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Wednesday, December 28, 2016

Iliade - Libro Dodicesimo- vv. 251-289 - L'attacco di Ettore.



L’attacco di Ettore

I versi 251-64, fino all’esortazione degli Aiaci, rappresentano un rimarchevole esempio di poesia epica dell’assedio, senza un parallelo nell’Iliade: l’ascoltatore/spettatore aveva certo il diritto di aspettarsi qualcosa di più dopo troppe scene duelli a base di tiri d’asta. La poesia di assedio ha naturalmente i suoi temi tipici ed un suo vocabolario, e questo passaggio ce ne fornisce un esempio. L’assedio è al centro delle vicende di Ecalia, di Tebe e di Calidone, e deve aver costituito gran parte dell’ἀοιδή fin dai tempi più antichi. Ci possiamo certo aspettare che essa abbia in qualche modo sviluppato uno stile ed un vocabolario ricco come quello che troviamo impiegato nella descrizione dei combattimenti in campo aperto nell’Iliade. Le scene di assedio hanno una parte notevole nel repertorio dell’arte micenea, ma nessuna delle opere che conosciamo getta luce sui problemi tecnici posti dall’attacco troiano al muro acheo, descritto nei versi che seguono.

Innanzitutto al verso 252 vediamo i Troiani attaccare in massa e con un terribile, altissimo grido di guerra: una scena simile l’abbiamo in 15.379-84, e anche qui si descrive un simile grido di guerra (ὣς Τρῶες μεγάλῃ ἰαχῇ κατὰ τεῖχος ἔβαινον, 384): nel libro 15 l’attacco in massa dei Troiani è paragonato ad una μέγα κῦμα θαλάσσης (381). A questo punto la forza di Ettore ha in qualche modo permesso agli uomini di passare la trincea che in precedenza aveva dato molto da pensare, ma non ci viene detto come abbiano fatto a superare quello che dapprima sembrava un ostacolo insormontabile. Questo è indicativo – ma indizi di questo tipo sono numerosi nel resto di questo libro – del fatto che l’infallibile scioltezza dimostrata dal poeta nella descrizione dei combattimenti in campo aperto non la ritroviamo nel contesto molto speciale del combattimento da, o contro, le fortificazioni.

Proseguendo dal verso 257, è evidente che un esercito che stia attaccando un muro può solo o scalarlo o squarciarlo, aprendo una breccia. Scalare il muro, a meno che il muro stesso abbia una certa inclinazione (si veda 16.702), oppure sia fabbricato in modo molto rudimentale, richiede delle scale, κλίμακες. E a meno che queste non siano ciò che vuole sgnificare il misterioso termine κρόσσας (258), uno strumento di questo tipo è assente dal racconto dell’assalto troiano, dal momento che l’obiettivo della forza che assalta viene espresso in modo coerente come τεῖχος ῥηγνύναι (12.90, 198, 223-4, 257, 261-2, 418, 440), “sfondare il muro, aprire una breccia nel muro”. Essi fanno ciò scalzando via, estraendo, tirando via con leve alcuni elementi chiave della struttura: στήλας […] ἐμόχλεον. Si tratta di un dettaglio che non viene ripreso in seguito, probabilmente perché i principali eroi non possono essere descritti mentre faticano come genieri alla base del muro. Oppure potrebbero demolire le merlature che proteggono le piettaforme di combattimento (397-9), dopo di che – nel presente racconto – gli uomini possono sciamare all’interno. Ma almeno in alcuni casi τεῖχος include le porte che sono state previste nel muro in quel settore: quindi al verso 443 la divisione che combatte con Ettore si lancia contro il τεῖχος, ed Ettore può abbattere, letteralmente sfasciare la porta con un masso. Il modo ‘professionale’ per compiere questa operazione sarebbe probabilmente luso di un ariete, incendiare la porta o farla a pezzi con delle asce, ma questo sarebbe un lavoro di gruppo, e non l’azione eroica di un singolo comandante; così il poeta fa raggiungere ad Ettore lo stesso scopo con un’azione solitaria degna di un superuomo, scagliando un gigantesco masso.

I pochi passi che, insieme ai versi 258-60, gettano un po’ di luce sulla natura del muro acheo, così come il poeta lo concepiva, sono: 7.436-41 (la costruzione del muro), 7.461-3 (la sua distruzione), 12.3-32 (la sua distruzione in dettaglio), 12.177-8, 12.397-9 (il suo danneggiamento), 15.361-4 (la sua parziale distruzione). Dal momento che lo scopo degli attaccanti è τεῖχος ῥηγνύναι, e la distruzione del muro mediante inondazione viene descritto come τεῖχος ἀμαλδύνειν (7.463, 12.18, 12.32), il poeta non poteva avere in mente le ciclopiche mura della cittadella di Micene, o utilizzare termini che si adattavano alla descrizione della stessa. Secondo le sue stesse parole, i materiali utilizzati per la costruzione del muro acheo erano φιτροί, cioè legna, tronchi d’albero (12.29), e λᾶες, pietre (12.29, 12.178), e nel racconto iliadico si tratta certo di una difesa improvvisata, realizzata in tutta fretta in un solo giorno. Possiamo confrontare la costruzione del muro greco con i lavori di costruzione portati a termine in due giorni e mezzo a Delio dall’esercito ateniese nel 424 a.C. (Tuc. 4.90). Un esercito meno timoroso di un attacco immediato avrebbe fatto come faranno i Greci del Peloponneso prima di Platea, nel 429 a.C. Allora vennero usati mattoni di fango, ricavando il materiale necessario dalla trincea scavata intorno alle mura, come leggiamo in Tuc. 2.78. τεῖχος ἀμαλδύνειν è una descrizione pertinente degli effetti dell’acqua su questo tipo di materiale. Omero concepisce però la trincea come separata dal muro (vedi 65-66) e dotata di propri bastioni, di proprie difese. Però le fondazioni importanti e la sovrastruttura che viene descritta in questi versi risulta più adatta alla cinta muraria permanente di una città che a un’opera improvvisata. Si confronti a titolo di esempio la descrizione delle mura di Scheria (Feaci) nell’Odissea, in 7.44-5.
Una descrizione di mura è un elemento necessario della poesia di assedio, ma opere realizzate sul campo di battaglia non figurano (a parte qui) nelle scene di battaglia dell’Iliade, e sembra mancare una appropriata terminologia per esse.
Si consideri per esempio il termine κρόσσαι (258),un termine ionico che ricorre nel greco più tardo. Era conosciuto da Erodoto e dai suoi informatori: si veda Storie 2.125, a proposito della descrizione della costruzione a gradini della Grande Piramide. Aristarco è incerto su questo punto. Ma se il termine deve riferirsi alle scale, allora πύργων deve essere interpretato come un genitivo dell’obiettivo, dello scopo, del bersaglio. Un sistema di scale per salire sulle mura sono una tattica utilizzata dagli eserciti del Vicino Oriente sin dai tempi più antichi, e dal punto di vista degli strumenti per l’assedio che un esercito ellenistico poteva utilizzare, sembra abbastanza ovvio, ma altrettanto ovviamente sembra qui fuori luogo: basta leggere in 375 e 397-9 il resoconto dell’attacco quasi riuscito di Sarpedone.
Il termine κρόσσαι potrebbe anche descrivere, in un modo che oggi è difficile immaginare, la costruzione del parapetto (κεφαλίδες in Aristarco): il composto πρόκροσσοι (14.35, e si veda Erodoto, 7.188) potrebbe significare “a scglioni, in file successive”, ma anche questo è poco chiaro. Lorimer suggerisce che alla sua base il muro greco avesse una forte inclinazione: questo è certo possibile, anche se il suo riferimento all’inclinazione, la fondazione – non più visibile nel primo millennio – che forma la parte che quasi da sola sopravvive del grande muro di Hissarlik VI no aiuta. La θεμείλια (28) – fondazione – di molte cinte murarie arcaiche o classiche si estende oltre la sovrastruttura, e ci si può camminare sopra. La sola altra menzione di questo elemento nell’Iliade, κροσσάων ἐπέβαινον (444), non aiuta a chiarirne il senso.
Quanto al termine ἐπάλξεις (258), queste sono opere di merlatura che danno al muro elevazione, e allo stesso tempo proteggono i difensori: devono essere immaginati da poeta come relativamente sottili, dal momento che Sarpedone può abbatterli con uno strappo del suo eroico braccio (397-9), in modo da creare una breccia praticabile, attraverso la quale gli uomini possono apssare. Si vedano gli abitanti di Platea in fuga in Tuc. 3.23.
Infine il termine στῆλαι προβλῆτες deve indicare un elemento verticale, di pietra o di legno (φιτροί, 29), necessario per mantenere in posizione questi materiali piuttosto improvvisati, oppure per supportare la sovrastruttura di un muro permanente. Non è chiaro perché debbano aggettare (forse come un contrafforte ?), a meno che il poeta non avesse in mente una qualche pratica architettonica che non ha lasciato alcuna traccia nell’archeologia.

251
251       ὣς ἄρα φωνήσας ἡγήσατο, τοὶ δ᾽ ἅμ᾽ ἕποντο
Così dunque dicendo andò avanti, prese il comando, la guida (da ἡγέομαι), e quelli seguivano insieme
252       ἠχῇ θεσπεσίῃ: ἐπὶ δὲ Ζεὺς τερπικέραυνος
in un frastuono (da ἠχή , ἡ: può anche trattarsi di un grido di guerra) terribile, disumano (da θεσπέσιος , α, ον); Zeus che si diletta del tuono (da τερπικέραυνος , ον)
253       ὦρσεν ἀπ᾽ Ἰδαίων ὀρέων ἀνέμοιο θύελλαν,
scatenò (da ἐπόρνυμι, in tmesi) dai monti dell’Ida una tempesta di vento,
254       ἥ ῥ᾽ ἰθὺς νηῶν κονίην φέρεν: αὐτὰρ Ἀχαιῶν
che portava, spingeva contro (da ἰθύς, meno frequentemente ἰθύ, come preposizione con il genitivo dell’oggetto) le navi un polverone (da κονία , Ion. ed Ep. κονιίη , ἡ, (κόνις)): così degli Achei
255       θέλγε νόον, Τρωσὶν δὲ καὶ Ἕκτορι κῦδος ὄπαζε.
raggirava, ingannava (da θέλγω), la mente, e ai Troiani e ad Ettore consegnava (da ὀπάζω) la gloria.
256       τοῦ περ δὴ τεράεσσι πεποιθότες ἠδὲ βίηφι[1]
Fidando nei suoi prodigi e nella (propria) forza
257       ῥήγνυσθαι μέγα τεῖχος Ἀχαιῶν πειρήτιζον.
tentavano (da πειρητίζω) di sfondare, di abbattere il grande muro degli Achei.
258       κρόσσας μὲν πύργων ἔρυον, καὶ ἔρειπον ἐπάλξεις,
Tiravano giù (da ἐρύω) le fortificazioni, le impalcature (da κρόσσαι , ῶν, αἱ), delle torri, e abbattevano (da ἐρείπω) le merlature (da ἔπαλξις , εως, ἡ, (ἐπαλέξω), per lo più al plurale),
259       στήλας τε προβλῆτας ἐμόχλεον, ἃς ἄρ᾽ Ἀχαιοὶ
smuovevano, rimuovevano (da μοχλέω), i pali, le contrafforti, i pilastri (da στήλη , ἡ), sporgenti, montanti (da προβλής , ῆτος, ὁ, ἡ), che gli Achei
260       πρώτας ἐν γαίῃ θέσαν ἔμμεναι ἔχματα πύργων.
per primi avevano piantato, infisso (da τίθημι), nella terra per essere sostegno (da ἔχμα , ατος, τό, (ἔχω)) delle torri, dei bastioni.
261       τὰς οἵ γ᾽ αὐέρυον, ἔλποντο δὲ τεῖχος Ἀχαιῶν
Questi essi tiravano indietro, smuovevano, cercavano di smuovere (da αὐερύω), speravano (da ἔλπω) il muro degli Achei
262       ῥήξειν: οὐδέ νύ πω Δαναοὶ χάζοντο κελεύθου,
abbattere; né ora in alcun modo i Danai cedevano (da χάζομαι, con il genitivo) il cammino,
263       ἀλλ᾽ οἵ γε ῥινοῖσι βοῶν φράξαντες ἐπάλξεις
ma questi con gli scudi di pelle di bue proteggendo (da φράσσω) le merlature
264       βάλλον ἀπ᾽ αὐτάων δηΐους ὑπὸ τεῖχος ἰόντας.
da queste colpivano i nemici che avanzavano sotto il muro.
Qui sembra che il muro sia in effetti qualcosa di molto complesso
265
265       ἀμφοτέρω δ᾽ Αἴαντε κελευτιόωντ᾽ ἐπὶ πύργων
Entrambe gli Aiaci, continuamente dando ordini, spronando (da κελευτιάω, freq. di κελεύω, in Ep. solo al participio), sopra le torri, sopra i bastioni,
266       πάντοσε φοιτήτην μένος ὀτρύνοντες Ἀχαιῶν.
andavano avanti e indietro in ogni direzione, incitando (da ὀτρύνω) la forza degli Achei.
267       ἄλλον μειλιχίοις[2], ἄλλον στερεοῖς ἐπέεσσι
L’uno con (parole) dolci,l’altro con parole dure, aspre (da στερεός , ά, όν, anche στερρός),
268       νείκεον[3], ὅν τινα πάγχυ μάχης μεθιέντα ἴδοιεν:
rimproveravano (da νεικέω), colui che vedessero completamente negligente, restio, inerte (da μεθίημι, con il genitivo), alla battaglia.
269       ‘ ὦ φίλοι Ἀργείων ὅς τ᾽ ἔξοχος ὅς τε μεσήεις
« O amici, sia colui che primeggia, che è al di sopra tra gli Argici, sia colui che si trova nel mezzo (da μεσήεις , εσσα, εν),
270       ὅς τε χερειότερος, ἐπεὶ οὔ πω πάντες ὁμοῖοι
sia anche colui che è peggiore (da χερειότερος = χερείων : χερείων , ὁ, ἡ, gen. ονος, Ep.per χείρων), dal momento che in nessun modo tutti sono uguali
271       ἀνέρες ἐν πολέμῳ, νῦν ἔπλετο ἔργον ἅπασι:
gli uomini in guerra, ora c’è lavoro per tutti;
272       καὶ δ᾽ αὐτοὶ τόδε που γιγνώσκετε. μή τις ὀπίσσω
anche da voi stessi in qualche modo questo conoscete. Che nessuno indietro
273       τετράφθω ποτὶ νῆας ὁμοκλητῆρος ἀκούσας,
si volga (da τρέπω), verso le navi, dopo aver sentito (da ἀκούω, con il gen. dell’oggetto) colui che ordina, che lancia il segnale (da ὁμοκλητήρ , ῆρος, ὁ),
274       ἀλλὰ πρόσω ἵεσθε καὶ ἀλλήλοισι κέλεσθε,
ma andate avanti e esortatevi (da κέλομαι, con il dativo) gli uni gli altri,
275       αἴ κε Ζεὺς δώῃσιν Ὀλύμπιος ἀστεροπητὴς
se mai Zeus, l’Olimpio fulminatore, conceda
276       νεῖκος ἀπωσαμένους δηΐους προτὶ ἄστυ δίεσθαι.
che noi mettiamo in fuga (da δίω) i nemici verso la città, fino alla città, dopo aver respinto (da ἀπωθέω) l’assalto, la contesa (da νεῖκος , εος, τό) ».

277
277       ὣς τώ γε προβοῶντε μάχην ὄτρυνον Ἀχαιῶν.
Così i due gridando (da προβοάω) spingevano, eccitavano (da ὀτρύνω), la guerra degli Achei.
278       τῶν δ᾽[4], ὥς τε νιφάδες χιόνος πίπτωσι θαμειαὶ
PARAGONE à Di questi, come i fiocchi (da νιφάς , άδος, ἡ) di neve (da χιών , όνος, ἡ) cadono fitti
279       ἤματι χειμερίῳ, ὅτε τ᾽ ὤρετο μητίετα Ζεὺς
in un giorno d’inverno, quando il saggio Zeus comincia (da ὄρνυμι, qui “iniziare; cominciare”, con l’infinito νιφέμεν)
280       νιφέμεν ἀνθρώποισι πιφαυσκόμενος τὰ ἃ κῆλα[5]:
a mandare la neve (da νίφω, νείφω) agli uomini, rendendo manifesti, mostrando (da πιφαύσκω), i suoi dardi (da κῆλον , τό, solo al plurale);
281       κοιμήσας δ᾽ ἀνέμους χέει ἔμπεδον, ὄφρα καλύψῃ
dopo aver placato, calmato (da κοιμάω), i venti, riversa senza posa (da ἔμπεδος , ον, qui avverbio), fino a quando copra (da καλύπτω)
282       ὑψηλῶν ὀρέων κορυφὰς καὶ πρώονας ἄκρους
le cime delle alte montagne e le colline (da πρών , ὁ, gen. πρῶνος, pl. πρώονες) sulla (loro) sommità (da ἄκρος , α, ον)
283       καὶ πεδία λωτοῦντα καὶ ἀνδρῶν πίονα ἔργα,
e le pianure verdeggianti, erbose (da λωτόεις , εσσα, εν, lett. “coperte di loto”) e le fertili, grasse opere (da ἔργον , τό, qui si intendono le terre coltivate),
284       καί τ᾽ ἐφ᾽ ἁλὸς πολιῆς κέχυται λιμέσιν τε καὶ ἀκταῖς,
e si riversa (da χέω) anche, persino sui porti (da λιμήν , ένος, ὁ) e sui promontori, sulle coste (da ἀκτή , ἡ), del grigio mare,
285       κῦμα δέ μιν προσπλάζον ἐρύκεται: ἄλλά τε πάντα
l’onda la respinge, la delimita (da ἐρύκω, ma può anche tradursi al passivo: “l’onda viene avvolta”), quando arriva, quando si accosta (da προσπλάζω): ma tutte le cose
286       εἴλυται καθύπερθ᾽, ὅτ᾽ ἐπιβρίσῃ Διὸς ὄμβρος:
sono accolte, sono coperte (da εἰλύω), dall’alto, quando la pioggia, la tormenta (da ὄμβρος , ὁ), di Zeus cade pesante (da ἐπιβρίθω);
287       ὣς τῶν ἀμφοτέρωσε λίθοι πωτῶντο θαμειαί,
così di questi le pietre (da λίθος , ου, ὁ: ma λίθος, ἡ, due volte in Omero, qui e in Odissea Od.19.494) volavano (da πωτάομαι) fitte verso entrambe i lati (da ἀμφοτέρωσε, avverbio),
288       αἱ μὲν ἄρ᾽ ἐς Τρῶας, αἱ δ᾽ ἐκ Τρώων ἐς Ἀχαιούς,
queste addosso ai Troiani, quelle dai Troiani addosso agli Achei,
289       βαλλομένων: τὸ δὲ τεῖχος ὕπερ πᾶν δοῦπος ὀρώρει.
quando (si) tiravano addosso, quando (si) colpivano; e un forte rumore, un gran fracasso si era levato sopra tutto questo muro.
Paragone






[1] Si tratta evidentemente della forza del braccio troiano, non della forza di Zeus. Come i soldati di ogni tempo, i Troiani accompagnano prudentemente la loro fiducia negli dei con misure più pratiche.
[2] Ai versi 267 sg. μειλιχίοις […] νείκεον è un semplice zeugma, la figura retorica che prevede il collegamento di un verbo a due o più elementi della frase che invece richiederebbero ognuno rispettivamente un verbo specifico. Questo evita una proposizione inutilmente goffa e complessa. Gli Aiaci adottano la stessa tattica di Odisseo in 2.188-206: parole gentili per i re e i migliori (ὅν τινα μὲν βασιλῆα καὶ ἔξοχον ἄνδρα κιχείη , 188), minacce per tutti gli altri (ὃν δ᾽ αὖ δήμου τ᾽ ἄνδρα ἴδοι βοόωντά τ᾽ ἐφεύροι , 198).
[3] Gli Aiaci esortano i loro uomini. I Kampfpardnesen, i discorsi di esortazione, sono parte integrante della tipologia della guerra omerica. Latacz – Kampfdarstellung , 246-50 – ne ha contati 65 esempi, 38 sul fronte acheo, 27 su quello troiano. Solo raramente, come ai versi 310 sgg., c’e un discorso diretto.
[4] Per il collegamento di τῶν δ᾽ occorre arrivare fino al verso 287, che lo riprende.
[5] Si veda 1.53. Zeus mostra agli uomini quali siano le sue armi.

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