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Saturday, April 22, 2017

Iliade - Libro Tredicesimo - vv. 81-154 - Poseidone interviene negli eventi bellici: prima parte. Ettore respinto dalla 'falange' achea.


81
81        ὣς οἳ μὲν τοιαῦτα πρὸς ἀλλήλους ἀγόρευον[1]
Così costoro dicevano (da ἀγορεύω) l’un l’altro queste cose tra di loro questi discorsi
82        χάρμῃ γηθόσυνοι, τήν σφιν θεὸς ἔμβαλε θυμῷ:
felici (da γηθόσυνος , η, ον , col dativo della causa) per l’ardore bellico (da χάρμη , ἡ), che il dio metteva, ispirava (da ἐμβάλλω , con il dativo del luogo), loro nel cuore;
83        τόφρα δὲ τοὺς ὄπιθεν γαιήοχος ὦρσεν Ἀχαιούς[2],
dietro (da ὄπισθεν, da collegare con il verbo piuttosto che con l’articolo (Leaf)), nel frattempo, colui che avvolge, che tiene la terra, incita (da ὄρνυμι) gli Achei,
84        οἳ παρὰ νηυσὶ θοῇσιν ἀνέψυχον φίλον ἦτορ.
che rinfrancavano, ristoravano (da ἀναψύχω), il loro cuore presso le navi veloci;
85        τῶν ῥ᾽ ἅμα τ᾽ ἀργαλέῳ καμάτῳ φίλα[3] γυῖα λέλυντο,
Con (da ἅμα , con il dativo) la tremenda (da ἀργαλέος , α, ον) fatica (da κάματος, ὁ), di questi le membra si erano sciolte (da λύω),
86        καί σφιν ἄχος κατὰ θυμὸν ἐγίγνετο δερκομένοισι
ed essi provavano (da γίγνομαι, “ad essi era”, quindi “avevano”, “provavano”) nel cuore pena, tormento (da ἄχος , εος, τό, in Omero sempre una pena dello spirito), vedendo chiaramente, osservando (da δέρκομαι, con l’acc. dell’oggetto)
87        Τρῶας, τοὶ μέγα τεῖχος ὑπερκατέβησαν ὁμίλῳ[4].
i Troiani, che in massa, in folla (da ὅμιλος , ὁ) avevano superato, scavalcato (da ὑπερκαταβαίνω), il possente, alto muro.
88        τοὺς οἵ γ᾽ εἰσορόωντες ὑπ᾽ ὀφρύσι δάκρυα λεῖβον:
Questi vedendoli, al solo vederli (da εἰσοράω), versavano (da λείβω) lacrime sugli occhi, dagli occhi (da ὀφρύς , ύος , ἡ , “ciglio, sopracciglio”, ma qui si traduce “occhio” o “palpebra”)
89        οὐ γὰρ ἔφαν φεύξεσθαι ὑπ᾽ ἐκ κακοῦ: ἀλλ᾽ ἐνοσίχθων
infatti non dicevano, non pensavano (da φημί , assumendo che quello che si dice sia quello che si pensa), di riuscire a sfuggire al (da ὑπέκ , prima di vocale ὑπέξ , (ὑπό, ἐκ) prep. epica con il genitivo) danno, al disastro; ma lo scuotitore della terra
90        ῥεῖα μετεισάμενος κρατερὰς ὄτρυνε φάλαγγας.
facilmente, andando in mezzo (da μέτειμι), incitava, rincuorava (da ὀτρύνω), le schiere forti, dei forti (da κρατερός , ά, όν).
Paragone


È una situazione disperata e Poseidone ha bisogno di toccare tutte le possibili corde dei sentimenti; ed avendo assunto l’aspetto di Calcante egli può far questo con reale autorità. Quindi fa appello al senso di vergogna dei Greci (95), alla sua fiducia in loro (95 sg.), alla loro paura della sconfitta (96 sg.), al suo turbamento per quanto è successo (99 sg.), alla disgrazie per loro per essere battuti in questo modo da un nemico così vigliacco (101 sgg.). è vergognoso, come egli sta mettendo in evidenza, che essi non vogliano difendere le navi per ripicca per come Agamennone ha trattato Achille (107-114); questo riconosce la rabbia dell’esercito, ma devia tale rabbia attribuendo al loro comandante la responsabilità del disastro, ed abilmente evita ogni accenno al fatto che i Greci siano ora troppo malconci per resistere. Il dio gioca sul loro orgoglio nel loro valore, la sua rabbia nei loro confronti se tradiscono questo valore, e la loro paura che di peggio possa accadere se si lasceranno andare, se cederanno (115-22); Ettore è ora presso le navi (123 sg.). Riassumenre eventi che sono a tutti noti è tipico delle esortazioni, e il suo scopo è quello di dare una scossa alle truppe e riportarli alla consapevolezza dei fatti e quindi all’azione. Il dio martella per ben sei volte su questo tema della fiacchezza, tipico delle esortazioni (cfr. Callino, Tirteo, e il suo stesso discorso in 14.364). Egli menziona per ben cinque volte le navi. Il suo discorso è articolato in due parti, con una composizione ad anello e ἀλλά in 111 segna in modo appena marcato la metà. La prima metà, dopo un appello iniziale, fissa i fatti relativi al disastro, mentre la seconda, piena di rimproveri, termina con una ripresa dell’appello:
I.                     A     Appello alla αἰδώς (95 sg.).
B     Alla fiacchezza seguirà la sconfitta (97 sg.).
C     I Troiani, inizialmente codardi, sono ora giunti alle nostre navi (99-107).
D     A causa di un errore del nostro comandante e della fiacchezza dell’esercito (108-110).
II.                   D’    Ma l’errore del nostro comandante non è scusa per la vostra fiacchezza (111-117).
C’    Io non rimprovererei un codardo, ma rimprovero voi (117-119).
B’    Alla fiacchezza seguirà il disastro (120 sg.).
A’    Appello alla αἰδώς e alla nemesi (121-124).


Questa esortazione di Poseidone è stata ammirata nel passato (bT), mentre altri critici come Leaf la consideravano tautologica ed inadeguata alla sua collocazione. Gli Anallitici in particolare hanno provato (Leaf, Wilamowitz per esempio) a distinguere i due o più originali discorsi presumibilmente combinati in questo lungo discorso del dio. Ma con risultati divergenti.

81
91        Τεῦκρον ἔπι πρῶτον καὶ Λήϊτον ἦλθε κελεύων[5]
Si avvicina (da ἐπέρχομαι, con l’accusativo della persona) incitando (da κελεύω) a Teucro per primo e a Leito,
92        Πηνέλεών θ᾽ ἥρωα Θόαντά τε Δηΐπυρόν τε
e all’eroe Peneleo e a Toante e a Deipiro
93        Μηριόνην τε καὶ Ἀντίλοχον μήστωρας ἀϋτῆς:
e a Merione ed Antiloco maestri (da μήστωρ , ωρος , ὁ, (μήδομαι)) di guerra (da ἀϋτή , ῆς , ἡ: “grido di guerra; tumulto”, ma anche “guerra; battaglia; combattimento”);
94        τοὺς ὅ γ᾽ ἐποτρύνων ἔπεα πτερόεντα προσηύδα:
ed egli esortandoli (da ἐποτρύνω) diceva parole che volano:
95        ‘ αἰδὼς Ἀργεῖοι[6], κοῦροι νέοι[7]:
« Vergogna (da αἰδώς , όος, contr. οῦς, η), Argivi, giovani ragazzi (da νέος , νέα, Ion. νέη, νέον; Ion. νεῖος),
95        ὔμμιν ἔγωγε
96        μαρναμένοισι πέποιθα σαωσέμεναι νέας ἁμάς:
io ho fiducia (da πείθω, con il dativo della persona) in voi, che state combattendo (da μάρναμαι), che salverete le nostre (da ἁμός o ἀμός , ή, όν , = ἡμέτερος) navi;
97        εἰ δ᾽ ὑμεῖς πολέμοιο μεθήσετε λευγαλέοιο,
se voi cesserete, deporrete, abbandonerete (da μεθίημι, con il genitivo), la guerra luttuosa, infausta, tremenda (da λευγαλέος , α, ον, (v. λυγρός)),
98        νῦν δὴ εἴδεται ἦμαρ ὑπὸ Τρώεσσι δαμῆναι[8].
ora compare, si vede (da εἴδομαι), il giorno dell’essere soggiogati (da δαμάζω) sotto i Troiani.
99        ὢ πόποι ἦ μέγα θαῦμα τόδ᾽ ὀφθαλμοῖσιν ὁρῶμαι
PARAGONE à Ohimè, certamente (è) una grande meraviglia questa che vedo (da ὁράω, il medio usato poet. come attivo) con i (miei) occhi,
100       δεινόν, ὃ οὔ ποτ᾽ ἔγωγε τελευτήσεσθαι ἔφασκον,
terribile, che mai io pensavo, credevo (da φάσκω), che sarebbe stata compiuta (da τελευτάω, passivo e medio sempre in senso passivo),
101       Τρῶας ἐφ᾽ ἡμετέρας ἰέναι νέας, οἳ τὸ πάρος περ
che i Troiani giungessero alle nostre navi, (loro) che in realtà, invece, prima (da πάρος , qui con articolo: costruzioni come τὸ π. γε, τὸ π. περ),
102       φυζακινῇς[9] ἐλάφοισιν ἐοίκεσαν, αἵ τε καθ᾽ ὕλην
erano simili (da ἔοικα, con dativo) a cerve (da ἔλαφος , ὁ ed ἡ, sia il maschio che la femmina) timide, pronte alla fuga (da φυζακινός , ή, όν), che attraverso la selva
103       θώων παρδαλίων τε λύκων τ᾽ ἤϊα πέλονται
di sciacalli (da θώς , θωός, ὁ, anche ἡ), pantere (da πάρδαλις o πόρδαλις , ἡ, gen. εως, Ep. e Ion. Ιος) e lupi (da λύκος , ὁ) sono (da πέλω e πέλομαι) cibo, preda (da ἤια , ων , τά contr. ᾖα),
104       αὔτως ἠλάσκουσαι ἀνάλκιδες, οὐδ᾽ ἔπι χάρμη:
che così vagano (da ἠλάσκω , part. pres.) deboli, spaurite (da ἄναλκις , ιδος, ὁ, ἡ), e non c’è (da ἔπι, per ἔπεστι o ἔπεισι) lotta (da χάρμη , ἡ);
105       ὣς Τρῶες τὸ πρίν γε μένος καὶ χεῖρας Ἀχαιῶν
così prima i Troiani la forza, l’impete (da μένος , εος, τό), e le braccia, i colpi (da χείρ , ἡ), degli Achei
106       μίμνειν οὐκ ἐθέλεσκον ἐναντίον, οὐδ᾽ ἠβαιόν:
non volevano, non erano capaci (da ἐθέλω, con neg. ha il senso di δύναμαι,), di attendere a piè fermo (da μίμνω), faccia a faccia, neppure per poco (da ἠβαιός , ά, όν, lon. per βαιός).
107       νῦν δὲ ἑκὰς πόλιος κοίλῃς ἐπὶ νηυσὶ μάχονται
ora invece lontano (da ἑκάς , preposizione con il genitivo) dalla città, vicino alle concave navi, combattono
108       ἡγεμόνος κακότητι μεθημοσύνῃσί[10] τε λαῶν,
per l’iniquità, la viltà (da κακότης , ητος, ἡ, (κακός): piuttosto incompetenza, secondo Leaf), del comandante e la fiacchezza (da μεθημοσύνη , ἡ) dell’esercito,
109       οἳ κείνῳ ἐρίσαντες ἀμυνέμεν οὐκ ἐθέλουσι
che, in disaccordo (da ἐρίζω, con il dativo) con lui, non vuole difendere (da ἀμύνω, con il genitivo della cosa: la costruzione completa – nel significato di “tenere lontana, deviare, una minaccia da” - vede di regola la minaccia, cosa o persona, all’accusativo e la cosa cosa protetta al genitivo, che mostra chiaramente il senso ablativale del genitivo, come in 4.11, 12.403)
110       νηῶν ὠκυπόρων, ἀλλὰ κτείνονται ἀν᾽ αὐτάς.
le navi veloci, ma si lascia uccidere, sterminare (da κτείνω), di fianco ad esse.
111       ἀλλ᾽ εἰ δὴ καὶ πάμπαν ἐτήτυμον αἴτιός ἐστιν
Ma se anche è veramente (da ἐτήτυμος , ον, poet. raddopp. per ἔτυμος, al neutro come avverbio) del tutto colpevole, responsabile (da αἴτιος , α, ον),
112       ἥρως Ἀτρεΐδης εὐρὺ κρείων Ἀγαμέμνων[11]
l’eroe figlio di Atreo, il molto potente Agamennone,
113       οὕνεκ᾽ ἀπητίμησε ποδώκεα Πηλεΐωνα,
perché grandemente disonorò (da ἀπατιμάω, intensifica ἀτιμάω) il figlio di Peleo dal piede veloce,
114       ἡμέας γ᾽ οὔ πως ἔστι μεθιέμεναι πολέμοιο[12].
non è assolutamente possibile che noi abbandoniamo (da μεθίημι, con il genitivo) la guerra.
115       ἀλλ᾽ ἀκεώμεθα θᾶσσον: ἀκεσταί τοι φρένες ἐσθλῶν.[13]
Anzi, rimediamo, facciamo ammenda (da ἀκέομαι) più rapidamente; certo i cuori degli (uomini) valorosi (da ἐσθλός , ή, όν) ammettono riparazione (da ἀκεστός , ή, όν, è hapax legomenon in Omero, ma il suo senso si può interpretare da un altro uso metaforico di φρένες ἐσθλῶν in 15.203).
116       ὑμεῖς δ᾽ οὐκ ἔτι καλὰ μεθίετε θούριδος ἀλκῆς[14]
E voi non più, giustamente, in modo giusto (da καλός , ή, όν, il neutro pl. utilizzato come avverbio), desistete (da μεθίημι, con il gen. della cosa) dalla forza (da ἀλκή , ἡ) impetuosa (da θοῦρις , ιδος, ἡ, femm. di θοῦρος , ον, (θρῴσκω): che spinge alla battaglia),
117       πάντες ἄριστοι ἐόντες ἀνὰ στρατόν. οὐδ᾽ ἂν ἔγωγε
voi che siete tutti i migliori nell’esercito. Né io
118       ἀνδρὶ μαχεσσαίμην ὅς τις πολέμοιο μεθείη
disputerei, sarei in disaccordo (da μάχομαι, con il dativo della persona), con un uomo, chiunque abbandoni il combattimento
119       λυγρὸς ἐών: ὑμῖν δὲ νεμεσσῶμαι περὶ κῆρι.
essendo (un uomo) piccolo, vile, malvagio (da λυγρός , ά, όν); ma verso di voi, nei vostri confronti, provo un giusto risentimento, giusta ira (da νεμεσάω , νεμεσσάω , usato da Omero, ed Esiodo, nella forma contratta: νεμεσῶ etc.), con tutto il cuore (da κῆρ , τό , il dativo κῆρι come avverbio, “di cuore”, ma περὶ κ. come forma rafforzata, cfr. 13.430).
120       ὦ πέπονες[15] τάχα δή τι κακὸν ποιήσετε μεῖζον
Miei cari (da πέπων , ον, gen. ονος: usato metaforicamente in Omero, più nell’Illiade che nell’Odissea, per rivolgersi ad una persona, con affetto o familiarità), presto farete qualcosa di male, di più grande,
121       τῇδε μεθημοσύνῃ: ἀλλ᾽ ἐν φρεσὶ θέσθε ἕκαστος
con questa fiacchezza: ciascuno invece nell’animo si metta
122       αἰδῶ καὶ νέμεσιν[16]: δὴ γὰρ μέγα νεῖκος ὄρωρεν.
vergogna (da αἰδώς , όος, contr. οῦς, η) e biasimo (da νέμεσις , εως, ἡ): è infatti sorta (da ὄρνυμι) una grande, tremenda lotta (da νεῖκος , εος, τό).
123       Ἕκτωρ δὴ παρὰ νηυσὶ βοὴν ἀγαθὸς πολεμίζει
Ettore, possente nel grido di guerra, combatte presso le navi,
124       καρτερός, ἔρρηξεν δὲ πύλας καὶ μακρὸν ὀχῆα[17] ’.
potente, gagliardo (da καρτερός , ά, όν), ha sfondato (da ῥήγνυμι) la porta e la grande spranga ».
Paragone

La rivolta degli uomini
111
ἀλλ᾽ εἰ δὴ καὶ πάμπαν ἐτήτυμον αἴτιός ἐστιν
ἥρως Ἀτρεΐδης εὐρὺ κρείων Ἀγαμέμνων
οὕνεκ᾽ ἀπητίμησε ποδώκεα Πηλεΐωνα,
ἡμέας γ᾽ οὔ πως ἔστι μεθιέμεναι πολέμοιο.

Ché se davvero è del tutto colpevole
L’eroe Atride, il molto potente Agamennone,
d’aver ingiuriato il rapido piede Pelide,
non è giusto che noi abbandoniamo la lotta.
Citazione

I versi 126-135 vengono spesso considerati come una descrizione interpolata, o nel migliore dei casi problematica, descrizione della tattica oplitica nella quale, diversamente dagli sparpagliati duelli  tra campioni, formazioni organizzate combattono ravvicinate, a corto raggio. Si veda G. S. Kirk, The Songs of Homer, pagg. 186-188. C’è un passaggio simile in 16.211-217 (215-217 = 131-133 qui). Latacz mostra che questi versi descrivono non una falange oplitica, ma una formazione particolarmente compatta impiegata per caricare in attacchi in massa o, come qui, per arrestare una carica nemica; il poeta dà qui per scontato lo schieramento più sciolto, più libero, delle formazioni di massa che combattono le battaglie omeriche. Poseidone insiste affichè le schiere siano καρτεραί (90, cfr. 126 sg., 5.591 sg.); Ettore e i suoi uomini sono fermati πυνικα φάλαγγες (145), nelle quali in Greci si sono disposti ‘come una torre’, ‘a mo’ di torre’, πυργηδὸν. L’immagine è esemplificata in 16.212 sg. mediate quella della costruzione di un muro, pietra su pietra. In 15.567 sg. e 17.354 sg. formazioni compatte respingono, contengono il nemico (φράσσω): le linee di portatori di lancia evocano una recinzione come quella di Eumeo, con pietre accostate e rovi sulla sommità, e con paletti di fronte (Od. 14.10-12). Gli studiosi classici di tattica chiamano questa disposizione synaspismos, συνασπισμός, disporre gli scudi  (così anche T): cfr. Polibio 12.21.3, 18.29.6, e Diodoro 16.3.2.

125
125       ὥς ῥα κελευτιόων γαιήοχος ὦρσεν Ἀχαιούς.
In questo modo, continuamente spronando (da κελευτιάω), colui che avvolge, che tiene la terra, incita (da ὄρνυμι) gli Achei.
126       ἀμφὶ δ᾽ ἄρ᾽ Αἴαντας δοιοὺς ἵσταντο φάλαγγες
Intorno ai due (da δοιοί , αί, ά, Ep. per δύο) Aiaci le falangi stavano, si serravano,
127       καρτεραί, ἃς οὔτ᾽ ἄν κεν Ἄρης ὀνόσαιτο μετελθὼν[18]
forti, salde, che neppure Ares avrebbe preso alla leggera, disprezzato (da ὄνομαι), l’azione un uomo che fosse giunto, che fosse capitato,
128       οὔτε κ᾽ Ἀθηναίη λαοσσόος: οἳ γὰρ ἄριστοι
e neppure Atena che spinge, solleva gli eserciti (da λαοσσόος , ον, (σεύω)); questi infatti, i migliori,
129       κρινθέντες Τρῶάς τε καὶ Ἕκτορα δῖον ἔμιμνον,
scelti con cura (da κρίνω), affrontavano, attendevano a piè fermo (da μίμνω, con l’accusativo), i Troiani ed Ettore divino,
130       φράξαντες δόρυ δουρί, σάκος σάκεϊ προθελύμνῳ[19]:
serrando, affiancando, unendo, disponendo come una barriera (da φράσσω), lancia contro lancia, scudo contro scudo, a partire da terra, a file sovrapposte (da προθέλυμνος , ον, (θέλυμνον));
131       ἀσπὶς ἄρ᾽ ἀσπίδ᾽ ἔρειδε, κόρυς κόρυν, ἀνέρα δ᾽ ἀνήρ:
lo scudo così supportava (da ἐρείδω, con l’accusativo) lo scudo, l’elmo (supportava) l’elmo, l’uomo (supportava) l’uomo;
132       ψαῦον δ᾽ ἱππόκομοι κόρυθες λαμπροῖσι φάλοισι[20]
gli elmi dalla chioma equina, dalla criniera equina (da ἱππόκομος, ον (κόμη)), si toccavano (da ψαύω, seguito dal dativo strumentale λαμπροῖσι φάλοισι) con gli splendenti, brillanti cimieri (da φάλος , ὁ)

133       νευόντων, ὡς πυκνοὶ ἐφέστασαν ἀλλήλοισιν:
di coloro che si piegavano in tutte le direzioni (da νεύω), a tal punto si erano accostati (da ἐφίστημι) serrati, vicini (da πυκνός , ή, όν, poet. anche πυκινός , ή, όν, entrambe nell’epica), gli uni agli altri;
134       ἔγχεα δ᾽ ἐπτύσσοντο[21] θρασειάων ἀπὸ χειρῶν
le lance erano in massa confusa (da πτύσσω), da mani intrepide (da θρασύς , εῖα, ύ, femm. θρασέα, per ragioni metriche)
135       σειόμεν᾽: οἳ δ᾽ ἰθὺς φρόνεον, μέμασαν δὲ μάχεσθαι.
scosse, agitate (da σείω); quelli erano concentrati, puntavano (da φρονέω), dritto in avanti, erano bramosi di combattere.
Le file serrate, compatte (falange)
130
φράξαντες δόρυ δουρί, σάκος σάκεϊ προθελύμνῳ:
ἀσπὶς ἄρ᾽ ἀσπίδ᾽ ἔρειδε, κόρυς κόρυν, ἀνέρα δ᾽ ἀνήρ:
ψαῦον δ᾽ ἱππόκομοι κόρυθες λαμπροῖσι φάλοισι
νευόντων, ὡς πυκνοὶ ἐφέστασαν ἀλλήλοισιν:
ἔγχεα δ᾽ ἐπτύσσοντο θρασειάων ἀπὸ χειρῶν
σειόμεν᾽: οἳ δ᾽ ἰθὺς φρόνεον, μέμασαν δὲ μάχεσθαι.

Serrando lancia a lancia e targa a solida targa,
scudo toccava scudo, elmo elmo, uomo uomo;
gli elmi coda equina si scontravano coi cimieri splendenti
al loro chinarsi, tanto gli uni agli altri si strinsero;
oblique stavan le lance da mani audaci impugnate,
vibrando: essi guardavano avanti, bramavano combattere.
Citazione
136
136       Τρῶες δὲ προὔτυψαν ἀολλέες, ἦρχε δ᾽ ἄρ᾽ Ἕκτωρ
PARAGONE à I Troiani irrompono, si lanciano in avanti (da προτύπτω), tutti insieme, in massa compatta (da ἀολλής , ές), li guidava, era primo (da ἄρχω), Ettore
137       ἀντικρὺ μεμαώς, ὀλοοίτροχος ὣς ἀπὸ πέτρης,
determinato, bramoso (da μεμαώς, μ́αω), in avanti, come una pietra, un macigno (da ὀλοοίτροχος, ὁ, forma epica allungata per ὁλοίτροχος) da una rupe,
138       ὅν τε κατὰ στεφάνης ποταμὸς χειμάρροος[22] ὤσῃ
che un fiume impetuoso, tempestoso, che scorre d’inverno (da χειμάρρους, ουν), giù da una cresta, dal ciglio di un colle (da στεφάνη , ἡ), abbia spinto (da ὠθέω),
139       ῥήξας ἀσπέτῳ ὄμβρῳ ἀναιδέος[23] ἔχματα πέτρης:
dopo aver rotto, spezzato (da ῥήγνυμι), con continue, indicibili (da ἄσπετος , ον), pioggie (da ὄμβρος , ὁ) gli impedimenti, gli ancoraggi (da ἔχμα , ατος, τό, (ἔχω)), del masso (da πέτρα , Ion. ed Ep. πέτρη , ἡ) duro, spietato, sfrontato, senza vergogna (da ἀναιδής , ές, (αἰδώς));
140       ὕψι δ᾽ ἀναθρῴσκων πέτεται, κτυπέει δέ θ᾽ ὑπ᾽ αὐτοῦ
dall’alto (da ὕψι, avverbio) saltando, rotolando (da ἀναθρῴσκω), vola (da πέτομαι), e sotto di esso rimbomba (da κτυπέω)
141       ὕλη: ὃ δ᾽ ἀσφαλέως θέει ἔμπεδον[24], εἷος ἵκηται
la selva; questo corre, rotola (da θέω), inarrestabilmente, senza freno (da ἀσφαλής , ές), continuamente, senza posa, finchè (da εἷος , antica forma epica di ἕως) raggiunge (da ἱκνέομαι)
142       ἰσόπεδον, τότε δ᾽ οὔ τι κυλίνδεται ἐσσύμενός περ:
il piano (da ἰσόπεδον , τό), allora non rotola, non precipita (da κυλίνδω), nonostante sia stato spinto (da ἐσσύμενος , η, ον, part. pass. Ep. e Lyr. di σεύω);
143       ὣς Ἕκτωρ εἷος μὲν ἀπείλει μέχρι θαλάσσης
allo stesso modo Ettore per un po’ (da εἷος = τέως) minacciava (da ἀπειλέω, raramente esprime minacce non verbali) fino al mare
144       ῥέα διελεύσεσθαι κλισίας καὶ νῆας Ἀχαιῶν
facilmente, senza fatica di passare attraverso (da διέρχομαι, con l’accusativo) le tende e le navi degli Achei
145       κτείνων[25]: ἀλλ᾽ ὅτε δὴ πυκινῇς ἐνέκυρσε φάλαγξι
facendo strage; ma quando si scontrò con, si trovoò di fronte a (da ἐγκύρω, con il dativo), le compatte falangi, schiere (da φάλαγξ , αγγος, ἡ),
146       στῆ ῥα μάλ᾽ ἐγχριμφθείς: οἳ δ᾽ ἀντίοι υἷες Ἀχαιῶν
si fermò, si arrestò molto vicino, dopo essere giunto molto vicino (da ἐγχρίμπτω); loro invece, dalla parte opposta, di fronte, faccia a faccia (da ἀντίος , ία, ίον, (ἀντί)), i figli degli Achei,
147       νύσσοντες ξίφεσίν τε καὶ ἔγχεσιν ἀμφιγύοισιν[26]
colpendo, affondando (da νύσσω) con le spade (da ξίφος, εος, τό) e con le lance (da ἔγχος , εος, τό) flessibili ad entrambe le estremità (da ἀμφίγυος , ον)
148       ὦσαν ἀπὸ σφείων: ὃ δὲ χασσάμενος πελεμίχθη[27].
lo spinsero via, lo ricacciarono, riuscirono a ricacciarlo (da ὠθέω), via, lontano da sé; egli dunque indietreggianto, obbligato ad indietreggiare (da χάζω), viene allontanato, respinto dalla sua posizione (da πελεμίζω).
149       ἤϋσεν δὲ διαπρύσιον Τρώεσσι γεγωνώς:
poi grida forte (da αὔω) ai Troiani con voce penetrante (da διαπρύσιος , α, ον, come avverbio), in modo da farsi sentire (da γέγωνα, “mi faccio sentire gridando, mi faccio riconoscere gridando”, al participio perfetto, vedi anche i versi 11.275 e 8.223):
150       ‘ Τρῶες καὶ Λύκιοι καὶ Δάρδανοι ἀγχιμαχηταὶ
« O Troiani, Lici e Dardani combattenti corpo a corpo, combattivi (da ἀγχιμαχητής , οῦ, ὁ, = ἀγχέμαχος, solo al plurale),
151       παρμένετ᾽: οὔ τοι δηρὸν ἐμὲ σχήσουσιν Ἀχαιοὶ
resistete (da παραμένω)! Gli Achei, vi dico, non mi fermeranno, non mi tratterranno (da ἔχω), a lungo
152       καὶ μάλα πυργηδὸν σφέας αὐτοὺς ἀρτύναντες[28],
per quanto abbiano disposto, allineato (da ἀρτύνω), se stessi a mo’ di torre, a ranghi molto serrati (da πυργηδόν, rafforzato da μάλα),
153       ἀλλ᾽ ὀΐω χάσσονται ὑπ᾽ ἔγχεος, εἰ ἐτεόν με
ma - credo, presagisco (da οἴομαι) – dovranno ritirarsi, cedere, davanti alla (mia) lancia, se veramente me
154       ὦρσε θεῶν ὤριστος, ἐρίγδουπος πόσις Ἥρης ’.
ha spinto, ha eccitato il migliore (da ἄριστος , η, ον, ὤριστος = ὁ ἄριστος) tra gli dei, lo sposo tonante (da ἐρίγδουπος , ον, = ἐρίδουπος) di Era ».
Paragone

L’attacco viene respinto





[1] Il verso 81 è un verso standard impiegato per segnare uno spostamento ad una scena simultanea altrove (impiegato 24 volte in Omero, e precede τόφρα anche in Od. 23.288; come in Od. 24.203, viene aggiunto un secondo verso per riassume l’effetto di questa scena.
[2] A parte il verso 125, l’uso di γαιήοχος  non supportato da un altro epiteto è unico in 23 utilizzi epici; si veda ἐνοσίχθων utilizzato da solo in 89, 20.13, 20.405 and 4 volte nell’Odissea tra 46 usi epici.
[3] Qui φίλα γυῖα riprende la formula φίλον ἦτορ, nonostante la ripetizione. L’aggettivo riferito a γυῖα può non tradursi in quanto il possessivo è già reso dal genitivo del pronome dimostrativo τῶν.
[4] Si vada il verso 13.50.
[5] Poseidone incita uomini che si trovano a centro, e stanno affrontando lo sfondamento da parte di Ettore, e sulla sinistra. I comandanti delle unità che il dio visita sono elencati prima del suo discorso. Teucro si trova ora gli Aiaci, Leito e Penelo al centro dello schieramento, con i Locri ed i Beoti; Toante è al comando degli Etoli. Lo sconosciuto Deipiro, che vediamo anche con Merione ed Afareo in 478 sg. e 9.83, viene ucciso sulla sinistra in 576; Merione, sulla sinistra, comanda i Cretesi; un altro giovane guerriero, Antiloco, aiuta a guidare i Pili, un’unità al centro dello schieramento. Queste nude liste possono contenere sei nomi, come in 5.705, sette (21.209), otto (8.274) o nove (11.301, 16.415, 16.694), il massimo che la maggior parte degli uditori potevano tollerare.
[6] Si veda l’nizio della rampogna di Era agli Argivi in 5.787 (con relativa nota); e quella di Agamennone, sempre agli Argivi, in 8.228.
[7] κοῦροι νέοι viene cosiderata da alcuni critici come un’espressione che esprime considerazione per il valore dei giovani Achei, qualcosa come “giovani uomini di valore”. Ma l’analogia con 5.787 mostra chiaramente che si tratta di una espressione di disprezzo, “giovani ragazzi”, “giovinastri”, come παῖδες νεαροί in 2.289. “Il termine κοῦρος non implica nobiltà di nascita o valore, ed è anche utilizzata per i bambini, e.g. in 6.59.
[8] ὑπὸ Τρώεσσι δαμῆναι compare solo qui e al verso 688: per dirlo con Kirk, “it is striking how often a phrase clusters in a limited portion of the epic and then vanishes, as if the poet recalled it for a while and then forgot it”.
[9] La forma φυζακιν̂ηις è una forma curiosa che compare solo qui: φύζα implica fuga in preda a terrore, panico. Si veda 9.2.
[10] Μεθημοσύνη ricorre in greco solo al verso 121; il termine è stato probabilmente coniato per questo passaggio, così come συνημοσύνη in 22.261, dal momento che il suffisso –(μο)σύνη è produttivo in Ionico. Si veda P. Chantraine, La formation des noms en grec ancien, 210-213.
[11] Agamennone ammette in privato di essere αἴτιος (9.116), ma lo nega in pubblico (19.86). L’osservazione critica di Poseidone è espressa con molta attenzione e rispetto: il re potrebbe non essere totalmente responsabile. Il verso onorifico 112 – formulare – conferma e tiene alta la dignità del re: si veda 1.102, 7.322; ma cfr. le parole di Achille in 1.355 sg.) Le formule in 112 sg riflettono la sostanza della disputa: Agamennone è definito dalla sua autorità, Achille dasl valore marziale.
[12] Si veda il verso 97. Solo in questo punto, e in 14.49-51, si accenna a questo tema dell’insubordinazione dell’esercito: quest’ultimo farebbe infatti causa comune con Achille e non seguirebbe più Agamennone.
[13] Con riferimento alla situazione che si è creata: rimediamo a questo stato di cose, gli uomini forti possono comprendere l’errore e rimediare. Oppure con riferimento al proprio atteggiamento: guariamo da questo atteggiamento, i cuori dei forti possono guarire.
[14] μεθίετε θούριδος ἀλκῆς ricorre per esempio in 12.409 e 4.234, θούριδος ἀλκῆς in altre formule, ma l’uso è per lo più con un imperativo.
[15] Friedländer considera il passo 120-125 come un discorso distinto: non ci sono però fondate ragioni per separare questi versi da quanto precede, se non per la piuttosto tautologica insistenza su μεθημοσύνη.
[16] Per apprezzare la forza dell’espressione αἰδῶ καὶ νέμεσιν si confronti ϝέμεσίν τε καὶ αἴσχεα πόλλ᾽ ἀνθρώπων, in 6.351. Anche 15.561, αἰδῶ θέσθ᾽ ἐνὶ θυμῶι. La forza del termine νέμεσις è mostrata in Od. 2.136, νέμεσις δέ μοι ἐξ ἀνθρώπων ἔσσεται, e Od. 22.40. Questo termine è in qualche modo ‘oggettivo’ ed esprime l’indignazione, giusta, che provano gli altri uomini. αἰδώς, invece, è un termine ‘soggettivo’ e indica la vergogna che prova il responsabile. Questo è chiaro nel participio αἰδομένων, in 15.563. L’intera frase, dunque, a differenza di 6.351, esprime entrambe gli aspetti delle conseguenze della viltà. αἰσχρός è termine affine ad αἰδώς, sebbene mai proposto.
[17] Si veda 12.291.
[18] Si veda 4.539.
[19] Il termine non è di chiara interpretazione: di veda l’uso in 10.15 e 9.541, ma nessuna interpretazione si adatta ai tre casi.
[20] Si veda 10.258 e la relativa nota. I φάλοι si trovano sulla parte frontale dell’elmo e si toccano tra di loro quando gli uomini piegano le loro teste. Si veda anche 12.384 e 22.314 sg. e gli epiteti in 5.743, 11.41. E 16.106. E qui ai versi 614 sg.
[21] Difficile spiegare come l’espressione δ᾽ ἐπτύσσοντο – o δ πτύσσοντο – possa adattarsi all’uso per delle lance. Il termine, con i suoi derivati, ha in Omero un ambito di significati molto limitato, essendo utilizzato nel senso letterare di piegare dei tessuti, con l’eccezione di πτύχες utilizzato per gli strati di uno scudo e gli avvallamenti di una collina dalla superficie corrugata. Diverse le spiegazioni proposte (si veda Leaf).
[22] Si veda 11.493, 5.88. Nello stesso contesto di un paragone anche 4.452.
[23] La pioggia sblocca e rimuove il masso creando un torrente, ma è il torrente a costituire la causa immediata. Per la roccia “senza vergogna”, si veda il λᾶας ἀναιδὴς in 4.521, e Od. 11.598, ed il “bronzo spietato”. C’è dello spirito nel simultaneo personificare un masso, negando allo stesso tempo che abbia sentienti umani di vergogna di fronte alla propria distruttività.
[24] Entrambe gli avverbi ἀσφαλέως ed ἔμπεδον hanno il significato di “stabilmente, fermamente”: forse anche qui abbiamo una nota di spirito in quanto la pietra sarà ferma solo una volta raggiunta la pianura.
[25] Si veda 9.652-653: ἐπί τε κλισίας καὶ νῆας ἱκέσθαι / κτείνοντ᾽ Ἀργείους.
[26] Il verso 1247 3 volte, e 2 volte con νυσσομένων. L’espressione ἔγχεσιν ἀμφιγύοισιν, che ricorre 8 volte in Omero, si ripete 6 volte nei libri 13-17, un chiaro caso di quello che con sintetica espressione anglosassone viene definito ‘phrase-clustering’. Il termine ἀμφίγυος in Omero è sempre epiteto di ἔγχος: termine oscuro ad Aristarco, deriva da *γυ-, radice con il significato di ‘piegare’ che troviamo ampiamente documentata in termini quali γυῖα, γύαλον, γυρός, γύης, ἀμφιγυήεις, e potrebbe dunque significare “curvo da entrambe i lati”, riferito ad una lama, ad una punta di lancia con forma a foglia. Oppure anche, “avente un γυῖον da entrambe le estremità”, cioè la punta da una parte ed un puntale (σαυρωτήρ) dall’altra. Ma non viene spiegato come il termine γυῖον, che viene appropriatamente utilizzato per le estremità flessibili, mani e piedi, possa essere utilizzato per la punta di una lancia, né come l’aggettivo che viene da questo derivato possa essere formato lasciando cadere la “ι”. Altri hanno appunto spiegato il termine con riferimento alla sola punta, nel senso che essa è “curvata su entrambe i lati”, i.e. che ha la forma a foglia; altri ancora come “a due mani”, nel senso che sarebbe impugnata, brandita con le due mani. Ma è ugualmente possibile che il termine faccia riferimento all’elasticità dell’asta, “che si piega alle due estremità”.
[27] Il verso 148 è formulare: si vedas 5.626, 4.535. Anche i versi seguenti sono formulari e ricorrono, individualmente, altrove.
[28] Si veda 12.43, οἳ δέ τε πυργηδὸν σφέας αὐτοὺς ἀρτύναντες.