandanti dei Troiani (61), e non si deve ritenere che sia udito dal resto dell’esercito: gli uomini seguono l’esempio, anziché ordini espliciti da parte dei comandanti.
[22] Si noti che 84-5 = 11.47-8, dove però il soggetto sono gli Achei: un ottimo esempio della maestria con la quale il poeta utilizza queste serie di versi.
[23] Cerbione è un figlio bastardo di Priamo, promosso da Ettore a guidare il suo carro in 8.318, dopo la morte di Archeptolemo. Combatte con Polidamante in 13.790 e viene ucciso sul suo carro da Patroclo in 16.733 sgg. Al suo posto, in questa circostanza, viene lasciato un altro, inferiore a Cerbione: ἄλλον Κεβριόναο χερείονα (92). Il non assegnare un nome ad un personaggio menzionato esplicitamente con un proprio ruolo non è tipico: S. E. Bassett, The Poetry of Homer, Berkeley, 1938, p. 256, osserva un simile anonimato sono in due altri passi dell’Iliade, in 13.211 e 394.
[24] Si veda la voce al “Catalogo Troiano” in 2.835-9.
[25] Sarpedone e Glauco, comandanti dei Lici, sono i soli comandanti degli alleati, degli ἐπίκουροι, di un certo rilievo nell’Iliade, e giocano un ruolo di combattenti secondo solo a quello di Ettore. Sarpedone uccide Tlepolemo, la principale vittima tra gli Achei nella prima parte dell’Iliade, e trova la morte per mano di Patroclo in 16.419 sgg. Sarpedone e Glauco erano cugini: si veda la genealogia in 6.196-9 e la scena della morte di Sarpedone in 16.419-683. Asteropeo compare qui per la prima volta, non ha alcun ruolo nell’attacco al muro acheo, ma riappare nei libri 17 e 21. Egli era tra i comandanti dei Peoni, ma non viene citato nel catalogo (2.848-50), e forse per questa ragione, così come per aumentare il pathos relativo alla sua morte, viene descritto come un recente rinforzo tra le file troiane quando confessa la propria identità ad Achille in 21.153-60. È la mancanza di comandanti di primo piano tra  di loro che fa confinare gli ἐπίκουροι in una singola compagine; altrove viene comunque lasciato intendere che essi erano numerosi (2.130, 4.438, 17.154-5). Qui i due pronomi οἳ (nominativo plurale, anche οἱ) e οἱ (dativo singolare) si riferiscono rispettivamente ad Asteropeo con Glauco, e a Sarpedone. I due versi spiegano le ragioni dell’inclusione di Asteropeo, in quanto Glauco rappresenta una scelta obbligata. Nessuno dei comandanti dei contingenti più lontani elencati in 2.840-75 era all’altezza per stare di fianco ai due Lici.
[26] Qui ἀλλήλους ἄραρον potrebbe descrivere una formazione nota come πύργος , adotttata quando l’esercito si mette sulla difensiva: si veda al verso 43, a si confrontino 13.129-35 e 16.211-17 dove le truppe si ammassano per una carica. Nella fattispecia, qui i Troiani stanno assaltando una fortificazione, e concentrano i loro attacchi in particolari punti. Leaf non ha probabilmente ragione, quando ipotizza trattarsi di una rudimentale testudo: a meno che l’accento non sia proprio sulla rudimentalità della formazione, una frmazione a testuggine richiede gli scudi rettangolari del legionario romano. In ogni caso egli ha correttamente riconosciuto che si tratta di tattiche relative ad una guerra di assedio.
[27] Sarebbe qui naturale assumere i Troiani soggetto delle infinitive σχήσεσθαι ed ἐν […] πεσέεσθαι, come in 9.235 e (probabilmente ) 17.639; ma quando il verso ricorre in 126, ancora con i Troiani soggetto del verbo principale, il soggetto delle infinitive è espresso, ed è Ἀχαιοὺς. Per analogia con questa costruzione, alcuni commentatori vedono Δαναοὺς qui, e traducono σχήσεσθαι come “resistere” e πεσέεσθαι come “morire”.

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