L’attacco di Asio
Ai versi 108-72 abbiamo la scena relativa al tentativo di
Asio di forzare la porta del muro acheo. Questa scena, l’attacco di Ettore
(195-289), quello di Sarpedone (378-435) e la strage di Patroclo (16.698-711),
costituiscono il corpus in nostro
possesso di poesia arcaica di assedio in senso stretto. Dal momento un assalto
frontale contro le mura nemiche rappresenta il climax tanto della poesia di guerra quanto della guerra stessa, e
dal momento che la scena dell’assedio ha un suo posto nel repertorio dell’arte
micenea, è possibile che queste scene rappresentino ciò che resta dei una parte
significativa dell’ἀοιδή Tardo Elladica e del periodo buio. I bastioni
progettati e costruiti con precisione, così come le casematte e i passaggi
protetti delle fortificazioni micenee, sono una testimonianza dell’arte della
difesa - e per conseguenza dell’arte dell’attacco contro – queste
fortificazioni. L‘attacco a cavallo di Asio, però – due cavalli, due uomini ed
un carro con un modo inefficiente di portare due lance all’attacco in un
contesto nel quale ogni braccio è importante – non è guerra, ma meravigliosa
immaginazione poetica. E quando Asio incontra la morte per mano di Idomeneo in
13.384 sgg. egli combatte in modo consueto, a piedi, ma con il suo carro a
portata di mano.
La presenza del suo carro all’interno delle fortificazioni in
questllo stretto passaggio, e la stranezza del suo attacco con i cavalli, sono
stati assunti come argomento a favore della dipendenza dell’episodio di Asio
dal libro 13 (Von der Miihll). Gli assalti di Asio, Ettore e Sarpedone sono
stati naturalmente sferrati simultaneamente, o almeno come tali devono essere
considerati, ma secondo la tecnica della narrazione epica vengono descritti
come sequenziali.
108
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108 ἔνθ᾽ ἄλλοι Τρῶες τηλεκλειτοί τ᾽ ἐπίκουροι
E qui gli altri Troiani e gli alleati gloriosi, dalla
vasta fama,
109 βουλῇ Πουλυδάμαντος ἀμωμήτοιο πίθοντο:
danno retta (da πείθω , πείθεσθαί τινι) al consiglio di
Polidamante perfetto (da ἀμώμητος , ον);
110 ἀλλ᾽ οὐχ Ὑρτακίδης ἔθελ᾽ Ἄσιος ὄρχαμος
ἀνδρῶν
Ma Asio, figlio di Irtaco, signore (da ὄρχαμος , ὁ, in Ep.
antica solo nella frase ὄρχαμος ἀνδρῶν) di genti, non voleva
111 αὖθι λιπεῖν ἵππους τε καὶ ἡνίοχον
θεράποντα[1],
lasciare lì i cavalli e lo scudiero e auriga (da ἡνίοχος ,
ὁ (ἡνία, ἔχω)),
112 ἀλλὰ σὺν αὐτοῖσιν πέλασεν νήεσσι θοῇσι
ma con essi andò verso (da πελάζω, con il dativo) le navi
veloci,
113 νήπιος, οὐδ᾽ ἄρ᾽ ἔμελλε κακὰς ὑπὸ κῆρας
ἀλύξας
pazzo ! e non era destino che, dopo essere sfuggito (da ὑπαλύσκω
, verbo Ep. = ὑπαλεύομαι, usato da Omero solo all’aoristo: qui in tmesi) alle
malvagie Chere,
114 ἵπποισιν καὶ ὄχεσφιν ἀγαλλόμενος παρὰ
νηῶν
superbo (da ἀγάλλω, per lo più con il dativo della cosa
per la quale si esulta) con cavalli e carri, via dalle navi
115 ἂψ ἀπονοστήσειν προτὶ Ἴλιον ἠνεμόεσσαν:
facesse ritorno (da ἀπονοστέω) nuovamente ad Ilio ventosa
(da ἠνεμόεις , εσσα, εν, (ἄνεμος));
116 πρόσθεν γάρ μιν μοῖρα δυσώνυμος ἀμφεκάλυψεν
prima infatti lui avvolse la Moira funesta (da δυσώνυμος ,
ον)
117 ἔγχεϊ Ἰδομενῆος ἀγαυοῦ Δευκαλίδαο.[2]
mediante la lancia di Idomeneo, nobile figlio di
Deucalione.
118 εἴσατο γὰρ νηῶν ἐπ᾽ ἀριστερά, τῇ περ Ἀχαιοὶ
Mosse infatti, dunque, verso (da ἐπί , con accusativo: ἐ.
δεξιά, ἐπ᾽ ἀριστερά) la sinistra delle navi , dove gli Achei
119 ἐκ πεδίου νίσοντο σὺν ἵπποισιν καὶ ὄχεσφι:
con cavalli e carri si erano ritirati (da νίσσομαι) dalla
pianura;
120 τῇ ῥ᾽ ἵππους τε καὶ ἅρμα διήλασεν, οὐδὲ πύλῃσιν
qui guidò, spinse attraverso (da διελαύνω), i cavalli e il
carro, né alla porta (da πύλη , ἡ)
121 εὗρ᾽ ἐπικεκλιμένας σανίδας καὶ μακρὸν ὀχῆα,
trovò chiusi (da ἐπικλίνω) i battenti (da σανίς , ίδος, ἡ)
e la grande, pesante sbarra, spranga (da ὀχεύς , έως, Ep. ῆος, ὁ, (ἔχω)),
122 ἀλλ᾽
ἀναπεπταμένας ἔχον ἀνέρες, εἴ τιν᾽ ἑταίρων
ma gli uomini li tenevano aperti (da ἀναπετάννυμι,
riferito a σανίδες), se qualcuno dei compagni
123 ἐκ πολέμου φεύγοντα σαώσειαν μετὰ νῆας.
in fuga dalla battaglia potessero salvare, potessero mette
in salvo (da σαόω = σώζω), tra le navi.
124 τῇ ῥ᾽ ἰθὺς φρονέων ἵππους ἔχε, τοὶ δ᾽[3]
ἅμ᾽ ἕποντο
Qui, decidendo (di andare), determinato (ad andare) (da φρονέω),
avanti, guidava i cavalli, e quelli seguivano insieme,
125 ὀξέα κεκλήγοντες: ἔφαντο γὰρ οὐκ ἔτ᾽ Ἀχαιοὺς
acutamente lanciando grida (da κλάζω); non pensavano, non
credevano infatti che gli Achei ancora
126 σχήσεσθ᾽, ἀλλ᾽ ἐν νηυσὶ μελαίνῃσιν
πεσέεσθαι[4]
avrebbero resistito, ma che sarebbero piombati sulle nere
navi,
127 νήπιοι, ἐν δὲ πύλῃσι δύ᾽ ἀνέρας εὗρον ἀρίστους
pazzi ! Sulla porta trovarono due guerrieri ottimi,
128 υἷας ὑπερθύμους Λαπιθάων αἰχμητάων,[5]
figli valorosissimi dei Lapiti che combattono con la
lancia,
129 τὸν μὲν Πειριθόου υἷα κρατερὸν Πολυποίτην,
l’uno, il figlio di Piritoo, il forte, possente Polipete,
130 τὸν δὲ Λεοντῆα βροτολοιγῷ ἶσον Ἄρηϊ.
l’altro Leonteo, simile ad Ares flagello degli uomini.
131 τὼ μὲν ἄρα προπάροιθε πυλάων ὑψηλάων
PARAGONE à
Entrambe dunque di fronte all’alta (da ὑψηλός , ή, όν) porta
132 ἕστασαν ὡς ὅτε τε δρύες οὔρεσιν ὑψικάρηνοι,
stavano, come quando le querce (da δρῦς , ἡ , gen. δρυός: acc. δρῦν , nom. pl. Δρύες)
dall’alta cima, dall’alta chioma (da ὑψικάρηνος , ον), sui monti,
133 αἵ τ᾽ ἄνεμον μίμνουσι καὶ ὑετὸν ἤματα
πάντα
che per intere giornate (da ἦμαρ , ατος, τό, = ἡμέρα, ma ἦμαρ
è la forma preferita in Omero)resistono, reggono (da μίμνω), il vento e la
pioggia (da ὑετός , ὁ),
134 ῥίζῃσιν μεγάλῃσι διηνεκέεσσ᾽ ἀραρυῖαι:
fisse, salde (da ἀραρίσκω), sulle grandi radici (da ῥίζα ,
ης, ἡ: per lo più al plurale) continue, non spezzate, profonde (da διηνεκής ,
ές);
135 ὣς ἄρα τὼ χείρεσσι πεποιθότες ἠδὲ
βίηφι
così quei due, fidando (da πείθω, con il dat. della
persona e della cosa) nelle mani, nelle braccia e nella forza,
136 μίμνον ἐπερχόμενον μέγαν Ἄσιον οὐδὲ φέβοντο.
resistevano al grande, gigantesco Asio che avanzava
contro, che attaccava, e non fuggivano per la paura.
138 ὑψόσ᾽ ἀνασχόμενοι ἔκιον μεγάλῳ ἀλαλητῷ
Quelli invece venivano (da κίω) incontro, verso il muro
ben costruito (da εὔδμητος , ον), sollevando (da ἀνέχω) in alto, al di sopra
(da ὑψόσε, avverbio), gli scudi di pelli di bue (da βοῦς , ὁ ed ἡ, acc. pl.
acc. βόας e βοῦς in Omero) seccate (da αὖος , η, ον), con grandi, forti grido
di giubilo (da ἀλαλητός , οῦ, ὁ, (ἀλαλαί)),
139 Ἄσιον ἀμφὶ ἄνακτα καὶ Ἰαμενὸν καὶ Ὀρέστην
intorno ad Asio signore, e a Iameno e ad Oreste,
140 Ἀσιάδην τ᾽ Ἀδάμαντα Θόωνά τε Οἰνόμαόν
τε.
al figlio di Asio Adamante, a Toone e ad Enomao.
141 οἳ δ᾽ ἤτοι εἷος μὲν ἐϋκνήμιδας Ἀχαιοὺς
Questi invero per un certo tempo (da εἷος , antica forma
epica per ἕως, qui però = τέως, “per qualche tempo”, da mettere in
correlazione εἷος μὲν […] ; αὐτὰρ ἐπεὶ δὴ […]) gli Achei dalle belle gambiere
142 ὄρνυον ἔνδον ἐόντες ἀμύνεσθαι περὶ νηῶν:
incitavano (da ὄρνυμι), stando all’interno (del muro), a
combattere a difesa (da ἀμύνω) per le navi, in difesa delle navi;
143 αὐτὰρ ἐπεὶ δὴ τεῖχος ἐπεσσυμένους ἐνόησαν
144 Τρῶας, ἀτὰρ Δαναῶν γένετο ἰαχή τε
φόβος τε,
però quando videro, si accorsero de (da νοέω), i Troiani
che venivano incontro a, attaccavano (da ἐπισεύω), il muro, mentre tra i
Danai sorge il grido (da ἰαχή , ἡ) e la fuga per la paura,
145 ἐκ δὲ τὼ ἀΐξαντε πυλάων πρόσθε
μαχέσθην
PARAGONE à
i due balzati fuori, corsi fuori (da ἐξαΐσσω, in tmesi, con il genitivo πυλάων:
ma può anche intendersi πυλάων retto dalla preposizione πρόσθε con il
genitivo), combattevano davanti alla porta,
146 ἀγροτέροισι σύεσσιν ἐοικότε, τώ τ᾽ ἐν ὄρεσσιν
simili a cinghiali selvaggi, che sui monti
147 ἀνδρῶν ἠδὲ κυνῶν δέχαται κολοσυρτὸν ἰόντα,
attendono (da δέχομαι) di uomini e di cani lo strepito,
l’assalto rumoroso (da κολοσυρτός , ὁ), che sopraggiunge,
148 δοχμώ τ᾽ ἀΐσσοντε περὶ σφίσιν ἄγνυτον ὕλην
i due saltando (da ἀΐσσω) di traverso (da δοχμός , όν , =
δόχμιος) intorno a sé spezzano, distruggono (da ἄγνυμι), la selva
149 πρυμνὴν ἐκτάμνοντες, ὑπαὶ δέ τε κόμπος
ὀδόντων
recidendola (da ἐκτέμνω) alla base, alla radice, e sotto
un cozzare (da κόμπος , ὁ) di denti
150 γίγνεται εἰς ὅ κέ τίς τε βαλὼν ἐκ θυμὸν
ἕληται:
c’è, si sente, fino a quando qualcuno colpendo strappa (loro)
fuori (da ἐξαιρέω, in tmesi) la vita;
151 ὣς τῶν κόμπει χαλκὸς ἐπὶ στήθεσσι
φαεινὸς
così sul petto di quelli risuonava, rimbombava (da κομπέω),
il bronzo lucente,
152 ἄντην βαλλομένων: μάλα γὰρ κρατερῶς ἐμάχοντο
mentre venivano colpiti frontalmente; combattevano infatti
con molto vigore, con molta forza,
fidando negli uomini (da λαός , ὁ) da sopra e nella (loro)
forza.
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La tecnica di attacco al muro
Paragone
Paragone
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154
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154 οἳ δ᾽ ἄρα χερμαδίοισιν ἐϋδμήτων ἀπὸ
πύργων
Quelli invece con massi dalle torri ben costruite
155 βάλλον ἀμυνόμενοι σφῶν τ᾽ αὐτῶν καὶ
κλισιάων
bersagliavano, colpivano, portando soccorso a,
allontanando il pericolo da (da ἀμύνω, con il genitivo), se stessi, dalle
tende
156 νηῶν τ᾽ ὠκυπόρων: νιφάδες δ᾽ ὡς πῖπτον
ἔραζε,
e dalla navi che vanno veloci; PARAGONE à
cadevano giù a terra (da ἔραζε) come fiocchi di neve (da νιφάς , άδος, ἡ)
157 ἅς τ᾽ ἄνεμος ζαὴς νέφεα σκιόεντα
δονήσας
che il vento impetuoso (da ζαής , ές, (ζα-, ἄημι)), dopo
aver scosso (da δονέω) le nuvole scure, ombrose (da σκιόεις , εσσα, εν),
158 ταρφειὰς κατέχευεν ἐπὶ χθονὶ
πουλυβοτείρῃ:[8]
versava giù fitti (da ταρφύς , εῖα, ύ, Omero ha anche al
pl. femm. un nom. ταρφειαί ed acc. ταρφειάς) sulla terra nutrice di molti;
159 ὣς τῶν ἐκ χειρῶν βέλεα ῥέον ἠμὲν Ἀχαιῶν
così dalle loro mani i colpi fluivano, cadevano (da ῥέω),
sia degli Achei
160 ἠδὲ καὶ ἐκ Τρώων: κόρυθες δ᾽ ἀμφ᾽ αὖον ἀΰτευν
che anche dei Troiani; tutt’intorno (da ἀμφί, senza caso,
come avverbio) risuonavano (da ἀυτέω) in modo secco (da αὖος , η, ον) gli
elmi
161 βαλλομένων μυλάκεσσι καὶ ἀσπίδες ὀμφαλόεσσαι.
di coloro che venivano colpiti dai pietroni (da μύλαξ , ακος,
ὁ), e gli scudi (da ἀσπίς , ίδος, ἡ) ombelicati (da ὀμφαλόεις , εσσα, εν).
162 δή ῥα τότ᾽ ᾤμωξεν καὶ ὣ πεπλήγετο μηρὼ
Allora gemette, si lamentò (da οἰμώζω), e battè (da πλήσσω)
le sue due cosce
163 Ἄσιος Ὑρτακίδης, καὶ ἀλαστήσας ἔπος ηὔδα:
Asio, figlio di Irtaco, e furente, pieno di rabbia (da ἀλαστέω),
diceva parola:
164 ‘ Ζεῦ πάτερ ἦ ῥά νυ καὶ σὺ φιλοψευδὴς ἐτέτυξο
« O Zeus padre, certamente ora anche tu sei (da τεύχω , al
pf. e ppf. passivo “sono (stato) reso, sono (stato) fatto”, quindi
semplicemente γίγνεσθαι o εἶναι) uno che ama la menzogna, un bugiardo (da
φιλοψευδής , ές),
165 πάγχυ μάλ᾽: οὐ γὰρ ἔγωγ᾽ ἐφάμην ἥρωας Ἀχαιοὺς
proprio, davvero del tutto; infatti io non pensavo che gli
eroi achei
166 σχήσειν ἡμέτερόν γε μένος καὶ χεῖρας ἀάπτους.
reggessero a, sostenessero la nostra potenza e le (nostre)
mani invincibili (da ἄαπτος , ον, (ἅπτομαι)).
167 οἳ δ᾽, ὥς τε σφῆκες μέσον αἰόλοι ἠὲ
μέλισσαι
PARAGONE à
Questi, come vespe (da σφήξ , σφηκός , ὁ) tremolanti, vibranti, o
scintillanti, variopinte (da αἰόλος , η, ον), nel mezzo, o (come) api (da μέλισσα
, Att. μέλιττα , ης, ἡ)
168 οἰκία ποιήσωνται ὁδῷ ἔπι παιπαλοέσσῃ,
si fabbricano le dimore (da οἰκίον , τό, forma dim. di οἶκος,
ma dal significato simile; in greco antico sempre plurale) in un cammino (da ὁδός
, ἡ) accidentato, scosceso (da παιπαλόεις , εσσα, εν),
169 οὐδ᾽ ἀπολείπουσιν κοῖλον δόμον, ἀλλὰ μένοντες
e non abbandonano (da ἀπολιμπάνω , pres. e imperf. ἀπολείπω,
di cui è tarda forma) la cava dimora, ma attendendo (da μένω, con l’acc.)
170 ἄνδρας θηρητῆρας ἀμύνονται περὶ
τέκνων,
gli uomini cacciatori (da θηρατήρ , Ion. θηρητήρ , ῆρος, ὁ,
poet. per θηρατής, nel senso che vogliono cacciarle) combattono in difesa (da
ἀμύνω, qui costruito con preposizione περὶ τέκνων) dei figli,
171 ὣς οἵ γ᾽ οὐκ ἐθέλουσι πυλάων καὶ δύ᾽ ἐόντε
così quelli non vogliono (da ἐθέλω), pur essendo solo due,
dalla porta
172 χάσσασθαι πρίν γ᾽ ἠὲ κατακτάμεν ἠὲ ἁλῶναι.
ritirarsi (da χάζω, medio χάζομαι con il gen “mi ritiro
da”) prima di uccidere (da κατακτείνω) o di essere uccisi (da ἁλίσκομαι).
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Paragone
Paragone
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173
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173 ὣς ἔφατ᾽, οὐδὲ Διὸς πεῖθε φρένα ταῦτ᾽ ἀγορεύων:
Così diceva, e dicendo queste cose non persuadeva la mente
di Zeus:
174 Ἕκτορι γάρ οἱ θυμὸς ἐβούλετο κῦδος ὀρέξαι.
il suo cuore infatti a Ettore voleva concedere (da ὀρέγω)
la gloria.
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175
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175 ἄλλοι δ᾽ ἀμφ᾽ ἄλλῃσι μάχην ἐμάχοντο
πύλῃσιν:
Gli altri intanto combattevano la battaglia alle altre
porte;
176 ἀργαλέον δέ με ταῦτα θεὸν ὣς πάντ᾽ ἀγορεῦσαι:
è arduo che io, come un dio, possa raccontare tutto:
177 πάντῃ γὰρ περὶ τεῖχος ὀρώρει θεσπιδαὲς
πῦρ
ovunque, da ogni parte infatti si era alzato (da ὄρνυμι)
un fuoco portentoso (da θεσπιδαής , ές, (δαίω): come acceso da un dio)
intorno alle mura
178 λάϊνον: Ἀργεῖοι δὲ καὶ ἀχνύμενοί περ ἀνάγκῃ
di pietra (da λάϊνος, η, ον (λᾶας)); gli Argivi, per
quanto afflitti, straziati (da ἀχεύω), per necessità
179 νηῶν ἠμύνοντο: θεοὶ δ᾽ ἀκαχήατο θυμὸν
combattevano in difesa (da ἀμύνω) delle navi; gli dei si
dolevano (da ἀχεύω) in cuore,
180 πάντες ὅσοι Δαναοῖσι μάχης ἐπιτάρροθοι
ἦσαν.
tutti quanti erano in guerra alleati (da ἐπιτάρροθος , ὁ,
Ep. per ἐπίρροθος, in Omero sempre detto degli dei che aiutano nel
combattimento: con τινί) dei Danai.
181 σὺν δ᾽ ἔβαλον Λαπίθαι πόλεμον καὶ
δηϊοτῆτα.[9]
Ma i Lapiti si scontrano (da συμβάλλω, in tmesi) nel
combattimento e nella lotta (da δηϊοτής , ῆτος , ἡ).
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175
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ἄλλοι δ᾽ ἀμφ᾽ ἄλλῃσι
μάχην ἐμάχοντο πύλῃσιν:
ἀργαλέον δέ με ταῦτα
θεὸν ὣς πάντ᾽ ἀγορεῦσαι:
πάντῃ γὰρ περὶ τεῖχος
ὀρώρει θεσπιδαὲς πῦρ
λάϊνον […].
E combattevano
tutti, ciascuno per la sua porta:
ma raccontare ogni
cosa, come un dio, m’è difficile-
D’ogni parte
s’alzava un fuoco terribile intorno al muro
Di pietra […].
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Citazione
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182
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182 ἔνθ᾽ αὖ[10]
Πειριθόου υἱὸς κρατερὸς Πολυποίτης
E qui, a questo punto, Polipete, il forte figlio di
Piritoo,
183 δουρὶ βάλεν Δάμασον κυνέης διὰ
χαλκοπαρῄου:
con la lancia colpì Damaso attraverso l’elmo dai guanciali
di bronzo (da χαλκοπάρῃος , ον):
184 οὐδ᾽ ἄρα χαλκείη κόρυς ἔσχεθεν, ἀλλὰ
διὰ πρὸ
185 αἰχμὴ χαλκείη ῥῆξ᾽ ὀστέον, ἐγκέφαλος δὲ
e non resistette l’elmo di bronzo, ma la punta bronzea in
avanti trapassò, sfondò (da διαρρήγνυμι, in tmesi), l’osso, e il cervello
186 ἔνδον ἅπας πεπάλακτο: δάμασσε δέ μιν
μεμαῶτα:
all’interno tutto si spappolò (da παλάσσω); lo atterrò
nello slancio, mentre assaltava;
187 αὐτὰρ ἔπειτα Πύλωνα καὶ Ὄρμενον ἐξενάριξεν.
quindi subito dopo uccise (da ἐξεναρίζω) Pilone ed Ormeno.
188 υἱὸν δ᾽ Ἀντιμάχοιο Λεοντεὺς ὄζος Ἄρηος
Leonteo, germoglio di Ares, il figlio di Antimaco,
189 Ἱππόμαχον βάλε δουρὶ κατὰ ζωστῆρα
τυχήσας[11].
Ippomaco, colpì con la lancia, avendo(lo) colto (da
τυγχάνω) sotto la cintura.
190 αὖτις δ᾽ ἐκ κολεοῖο ἐρυσσάμενος ξίφος ὀξὺ
Quindi, avendo estratto dal fodero la spada acuta,
affilata,
191 Ἀντιφάτην μὲν πρῶτον ἐπαΐξας δι᾽ ὁμίλου
essendo balzato attraverso la mischia, la folla, per primo
Antifate
192 πλῆξ᾽ αὐτοσχεδίην: ὃ δ᾽ ἄρ᾽ ὕπτιος οὔδει
ἐρείσθη:
colpì (da πλήσσω) in corpo a corpo (da αὐτοσχέδιος , α,
ον, in acc. femm. come avv. , = αὐτοσχεδόν): : e quello poi sulla terra (da οὖδας
, τό, gen. οὔδεος, dat. οὔδει, raro οὔδεϊ) cadde, giacque (da ἐρείδω), supino.
193 αὐτὰρ ἔπειτα Μένωνα καὶ Ἰαμενὸν καὶ Ὀρέστην
Quindi subito dopo Menone, Iameno ed Oreste
194 πάντας ἐπασσυτέρους πέλασε χθονὶ
πουλυβοτείρῃ[12].
tutti, uno dopo l’altro (da ἐπασσύτερος , α, ον) getta,
abbatte (da πελάζω), sulla terra nutrice di molti.
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Damaso (T)
Ormeno (T)
Pilone (T)
Ippomaco (T)
Antifate (T)
Menone (T)
Iameno (T)
Oreste (T)
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Il presagio
Siamo alla sezione 195-289: Ettore sta per lanciare il suo
attacco quando compare un presagio. Questo viene interpretato in modo prudente
da parte di Polidamante, ma Ettore rifiuta infuriato la sua interpretazione
eguira i suoi uomini in un tentativo di sfondamento del muro. Gli Aiaci
rinforzano la difesa achea mentre le due parti fanno piovere sugli avversari
ogni sorta di proiettili.
Il poeta ritorna allo schema dell’episodio precedente: un
prudente discorso di Polidamante, la reazione di Ettore, l’attacco troiano e la
difesa achea, coronata da successo. Sebbene sostenga che la struttura di questo
libro sia una ripetizione uno schema tematico di base, Fenik (Homer and the Nibelungenlied, 28-33) fa
un’analisi in qualche modo differente, e considera il primo episodio costituito
dei seguenti elementi:
·
A : la carica troiana (34-59);
·
B : discorso di Polidamante e reazione (60-107);
·
C : attacco di Asio (108-94);
bilanciato da:
A’ : carica troiana (195-9);
B’ : discorso di Polidamante e reazione (200-89);
C’ : attacco di Sarpedone (290-436).
In effetti la lunghezza delle parti costituenti, la
distribuzione delle similitudini e l’invenzione del catalogo (che deve
rappresentare il punto d’inizio) depongono a favore dell’analisi qui adottata.
In questo evento dell’attacco è di tutti i Troiani, è un
attacco collettivo piuttosto che personale del solo Ettore, ed il racconto
dell’attacco è esposto in termini generali. La similitudine dei fiocchi di neve
(278-86) collega questo episodio con quello di Asio (108-74) – si oncfronti la
similitudine in 156-58 – cosicchè i due passaggi dovrebbero essere visti come
un tutt’uno e lo scambio tra Polidamante e un irascibile Ettore (210-50) e la
difesa degli Aiaci inclusi in esso. La comparsa degli Aiaci anticipa la più
elaborata difesa in 329-377.
195
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195 ὄφρ᾽ οἳ τοὺς ἐνάριζον ἀπ᾽ ἔντεα μαρμαίροντα,
Mentre questi spogliavano (da ἀπεναρίζω , (ἔναρα): in
tmesi, regge il doppio accusativo) quelli delle armi splendenti, scintillanti
(da μαρμαίρω),
196 τόφρ᾽ οἳ Πουλυδάμαντι καὶ Ἕκτορι κοῦροι ἕποντο,
intanto i guerrieri (da κοῦρος , ὁ, Ep. e Ion. per κόρος)
che seguivano Polidamante ed Ettore,
197 οἳ πλεῖστοι καὶ ἄριστοι ἔσαν, μέμασαν
δὲ μάλιστα
che erano i più numerosi e i migliori, e sopra tutto
bramavano
sfondare, distruggere (da ῥήγνυμι), il muro e bruciare (da
ἐμπίμπρημι) col fuoco le navi,
199 οἵ ῥ᾽[14]
ἔτι μερμήριζον ἐφεσταότες παρὰ τάφρῳ.
questi ancora erano incerti, indecisi (da μερμηρίζω),
stando vicino (da ἐφίστημι) alla trincea.
200 ὄρνις γάρ σφιν ἐπῆλθε περησέμεναι μεμαῶσιν
Un uccello (da ὄρνις , ὁ, anche ἡ) infatti venne verso (da
ἐπέρχομαι, con il dativo) di loro mentre erano impazienti (da μέμαα) di
attraversare (da περάω),
201 αἰετὸς[15]
ὑψιπέτης ἐπ᾽ ἀριστερὰ λαὸν ἐέργων
un’aquila che vola alta, dal volo alto (da ὑψιπέτης , ου
(πέτομαι)), che chiude, che taglia (da ἔργω , Ep. e Ion., ed ἐέργω , Ep.), a
sinistra l’esercito,
202 φοινήεντα δράκοντα φέρων ὀνύχεσσι
πέλωρον
che teneva con gli artigli (da ὄνυξ , υχος, ὁ, in Omeri
sono in Ep. dat. pl. ὀνύχεσσι, e sempre di un’aquila) un serpente rosso di
sangue (da φοινήεις , εσσα, εν, (φοινός)), enorme, mostruoso, prodigioso (da
πέλωρος , η, ον, in Omero anche ος, ον: si riferisce piuttosto al prodigio,
che non alla dimensione),
203 ζωὸν ἔτ᾽ ἀσπαίροντα, καὶ οὔ πω λήθετο
χάρμης,
vivo, che ancora di contorceva, si divincolava (da ἀσπαίρω);
e davvero non si dimenticava di, non trascurava (da λανθάνω, con il
genitivo), la battaglia (da χάρμη , ἡ , lett. la gioia, la brama, della
battaglia),
204 κόψε γὰρ αὐτὸν ἔχοντα κατὰ στῆθος παρὰ δειρὴν
colpì (da κόπτω) infatti quella, che lo stringeva, al
petto, vicino al collo,
205 ἰδνωθεὶς ὀπίσω: ὃ δ᾽ ἀπὸ ἕθεν ἧκε χαμᾶζε
piegandosi (da ἰδνόομαι) all’indietro; quella via da sé,
lontano da sé, lo gettò (da ἵημι), a terra,
206 ἀλγήσας ὀδύνῃσι, μέσῳ δ᾽ ἐνὶ κάββαλ᾽ ὁμίλῳ,
soffrendo (da ἀλγέω) per il dolore (da ὀδύνη , ἡ, in Omero
per lo più al plurale), lo gettò giù (da καταβάλλω) in mezzo all’esercito,
207 αὐτὸς δὲ κλάγξας πέτετο πνοιῇς ἀνέμοιο.
quello poi strepitando (da κλάζω) volava via (da πέτομαι)
sui soffi (da πνοή , ῆς, ἡ, Ep. πνοιή , sempre questa forma in Omero) del
vento.
208 Τρῶες δ᾽ ἐρρίγησαν ὅπως ἴδον αἰόλον ὄφιν
I Troiani rabbrividirono (da ῥιγέω) come videro il
serpente (da ὄφις , ὁ, gen. ὄφεως, poet. anche ὄφεος) scintillante (αἰόλος ,
η, ον)
209 κείμενον ἐν μέσσοισι Διὸς τέρας αἰγιόχοιο.
che giaceva (da κεῖμαι) nel mezzo (da μέσον, τό, uso al
pl.), prodigio di Zeus portatore dell’egida.
210 δὴ τότε Πουλυδάμας θρασὺν Ἕκτορα εἶπε
παραστάς[16]:
Allora Polidamante, stando accanto al coraggioso, impavido
Ettore, disse
211 Ἕκτορ ἀεὶ μέν πώς μοι ἐπιπλήσσεις ἀγορῇσιν
« Ettore, sempre in tutti i modi mi riprendi, mi
rimproveri (da ἐπιπλήσσω, qui con il dativo), nelle assemblee (da ἀγορά , ᾶς,
Ion. ἀγορή , ῆς, ἡ, (ἀγείρω)),
212 ἐσθλὰ φραζομένῳ, ἐπεὶ οὐδὲ μὲν οὐδὲ ἔοικε[17]
anche se dico, espongo, annuncio (da φράζω), cose buone,
giuste (da ἐσθλός , ή, όν = ἀγαθός), dal momento che davvero non è bene
che uno che sia del popolo (da δῆμος , ου, ὁ) parli fuori
(del giusto) (da παρέξ or πάρεξ , cfr. παρέκ), non in consiglio
214 οὔτέ ποτ᾽ ἐν πολέμῳ, σὸν δὲ κράτος αἰὲν
ἀέξειν:
né davvero in guerra, ma (è giusto) che sempre esalti il
tuo potere, la tua potenza:
215 νῦν αὖτ᾽ ἐξερέω ὥς μοι δοκεῖ εἶναι ἄριστα[19].
ora di nuovo, ora invece (da αὖτε , avv. (αὖ, τε): si può
interpretare nei sue modi) dirò (da ἐξερέω), come a me sembra essere meglio,
come io credo siano le cose migliori.
216 μὴ ἴομεν Δαναοῖσι μαχησόμενοι περὶ νηῶν.
Non andiamo (da εἶμι) contro i Danai, con l’intenzione di
combattere per (da περί , con verbi relativi a combattere, gareggiare etc.
indica – in costruzione π. τινός – l’oggetto per il quale si combatte) le
navi.
217 ὧδε γὰρ ἐκτελέεσθαι ὀΐομαι, εἰ ἐτεόν
γε
Sono infatti convinto che andrà a finire (da ἐκτελέω)
così, se veramente appunto
218 Τρωσὶν ὅδ᾽ ὄρνις ἦλθε περησέμεναι μεμαῶσιν[20]
questo uccello è giunto, è comparso ai Troiani mentre
erano impazienti (da μέμαα) di attraversare (da περάω)
219 αἰετὸς ὑψιπέτης ἐπ᾽ ἀριστερὰ λαὸν ἐέργων
un’aquila che vola alta, dal volo alto (da ὑψιπέτης , ου
(πέτομαι)), che chiude, che taglia (da ἔργω , Ep. e Ion., ed ἐέργω , Ep.), a
sinistra l’esercito,
220 φοινήεντα δράκοντα φέρων ὀνύχεσσι
πέλωρον
che teneva con gli artigli (da ὄνυξ , υχος, ὁ, in Omeri
sono in Ep. dat. pl. ὀνύχεσσι, e sempre di un’aquila) un serpente rosso di
sangue (da φοινήεις , εσσα, εν, (φοινός)), enorme, mostruoso, prodigioso (da
πέλωρος , η, ον, in Omero anche ος, ον: si riferisce piuttosto al prodigio,
che non alla dimensione),
221 ζωόν: ἄφαρ δ᾽ ἀφέηκε πάρος φίλα οἰκί᾽ ἱκέσθαι,
vivo: però d’un tratto (da ἄφαρ, in Omero per lo più
all’inizio della proposizione, seguito da δέ) (lo) gettò via (da ἀφίημι)
prima (da πάρος , part. poetica , come congiunzione, come πρίν, con infinito
aoristo, più raro presente) di raggiungere il suo (da φίλος , η, ον: in Omero
e poeti antichi indica semplicemente possesso) nido (da οἰκίον , τό, dim. di οἶκος,
ma di significato non differente: anche “nido”, di vespe, o come qui di
un’aquila).
222 οὐδ᾽ ἐτέλεσσε φέρων δόμεναι τεκέεσσιν ἑοῖσιν.
E non riuscì (da τελέω, qui con il significato di
“riuscire”) a portarlo per dar(lo in pasto) ai suoi figli,
223 ὣς ἡμεῖς, εἴ πέρ τε πύλας καὶ τεῖχος Ἀχαιῶν
così noi, se anche le porte e il muro degli Achei
224 ῥηξόμεθα σθένεϊ μεγάλῳ, εἴξωσι δ᾽ Ἀχαιοί,
sfondassimo, facessimo a pezzi (da ῥήγνυμι) con grande
forza, e cedessero il passo, si ritirassero (da εἴκω) gli Achei,
non in ordine faremo lo stesso viaggio (da κέλευθος , ἡ, con
plurale poetico eteroclito κέλευθα; “via; strada; cammino”, qui accusativo
interno – cognate accusative – di ἔρχομαι)
lungo le navi:
226 πολλοὺς γὰρ Τρώων καταλείψομεν, οὕς
κεν Ἀχαιοὶ
lasceremo giù infatti molti dei Troiani, che gli Achei
227 χαλκῷ δῃώσωσιν ἀμυνόμενοι περὶ νηῶν.
con il bronzo uccideranno (da δηιόω), combattendo in
difesa delle navi.
228 ὧδέ χ᾽ ὑποκρίναιτο θεοπρόπος, ὃς σάφα
θυμῷ
Così darebbe come responso (da ὑποκρίνομαι) un indovino,
un profeta (da θεοπρόπος , ον, qui ὁ θ.), che nel cuore bene,
chiaramente (da σαφής , ές, avverbio)
229 εἰδείη τεράων καί οἱ πειθοίατο λαοί ’.
conoscesse, vedesse (da οἶδα, qui con il genitivo), i
prodigi (da τέρας , τό: gen. Ep. pl.) e la gente gli credesse, gli prestasse
fede ».
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Presagio dell’aquila
Polidamante interpreta il prodigio
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230
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230 τὸν δ᾽ ἄρ᾽ ὑπόδρα ἰδὼν προσέφη
κορυθαίολος Ἕκτωρ:
A lui, guardandolo di traverso, diceva, rispondeva Ettore dall’elmo
ondeggiante:
231 ‘ Πουλυδάμα, σὺ μὲν οὐκ ἔτ᾽ ἐμοὶ φίλα
ταῦτ᾽ ἀγορεύεις:
« O Polidamante, tu non mi dici gradite queste cose !
232 οἶσθα καὶ ἄλλον μῦθον ἀμείνονα τοῦδε
νοῆσαι.
sai concepire anche un altro discorso, migliore di questo.
233 εἰ δ᾽ ἐτεὸν δὴ τοῦτον ἀπὸ σπουδῆς ἀγορεύεις,
Ma se davvero, veramente (da ἐτεός , ά, όν, qui avverbio),
questo lo dici sul serio, con serietà (da σπουδή , ἡ, (σπεύδω)),
234 ἐξ ἄρα δή τοι ἔπειτα θεοὶ φρένας ὤλεσαν
αὐτοί,[22]
allora gli dei in persona ti hanno sconvolto completamente
(da ἐξόλλυμι, in tmesi, con ἐξ posto in posizione enfatica) la mente,
235 ὃς κέλεαι Ζηνὸς μὲν ἐριγδούποιο λαθέσθαι
(a te) che esorti (da κέλομαι) di Zeus tonante (da ἐρίγδουπος
, ον, = ἐρίδουπος) a dimenticare (da λανθάνω, con il genitivo)
236 βουλέων, ἅς[23]
τέ μοι αὐτὸς ὑπέσχετο καὶ κατένευσε:
i consigli (da βουλή , ἡ), che egli stesso mi che prima a
me ha promesso (da ὑπισχνέομαι, transitivo) ed ha confermato con un cenno di
assenso del capo;
237 τύνη[24]
δ᾽ οἰωνοῖσι τανυπτερύγεσσι κελεύεις
238 πείθεσθαι, τῶν οὔ τι μετατρέπομ᾽ οὐδ᾽ ἀλεγίζω
tu mi esorti a credere, a dar retta (da πείθω, con il
dativo), agli uccelli dalle ali aperte, spiegate (da τανυπτέρυξ , υγος, ὁ, ἡ,
= τανύπτερος , ον), dei quali in alcun modo ho considerazione (da μετατρέπομαι
, con τινός, sempre con una negazione) né mi preoccupo (da ἀλεγίζω , in Omero
solo nell’Iliade, sempre con negazione, e con il genitivo),
sia (da εἴτε, in correlazione con εἴτε del v. 240) che
vadano (da εἶμι) verso destra, verso l’aurora e il sole,
240 εἴτ᾽ ἐπ᾽ ἀριστερὰ τοί γε ποτὶ ζόφον ἠερόεντα.
sia che (vadano), questi, verso sinistra, verso le
tenebre, il buio (da ζόφος , ὁ, l’Occidente, opposto all’Oriente, al sole e
all’aurora, πρὸς ἠῶ τ᾽ ἠέλιόν τε), nebbioso (da ἠερόεις , εσσα, εν, Ion. ed
Ep. per ἀερόεις).
241 ἡμεῖς δὲ μεγάλοιο Διὸς πειθώμεθα βουλῇ,
Noi obbediamo invece, piuttosto al consiglio del grande
Zeus,
242 ὃς
πᾶσι θνητοῖσι καὶ ἀθανάτοισιν ἀνάσσει.
che è signore (da ἀνάσσω, in Omero per lo più con il
dativo) di tutti, dei mortali e degli immortali.
Un solo uccello è il migliore, il più nobile, combattere a
difesa (da ἀμύνω) della patria.
244 τίπτε σὺ δείδοικας πόλεμον καὶ δηϊοτῆτα;
Perché tu temi (da δείδω) la guerra e la lotta ?
245 εἴ περ γάρ τ᾽ ἄλλοι γε περὶ[28]
κτεινώμεθα πάντες
Se anche infatti noi tutti gli altri dovessimo rimanere
uccisi qui intorno,
246 νηυσὶν ἐπ᾽ Ἀργείων, σοὶ δ᾽ οὐ δέος ἔστ᾽
ἀπολέσθαι:
contro le navi degli Argivi, per te non c’è timore,
rischio (da δέος , τό , con l’infinito), di morire.
247 οὐ γάρ τοι κραδίη μενεδήϊος οὐδὲ
μαχήμων.
Non hai infatti un cuore impavido, che tiene testa al
nemico (da μενεδήιος, ον), e bellicoso (da μαχήμων , ον).
248 εἰ δὲ σὺ δηϊοτῆτος ἀφέξεαι, ἠέ τιν᾽ ἄλλον
Se tu ti terrai lontano (da ἀπέχω, con il gen.) dalla
lotta, o se qualcun altro
249 παρφάμενος ἐπέεσσιν ἀποτρέψεις
πολέμοιο,
ingannando(lo), seducendo(lo) (da παράφημι , poet.
παραίφημι e πάρφημι), con parole, allontanerai, distoglierai (da ἀποτρέπω, in
costruzione τινός τινα),
250 αὐτίκ᾽ ἐμῷ ὑπὸ δουρὶ τυπεὶς ἀπὸ θυμὸν ὀλέσσεις
’[29].
immediatamente, colpito (da τύπτω) dalla mia lancia perderai
(da ἀπόλλυμι, in tmesi: si veda 16.861, oppure Odissea 12.350, o 11.433) la
vita ».
|
Ettore non si cura dei presagi
|
[1] Si veda
la nota a 6.19.
[2] In
113-17, questo lasciar presagire la fine di Asio deve essere interpretato come
l’impostazione di un obiettivo narrativo a breve termine, così come lo era
stato la predizione del ferimento di Agamennone in 11.191 sgg. Ma Asio in
effetti non muore nel corso dell’assalto al muro, durante il quale Idomeneo non
gioca alcun ruolo nonostante la sua posizione sia νηῶν ἐπ᾽ ἀριστερά. L’aristia
di Idomeneo segna la prima fase del contrattacco acheo (13.361 sgg.), e Asio è
la sua seconda vittima (13.383-93). In generale lo spazio che lo stile epico
concede al poeta per i suoi commenti rimane comunque piuttosto limitato, ed i
commenti sono rari. Fra questi commenti rientrano appunto le anticipazioni
sulla conclusione di un episodio, o di una serie di episodi. In 11.604 era già
stata annunciata la fine di Patroclo. L’epica parla di fatti noti, e non cerca
l’imprevisto. Un’altra possibilità di anticipare i fatti è offerta dalle
predizioni e dalle decisioni degli dèi: si veda il verso 173.
[3] Si
tratta evidentemente dei suoi compagni.
[4] Cfr.
12.106-7.
[5] In
127-53 il resoconto del combattimento messo in atto dai Lapiti non è
chiarissimo: i due Lapiti sono dapprima fuori delle mura (προπάροιθε, 131),
quindi all’interno (ἔνδον ἐόντες, 142), quindi nuovamente all’esterno (πρόσθε,
145). Sono state suggeriti vari modi per rimediare all’apparente
contraddizione, per esempio collocare i versi 141-53 dopo il verso 128 (o
piuttosto dopo il 130), oppure eliminare o 131-40 oppure 141-53. Non è però il
caso di cercare troppe soluzioni: il racconto di situazioni come questa, in
rapida evoluzione e nelle quali l’occhio del poeta deve muovere velocemente da
un punto all’altro della scena, si presenta tanto facilmente, quanto può venire
esagerato.
Nonostante la fama della loro battaglia contro i
Centauri, i Lapiti rappresentano una fonte di difficoltà, di perplessità per
coloro che si occupano di genealogie. Come popolo, come tribù, essi non hanno
alcun ruolo nella saga troiana, e di conseguenza hanno solo una brevissima
menzione nell’Iliade, qui e al verso 181. Vengono citati una sola volta
nell’Odissea, in 21.297. I loro comandanti, Polipete e Leonteo, vengono citati
nel “Catalogo delle Navi” come provenienti dal nord della Tessaglia (2.738-47),
senza una nota relativa alla loro tribù, mentre Piritoo viene citato in 1.263
da Nestore, laddove rievoca il combattimento contro i Centauri. Essi prendono
poi parte ai giochi funebri in onore di Patroclo (23.836-7). La stranezza in
effetti è l’omissione del nome tribale nelle prime allusioni.
[6] Qui τεῖχος
viee usato in modo lasco, in quanto in realtà Asio e i suoi compagni attaccano
la porta.
[7] Καθύπερθε
è qui utilizzato in modo aggettivale con λαοῖσιν: nel greco classico richiedere
una forma verbale (e.g. ἱσταμένοις) per definire una costruzione. Nell’Iliade
non vengono forniti dettagli relativamente a particolari opere finalizzate a
migliorare la difendibilità della porta; gli uomini, il λαός, sono
semplicemente posizionati sugli spalti e scagliano i loro proiettili sulle teste
di Polipete e Leonteo.
[8] In
156-8, questa elegante comparazione con la tempesta di neve anticipa la più
lunga e famosa comparazione in 278-89) Il parallelismo tra l’assalto di Asio e
il primo attacco di Ettore viene messo in enfasi dalla relativa rarità e
brevità delle altre comparazioni con la neve: solo 3.222 (una breve
comparazione) e 19.357-8; ad eccezione di casi in cui la neve è una aggiunta ad
una tempesta o simili (come in 10.7, 15.170 e 22.152). L’immagine è solitamente
quella della neve che cade (νιφάδες), non della neve per terra (χιών).
[9] Questi
versi contengono un eccezionale riferimento alla persona del poeta; parlano di
più porte (comunque la gran parte dell’esercito troiano è ancor dietro il
fossato, vedi verso 199); parlano di un fuoco misterioso. Prima di continuare
la narrazione dell’assalto al muro, che appare poi condotta da eroi diversi
(con attacchi simultanei narrati come successivi). Il poeta avverte che ci sono
più porte, a giustificare in qualche modo le ripetizioni della parte che segue.
[10] Qui ἔνθ᾽
αὖ segna la ripresa del racconto dopo la digressione. Si noti che le vittime
troiane dei due Lapiti hanno, come di consueto per Troiani di minore
importanza, nomi greci.
[11] Si veda
5.578.
[12] Verso
formulare, = 8.277.
[13] Si
confrontino i versi 89-90:
197 οἳ πλεῖστοι καὶ ἄριστοι
ἔσαν, μέμασαν δὲ μάλιστα
89 οἳ πλεῖστοι καὶ ἄριστοι
ἔσαν, μέμασαν δὲ μάλιστα
198 τεῖχός τε ῥήξειν καὶ ἐνιπρήσειν
πυρὶ νῆας,
90 τεῖχος ῥηξάμενοι κοίλῃς
ἐπὶ νηυσὶ μάχεσθαι.
[14] οἵ ῥ᾽
del verso 199 è antecedente della proposizione relativa οἳ [...] ἕποντο di 196,
cui viene ‘appesa’ una seconda proposizione relativa in 197-8.
[15] Si veda
8.247 sgg. e 24.314 sgg.
[16] Ecco
ora il secondo dei quattro discorsi di Polidamante: si veda la nota al verso
12.60. L’atteggiamento di Ettore è abbastanza inspiegabile, alla luce dei versi
80 sgg. dopo il precedente discorso dell’eroe: tale atteggiamento riflette
comunque i ruoli tradizionali dei due eroi. E l’eroismo viene accentuato se
all’eroe viene data l’opportunità di agire in modo non eroico, e rifiuta di
farlo, anche se in questo caso il rifiuto ha toni anche troppo accesi, da ὕβρις.
In 211 ἀεὶ […] ἐπιπλήσσεις è un’allusione al ruolo di consigliere prudente,
probabilmente nella tradizione, di Polidamante nella saga troiana. Polidamante
non ha ruolo nell’Iliade prima di questo libro, ed il suo precedente intervento
in (61-79) era stato apprezzato e gradito.
[17] Qui οὐδὲ
μὲν οὐδὲ è enfatico, e l’intera frase ἐπεὶ οὐδὲ μὲν οὐδὲ ἔοικε è formulare, e
la ritroviamo in Odissea 21.319.
[18] Vedi il
plebs eris (cioè unus e plebe, un plebeo) di Orazio, Epist. 1.1.59.
[19] Si veda
in 9.103 e 9.314: αὐτὰρ ἐγὼν ἐρέω ὥς μοι δοκεῖ εἶναι ἄριστα.
[20] Si veda
12.200. Quindi 12.219-20 = 12.201-2.
[21] Qui ναῦφιν
è un interessante arcaismo, che preserva la funzione plurale di -φι e conserva
il dittongo -αυ- perché la forma era sconosciuta al vernacolo ionico. Il caso
oscilla, come al solito con -φι, tra i genitivo ed il dativo. ναῦφι si
riferisce sempre alle navi dell’accampamento acheo, e mantiene questo
significato anche nell’unica occorrenze dell’Odissea (14.498).
[22] I versi
231-4 corrispondono, con un minore aggiustamento, ai versi 7.357-60, la
risposta di Alessandro ad Antenore come parte del suo rifiuto di restituire
Elena. Il discorso in 231-50 è significativo, e ben caratterizza Ettore. Ettore
ignorerà ancora un presagio in 13.821-32. Per quato riguarda l’atteggiamento
‘spensierato’, o fatalistico, di Ettore di fronte alla guerra, ed il suo
disprezzo della divinazione, si vedano le sue parole al moerente Patroclo, in
(16.859-61). Il verso 231 è uguale a 18.285, dove Ettore rifiuta il consiglio
di Polidamante su una cosa ben più seria.
[23] Ettore
qui si riferisce al messaggio che gli ha riferito Iris in 11.200-9, e secondo
il quale egli potrebbe raggiungere le navi e risultare vittorioso fino a che
non cadrà la notte.
[24] Qui τύνη
è un pronome enfatico di seconda persona singolare, che si trova 5x volte
nell’Iliade (5.485, 6.262, 16.64, 19.10, 24.465): del tutto assente
nell’Odissea, compare però 3x volte in Eriodo. Amato anche da Apollonio Rodio,
che lo usa 8x volte nelle Argonautiche. Secondo Wathelet, Traits éoliens, 286-7, la forma è un probabile eolismo, o un
arcaismo veramente antico.
[25] Si veda
5.267.
[26] Si veda
12.142. Il verso è formulare, e si ripete in 15.496, 24.500. In 15.497-8, la
difesa della πάτρῃ viene giustificata in termini della difesa di ἄλοχος, παῖδες,
οἶκος e κλῆρος, ma là Ettora sta esortando i Troiani di rango inferiore, e i
generali devono fare appello all’interesse personale dei propri uomini, non
solo ad un senso generico di altruismo ed obbligo sociale. In effetti, se
vogliamo, per Ettore οἶκος è la stessa Troia.
[27] Le
raffinate parole di Ettore rappresentano un discorso eroico e memorabile,
appropriato sia al suo ruolo drammatico che al tragico momento. Ettore si
affida, come crede, alla promessa che Zeus gli ha fatto in 11.207-10, ma per
una mente pia le sue parole costituiscono in un certo senso una fatale
delusione. Nella tragedia, il disprezzo degli oracoli è sicuro precursore di
rovina. In generale, comunque, l’epica assume una visione razionale, accettando
i presagi come una conferma o un freno a decisioni che sono già state prese, ma
non si permette ai presagi di decidere un’azione.
Il senso della frase può essere: c’è solo un presagio
che conta, quello che dice di combattere per la patria.
[28] Si veda
4.538.
[29] Si manifesta qui in Ettore il nuovo
ideale della patria : si vedano altri esempi in 15.496 o 24.500. È
l’ideale di una comunità politica cui tutti i cittadini devono sottomissione ed
obbedienza.Tutti i principali eroi combattono solo per la gloria personale o
familiare, che coincide con l’approvazione pubblica ed i benefici ch’essa
comporta. Si vedano le parole di Sarpedone in 310-321.
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