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Thursday, November 24, 2016

Iliade - Libro Undecimo - vv. 489-595 - Dalla resistenza eroica di Aiace fino all'inizio della scena finale con Nestore e Patroclo.



Le gesta di Aiace

489
489       Αἴας δὲ Τρώεσσιν ἐπάλμενος εἷλε Δόρυκλον[1]
Aiace, saltando (da ἐφάλλομαι, con il dativo) addosso ai Troiani, uccise Doriclo
490       Πριαμίδην νόθον υἱόν, ἔπειτα δὲ Πάνδοκον οὖτα,
figlio di Priamo, figlio bastardo, quindi feriva (da οὐτάω) Pandaco,
491       οὖτα δὲ Λύσανδρον καὶ Πύρασον ἠδὲ Πυλάρτην.
feriva quindi Lisandro, e Piraso e Pilarte.
492       ὡς δ᾽ ὁπότε πλήθων ποταμὸς πεδίον δὲ κάτεισι
Come quando un fiume in piena (da πλήθω) scende giù (da κάτειμι , il verbo contiene già la preposizione, quindi seguirà l’accusativo semplice) verso la pianura
493       χειμάρρους κατ᾽ ὄρεσφιν[2] ὀπαζόμενος Διὸς ὄμβρῳ,
gonfio per le piogge e la neve sciolta (da χειμάρρους , ουν , (ῥέω)), giù dai monti, rigonfio (da ὀπάζω) per la pioggia (da ὄμβρος , ὁ) di Zeus,
494       πολλὰς δὲ δρῦς ἀζαλέας, πολλὰς δέ τε πεύκας
molti alberi (da δρῦς , ἡ) secchi, inariditi (da ἀζαλέος , α, ον), molti pini (da πεύκη , ἡ)
495       ἐσφέρεται, πολλὸν δέ τ᾽ ἀφυσγετὸν εἰς ἅλα βάλλει,
porta via (con sé) (da εἰσφέρω), (e) molto fango (da ἀφυσγετός , ὁ, si tratta di fango e detriti) getta, riversa nel mare,
496       ὣς ἔφεπε κλονέων πεδίον τότε φαίδιμος Αἴας,
così lo splendido Aiace percorreva (da ἐφέπω, con accusativo del luogo) allora la pianura, travolgendo (da κλονέω),
497       δαΐζων ἵππους τε καὶ ἀνέρας: οὐδέ πω Ἕκτωρ[3]
facendo a pezzi, facendo strage di (da δαίζω) cavalli e uomini; né in alcun modo Ettore
498       πεύθετ᾽, ἐπεί ῥα μάχης ἐπ᾽ ἀριστερὰ μάρνατο πάσης
era a conoscenza (da πεύθομαι), dal momento che combatteva (da μάρναμαι) a sinistra di tutta la mischia
499       ὄχθας πὰρ ποταμοῖο Σκαμάνδρου, τῇ ῥα μάλιστα
presso le sponde del fiume Scamandro, laddove (da τῇ) maggiormente
500       ἀνδρῶν πῖπτε κάρηνα, βοὴ δ᾽ ἄσβεστος ὀρώρει
cadevano le teste degli uomini, e un grido inestinguibile (da ἄσβεστος , ον, anche η, ον) saliva
501       Νέστορά τ᾽ ἀμφὶ μέγαν καὶ ἀρήϊον Ἰδομενῆα[4].
intorno al grande Nestore e al bellicoso Idomeneo.
502       Ἕκτωρ μὲν μετὰ τοῖσιν ὁμίλει μέρμερα ῥέζων
Ettore si trovava in compagnia (da ὁμιλέω) insieme a questi, compiendo (da ῥέζω) cose terribili (da μέρμερος , ον, in Omero solo nell’Iliade e sempre al neutro plurale)
503       ἔγχεΐ θ᾽ ἱπποσύνῃ[5] τε[6], νέων δ᾽ ἀλάπαζε φάλαγγας:
con la lancia e con l’abilità come cavaliere, e prostrava, opprimeva (da ἀλαπάζω) le schiere dei giovani (da νέος , νέα, Ion. νέη, νέον);
504       οὐδ᾽ ἄν πω χάζοντο κελεύθου δῖοι Ἀχαιοὶ
e neppure in qualche modo si ritiravano (da χάζω, con il genitivo) dalla loro strada, dal loro percorso (da κέλευθος , ἡ), gli Achei divini
505       εἰ μὴ Ἀλέξανδρος Ἑλένης πόσις ἠϋκόμοιο
se Alessandro, lo sposo di Elena dalla bella chioma, non
506       παῦσεν ἀριστεύοντα Μαχάονα ποιμένα λαῶν,
fermava (da παύω) Macaone, pastore di popoli, che combatteva tra i migliori, che era tra i migliori (da ἀριστεύω),
507       ἰῷ τριγλώχινι[7] βαλὼν κατὰ δεξιὸν ὦμον.
colpendolo con una freccia a tre punte (da τριγλώχις, ινος, ὁ, ἡ) alla spalla destra.
508       τῷ ῥα περίδεισαν μένεα πνείοντες Ἀχαιοὶ
Per lui temevano (da περιδείδω, con il dativo) gli Achei, che spirano, emanano (da πνέω), forza, furia bellica (da μένος , εος, τό, vedi 2.536),
509       μή πώς μιν πολέμοιο μετακλινθέντος ἕλοιεν.
che lo uccidessero (da αἱρέω), mentre la battaglia volgeva al peggio (da μετακλίνομαι, ma l’uso letterale è in 19.223-4).
510       αὐτίκα δ᾽ Ἰδομενεὺς προσεφώνεε Νέστορα δῖον:[8]
Immediatamente Idomeneo diceva a Nestore divino:
511       ‘ ὦ Νέστορ Νηληϊάδη μέγα κῦδος Ἀχαιῶν
« O Nestore, figlio di Neleo, grande gloria degli Achei,
512       ἄγρει σῶν ὀχέων ἐπιβήσεο, πὰρ δὲ Μαχάων
suvvia (da ἀγρέω = αἱρέω, in Omero solo all’imperativo nel senso di “Suvvia !, Andiamo !”), monta sul tuo carro, e accanto, al (tuo) fianco, Macaone
513       βαινέτω, ἐς νῆας δὲ τάχιστ᾽ ἔχε μώνυχας ἵππους:
salga, e rapidamente conduci alle navi i cavalli solidunghi.
514       ἰητρὸς γὰρ ἀνὴρ πολλῶν ἀντάξιος ἄλλων
un uomo che sia medico, infatti, (è) equivalente, di pari valore (da ἀντάξιος , α, ον, con il genitivo), a molti altri
515       ἰούς τ᾽ ἐκτάμνειν ἐπί τ᾽ ἤπια φάρμακα πάσσειν ’.
nell’estrarre via (da ἐκτέμνω, lett. “tagliare via”) le frecce e nello spargere sopra (da ἐπιπάσσω, in tmesi: si veda anche 4.218) medicamenti (da φάρμακον , τό) blandi, curativi, calmanti del dolore (da ἤπιος , α, ον) ».
Doriclo (T)

Ferimenti:
Pandaco (T)
Lisandro (T)
Piraso (T)
Pilarte (T)
516
516       ὣς ἔφατ᾽, οὐδ᾽ ἀπίθησε Γερήνιος ἱππότα Νέστωρ.
Così diceva, e non disobbedisce (da ἀπιθέω) Nestore, il cavaliere gerenio.
517       αὐτίκα δ᾽ ὧν ὀχέων ἐπεβήσετο, πὰρ δὲ Μαχάων
Immediatamente sale sul proprio carro, e accanto a lui Macaone
518       βαῖν᾽ Ἀσκληπιοῦ υἱὸς ἀμύμονος ἰητῆρος:
Montava, il figlio di Asclepio, del guaritore perfetto.
519       μάστιξεν δ᾽ ἵππους, τὼ δ᾽ οὐκ ἀέκοντε πετέσθην
Frusta poi i cavalli, e i due non contro voglia prendevano il volo (da πέτομαι)
520       νῆας ἔπι γλαφυράς[9]: τῇ γὰρ φίλον ἔπλετο θυμῷ.
verso le navi ricurve: là dove infatti era caro al (loro) cuore.

521
521       Κεβριόνης[10] δὲ Τρῶας ὀρινομένους ἐνόησεν
Si accorge Cerbione che i Troiani (sono) in difficoltà, agitati, scossi (da ὀρίνω),
522       Ἕκτορι παρβεβαώς, καί μιν πρὸς μῦθον ἔειπεν:
essendo salito (sul carro) accanto (da παραβαίνω, il verbo significa “verire accanto a”, e al perfetto “essere accanto a”: due volte in Omero, con il dativo, riferito a persona che si trova accanto ad un guerriero, sul suo carro) ad Ettore, e a lui pronuncia parola, parla (da προσεῖπον, in tmesi):
523       ‘ Ἕκτορ νῶϊ μὲν ἐνθάδ᾽ ὁμιλέομεν Δαναοῖσιν
« Ettore, noi qui fronteggiamo (da ὁμιλέω, in senso ostile: con il dativo) i Danai
524       ἐσχατιῇ[11] πολέμοιο δυσηχέος: οἳ δὲ δὴ ἄλλοι
al margine estremo (da ἐσχατιά , Ion. ἐσχατιή , ἡ) della battaglia (da δυσηχής , ές, (ἠχέω)) dal suono cupo, orrendo: ma quelli, gli altri
525       Τρῶες ὀρίνονται ἐπιμὶξ ἵπποι τε καὶ αὐτοί.
Troiani sono confusi, sono allo scompiglio, sono travolti (da ὀρίνω), insieme (da ἐπιμίξ, avverbio) i cavalli ed essi stessi, gli uomini.
526       Αἴας δὲ κλονέει Τελαμώνιος: εὖ δέ μιν ἔγνων:
Aiace Telamonio li attacca, li incalza (da κλονέω); lo riconosco (da γιγνώσκω) bene:
527       εὐρὺ γὰρ ἀμφ᾽ ὤμοισιν ἔχει σάκος: ἀλλὰ καὶ ἡμεῖς
infatti tra le spalle porta il grande scudo; ma anche noi
528       κεῖσ᾽ ἵππους τε καὶ ἅρμ᾽ ἰθύνομεν, ἔνθα μάλιστα
laggiù, verso quel luogo, conduciamo, guidiamo (da ἰθύνω), i cavalli e i carri, dove di più, con maggiore violenza,
529       ἱππῆες πεζοί τε κακὴν ἔριδα προβαλόντες
i cavalieri e i fanti gettando avanti, infiammando (da προβάλλω), la funesta contesa
530       ἀλλήλους ὀλέκουσι, βοὴ δ᾽ ἄσβεστος ὄρωρεν ’.
gli uni gli altri si uccidono (da ὀλέκω), e un grido inestinguibile (da ἄσβεστος , ον, anche η, ον) sale ».

531
531       ὣς ἄρα φωνήσας ἵμασεν καλλίτριχας ἵππους
Così dunque dicendo frusta i cavalli dalle belle criniere
532       μάστιγι λιγυρῇ: τοὶ δὲ πληγῆς ἀΐοντες
con la frusta sibilanti (da λιγυρός , ά, όν); quelli allora, sentendo (da ἀίω, qui con il genitivo della cosa) il colpo (da πληγή , ἡ, (πλήσσω)),
533       ῥίμφ᾽ ἔφερον θοὸν ἅρμα μετὰ Τρῶας καὶ Ἀχαιοὺς
rapidamente (da ῥίμφα) portavano il veloce carro in mezzo ai Troiani e agli Ache
534       στείβοντες νέκυάς τε καὶ ἀσπίδας: αἵματι δ᾽ ἄξων
calpestando (da στείβω) i cadaveri e gli scudi; di sangue l’asse (da ἄξων , ονος, ὁ)
535       νέρθεν ἅπας πεπάλακτο καὶ ἄντυγες αἳ περὶ δίφρον,
tutto di sotto si era sporcato, si era macchiato (da παλάσσω), e le sponde (da ἄντυξ , υγος, ἡ), quelle intorno al carro,
536       ἃς ἄρ᾽ ἀφ᾽ ἱππείων ὁπλέων ῥαθάμιγγες ἔβαλλον
537       αἵ τ᾽ ἀπ᾽ ἐπισσώτρων.
che colpivano (da βάλλω, qui il soggetto sono le gocce di sangue, vedi andhe 23.502) le gocce, gli schizzi (da ῥαθάμιγξ , ιγγος, ἡ), quelle su dagli zoccoli (da ὁπλή , ἡ, (ὅπλον)) dei cavalli (da ἵππειος , α, ον, (ἵππος)) e su dai cerchioni (da ἐπίσωτρον , Ep. ἐπίσσωτρον (così sempre in Omero), τό).
537       ὃ δὲ ἵετο δῦναι ὅμιλον
538       ἀνδρόμεον ῥῆξαί τε μετάλμενος:
Questi era impaziente (da ἵημι) di gettarsi (da δύω, “gettarsi in” con l’accusativo) nella folla degli uomini (da ἀνδρόμεος , α, ον, (ἀνήρ) e di sfondare (da ῥήγνυμι) slanciandosi, di slancio (da μεθάλλομαι):
538       ἐν δὲ κυδοιμὸν
539       ἧκε κακὸν Δαναοῖσι, μίνυνθα δὲ χάζετο δουρός.
ispira (da ἐνίημι, in tmesi, “mando in, getto in”; “ispiro; infondo”, con l’accusativo della cosa e il dativo della parsona) quindi nei Danai una terribile confusione, scompiglio (da κυδοιμός , ὁ), per poco tempo (da μίνυνθα, avverbio) lasciava (da χάζω , Med. Χάζομαι : “mi ritiro, mi allontano”, da un luogo, da un oggetto, con il genitivo) la lancia (da δόρυ , τό, più comune gen. δουρός).
540       αὐτὰρ ὃ τῶν ἄλλων ἐπεπωλεῖτο στίχας ἀνδρῶν
Però quello degli altri guerrieri esplorava, scrutava con lo sguardo (da ἐπιπωλέομαι), le schiere,
541       ἔγχεΐ τ᾽ ἄορί τε μεγάλοισί τε χερμαδίοισιν,
con la lancia, con la spada e con enormi pietroni,
542       Αἴαντος δ᾽ ἀλέεινε μάχην Τελαμωνιάδαο.[12]
di Aiace Telamonio (invece) evitava (da ἀλεείνω) lo scontro.
La paura di Aiace
Paragone
544
544       Ζεὺς δὲ πατὴρ Αἴανθ᾽ ὑψίζυγος ἐν φόβον ὦρσε[13]:
Ma Zeus padre, alto nel suo trono, che governa dall’alto (da ὑψίζυγος , ον), suscitò terrore in Aiace:
545       στῆ δὲ ταφών, ὄπιθεν δὲ σάκος βάλεν ἑπταβόειον,
(egli) stette attonito (da τέθηπα , nessun presente), dietro di sé gettò lo scudo a sette strati di pelle di bue (da ἑπταβόειος , ον),
546       τρέσσε δὲ παπτήνας ἐφ᾽ ὁμίλου θηρὶ ἐοικὼς
fuggì (da τρέω), guardando (da παπταίνω)in mezzo alla folla simile (da ἔοικα) ad una fiera (da θήρ , θηρός, ὁ)
547       ἐντροπαλιζόμενος ὀλίγον γόνυ γουνὸς ἀμείβων.
spesso voltandosi indietro (da ἐντροπαλίζομαι), a stento, con difficoltà alternando (da ἀμείβω, in costruzione τί τινος, come qui , γόνυ γουνὸς ἀμείβων) ginocchio a ginocchio.
548       ὡς δ᾽ αἴθωνα λέοντα βοῶν ἀπὸ μεσσαύλοιο
PARAGONE à Come un leone focoso (da αἴθων , ωνος, ὁ, ἡ, (αἴθω)) via dal recinto (da μέσαυλος , ον, Ep. μέσσ- , sost. in Omero μέσσαυλος, ὁ, oppure μέσσαυλον, τό) dei buoi
549       ἐσσεύαντο κύνες τε καὶ ἀνέρες ἀγροιῶται,
cacciano via (da σεύω) i cani e gli uomini dei campi (da ἀγροιώτης , ου, ὁ),
550       οἵ τέ μιν οὐκ εἰῶσι βοῶν ἐκ πῖαρ ἑλέσθαι
che non permettono (da ἐάω) che lui porti via (da ἐξαιρέω , in tmesi) il grasso (da πῖαρ , τό) dei buoi
551       πάννυχοι ἐγρήσσοντες: ὃ δὲ κρειῶν ἐρατίζων
vegliando (da ἐγρήσσω) per tutta la notte: quello, bramoso (da ἐρατίζω , con il genitivo, in Omero solo nell’espressione κρειῶν ἐρατίζων) di carni (da κρέας , τό, Ep. κρεῖας),
552       ἰθύει, ἀλλ᾽ οὔ τι πρήσσει: θαμέες γὰρ ἄκοντες
si avventa (da ἰθύω), ma nulla conclude; fitti (da θαμέες, agg. poetico solo plurale) infatti i dardi (da ἄκων , οντος, ὁ)
553       ἀντίον ἀΐσσουσι θρασειάων ἀπὸ χειρῶν
cadono (da ἀίσσω) contro, da mani intrepide (da θρασύς , εῖα, ύ, femm. θρασέα, per ragioni metriche)
554       καιόμεναί τε δεταί, τάς τε τρεῖ ἐσσύμενός περ:
e torce, fiaccole (da δετή , ς , ἡ), accese, che teme (da τρέω), per quanto bramoso (da ἐσσύμενος , η, ον, Ep. and Lir. part. pass. di σεύω);
555       ἠῶθεν δ᾽ ἀπὸ νόσφιν ἔβη τετιηότι θυμῷ:
all’alba si allontana, se ne va (da ἀποβαίνω, in tmesi), via con il cuore addolorato, ferito (da τετίημαι, in Omero in generale al participio):
556       ὣς Αἴας τότ᾽ ἀπὸ Τρώων τετιημένος ἦτορ
così Aiace allora, avvilito nell’animo, dai Troiani
557       ἤϊε πόλλ᾽ ἀέκων: περὶ γὰρ δίε νηυσὶν Ἀχαιῶν.
si allontanava, se ne andava (da εἶμι), assai contro voglia; infatti temeva (da δίω) per le navi degli Achei.
558       ὡς δ᾽ ὅτ᾽ ὄνος παρ᾽ ἄρουραν ἰὼν ἐβιήσατο παῖδας
PARAGONE à Come quando un asino andando lungo un campo disobbedisce (da βιάω) ai ragazzi,
559       νωθής, ᾧ δὴ πολλὰ περὶ ῥόπαλ᾽ ἀμφὶς ἐάγῃ,
testardo, cocciuto (da νωθής , ές), su cui, da un lato e dall’altro, molti bastoni (da ῥόπαλον , τό) si spezzano (da ἄγνυμι),
560       κείρει τ᾽ εἰσελθὼν βαθὺ λήϊον[14]: οἳ δέ τε παῖδες
entrato dentro (da εἰσέρχομαι), bruca, divora (da κείρω), uno spesso, fitto (da βαθύς , βαθεῖα Ion. βαθέα, βαθύ), campo di grano (da λήιον , ου, τό); questi dunque, i ragazzi,
561       τύπτουσιν ῥοπάλοισι: βίη δέ τε νηπίη αὐτῶν:
lo battono (da τύπτω) con i bastoni; ma loro forza però è debole, infantile;
562       σπουδῇ τ᾽ ἐξήλασσαν, ἐπεί τ᾽ ἐκορέσσατο φορβῆς:
a stento, con fatica (da σπουδή , ἡ, (σπεύδω), avverbio), lo cacciano, lo fanno uscire (da ἐξελαύνω), dopo che si è saziato (da κορέννυμι) di foraggio, di grano (da φορβή , ἡ);
563       ὣς τότ᾽ ἔπειτ᾽ Αἴαντα μέγαν Τελαμώνιον υἱὸν
così allora alla fine il grande Aiace, il figlio di Telamone,
564       Τρῶες ὑπέρθυμοι πολυηγερέες τ᾽ ἐπίκουροι
i Troiani magnanimi e gli alleati numerosi (da πολυηγερής , ές (ἀγείρω))
565       νύσσοντες ξυστοῖσι μέσον σάκος αἰὲν ἕποντο.
colpendo (da νύσσω) con le lance (da ξυστόν , τό) in mezzo allo scudo sempre incalzavano, inseguivano (da ἕπομαι).
566       Αἴας δ᾽ ἄλλοτε μὲν μνησάσκετο θούριδος ἀλκῆς
Alcune volte, a volte (da ἄλλοτε), Aiace si ricordava, era memore di (da μιμνήσκω, forma iterativa dell’aoristo), della (sua) furiosa, impetuosa (da θοῦρις , ιδος, ἡ, aggettivo femminile = θοῦρος , ον), forza (da ἀλκή , ἡ)
567       αὖτις ὑποστρεφθείς, καὶ ἐρητύσασκε φάλαγγας
indietro volgendosi (da ὑποστρέφω), e trattiene (da ἐρητύω) le falangi
568       Τρώων ἱπποδάμων: ὁτὲ δὲ[15] τρωπάσκετο φεύγειν.
dei Troiani domatori di cavalli; altre volte si voltava (da τρωπάω, forma iterativa) per fuggire.
569       πάντας δὲ προέεργε θοὰς ἐπὶ νῆας ὁδεύειν,
Però a tutti impediva (da προεέργω, con l’accusativo e l’infinito) di dirigersi verso, di andare a (da ὁδεύω), le navi veloci,
570       αὐτὸς δὲ Τρώων καὶ Ἀχαιῶν θῦνε μεσηγὺ
ma egli stesso si lanciava (da θύνω , = θύω) nel mezzo (da μεσηγύ , Ep. μεσσηγύ , prima di una vocale, o per ragioni metriche, μεσσηγύς) dei Troiani e degli Achei
571       ἱστάμενος: τὰ δὲ δοῦρα θρασειάων ἀπὸ χειρῶν
resistendo; le lance, da mani intrepide (da θρασύς , εῖα, ύ, femm. θρασέα, per ragioni metriche)
572       ἄλλα μὲν ἐν σάκεϊ μεγάλῳ πάγεν ὄρμενα πρόσσω,
scagliate, lanciate (da ὄρνυμι), avanti (da πρόσω , Ep., Ion., poet. πρόσσω), alcune si piantano (da πήγνυμι) nel grande scudo,
573       πολλὰ δὲ καὶ μεσσηγύ, πάρος χρόα λευκὸν ἐπαυρεῖν,
altre anche a metà strada, prima (da πάρος , part. poetica , come congiunzione, some πρίν, con infinito aoristo, più raro presente) di toccare (da ἐπαυρέω) la bianca pelle,
574       ἐν γαίῃ ἵσταντο λιλαιόμενα χροὸς ἆσαι.[16]
si piantavano, restavano piantate per terra, avide, bramose (da λιλαίομαι, freq. in Omero, per lo più con l’infinito) di saziarsi (da ἄω, con il genitivo), di carne.
Paragone

Paragone

La terza vittima di Paride, Euripilo, è il comandante del contingente che proviene dalla Tessaglia, come sappiamo dal “Catalogo delle Navi” (2.734-737). Euripilo si lancia in avanti per aiutare Aiace, ma è immediatamente ferito e quindi obbligato a ritirarsi. Con questa scena, che bilancia quella del ferimento di Macaone (504 sgg.), la lunga sequenza di scene di combattimento è completa. Quando i combattimenti riprendono al libro 12 gli Achei sono al punto da cui erano partiti, dietro il muro e la trincea. Le fasi finali della ritirata, quando l’esercito si ammassa nel campo, non vengono descritte. Il poeta non ha difficoltà ad immaginare una scena di questo tipo, fino ai dettagli più drammatici, più ricchi di pathos (‘X si è salvato ?’, oppure ‘Y è stato ucciso ?’), si veda 21.606-611, 22.46-48. Ma, nonostante queste evidenti possibilità, da nessuna parte questo viene trattato in modo esauriente. Questo è strano perché al poeta non divevano certo mancare né le scene tematiche né un linguaggio adatto.

Euripilo è certo un personaggio importante, e tra l’altro uno dei pretendenti alla mano di Elena (Apollod. 1.131). In uno dei primi combattimenti dell’Iliade ha ucciso Ipsenore (5.76-83), e viene menzionato nei libri 6, 7, 8 e 10. Patroclo lo tratta con rispetto (814 sgg.), e lo cura come suo chirurgo. Il poeta menziona un altro Euripilo, figlio di Telefo e ultimo dei Troiani ad avere una propria aristia nella Piccola Iliade.

A partire dal verso 577, la sezione è fortemente formulare, con interi versi che troviamo quasi inalterati in altri libri con descrizioni di combattimenti.

575
575       τὸν δ᾽ ὡς οὖν ἐνόησ᾽ Εὐαίμονος ἀγλαὸς υἱὸς
Come dunque si accorse di lui, lo vide (da νοέω), lo splendido figlio di Evemone,
576       Εὐρύπυλος πυκινοῖσι βιαζόμενον βελέεσσι,
Euripilo, obbligato, costretto, incalzato (da βιάζω), da fitti dardi,
577       στῆ ῥα παρ᾽ αὐτὸν ἰών, καὶ ἀκόντισε δουρὶ φαεινῷ,
venendo si mette accanto a lui, e scaglia (da ἀκοντίζω , (ἄκων), con il dativo dell’arma, il verbo è specifico dell’asta) l’asta scintillante,
578       καὶ βάλε Φαυσιάδην Ἀπισάονα ποιμένα λαῶν
e colpisce Apisaone, figlio di Fausio, pastore di genti,
579       ἧπαρ ὑπὸ πραπίδων, εἶθαρ δ᾽ ὑπὸ γούνατ᾽ ἔλυσεν:
al fegato (da ἧπαρ , ατος, τό), sotto il diaframma (da πραπίδες , αἱ), immediatamente (da εἶθαρ, avverbio) le ginocchia si sciolgono sotto (da ὑπολύω, in tmesi: vedi 15.581, e Odissea 14.236);
580       Εὐρύπυλος δ᾽ ἐπόρουσε καὶ αἴνυτο τεύχε᾽ ἀπ᾽ ὤμων.
Euripilo poi gli salta addosso (da ἐπορούω) e gli strappava (da αἴνυμαι) le armi dalle spalle.
581       τὸν δ᾽ ὡς οὖν ἐνόησεν Ἀλέξανδρος θεοειδὴς
Come però Alessandro simile ad un dio si accorse di lui
582       τεύχε᾽ ἀπαινύμενον Ἀπισάονος, αὐτίκα τόξον
che portava via (da ἀπαίνυμαι, costruzione τί τινος) le armi ad Apisaone, immediatamente l’arco
583       ἕλκετ᾽ ἐπ᾽ Εὐρυπύλῳ, καί μιν βάλε μηρὸν ὀϊστῷ
tende (da ἕλκω) contro Euripilo, e lo colpisce con la freccia alla coscia
584       δεξιόν: ἐκλάσθη δὲ δόναξ, ἐβάρυνε δὲ μηρόν.
destra: si spezza (da κλάω) l’asta (della freccia) (da δόναξ , ακος, ὁ) e gli strazia, gli opprime (per il dolore), gli rende pesante (da βαρύνω), la coscia.
585       ἂψ δ᾽ ἑτάρων εἰς ἔθνος ἐχάζετο κῆρ᾽ ἀλεείνων,
Immediatamente indietreggiava (da χάζομαι) verso il gruppo (da ἔθνος , εος, τό) dei compagni per evitare (da ἀλεείνω) la morte,
586       ἤϋσεν δὲ διαπρύσιον Δαναοῖσι γεγωνώς:
poi grida forte (da αὔω) ai Danai con voce penetrante (da διαπρύσιος , α, ον, come avverbio), in modo da farsi sentire (da γέγωνα, “mi faccio sentire gridando, mi faccio riconoscere gridando”, al participio perfetto, vedi v. 8.275 e 8.223):
587       ‘ ὦ φίλοι Ἀργείων ἡγήτορες ἠδὲ μέδοντες
« O amici, guide (da ἡγήτωρ , ορος, ὁ) e comandanti (da μέδων , οντος (μέδομαι), da μέδω, “proteggo, governo, domino su”, in Omero solo in forma participiale sostantivata μέδων , οντος, ὁ) degli Argivi,
588       στῆτ᾽ ἐλελιχθέντες καὶ ἀμύνετε νηλεὲς ἦμαρ
resistete, state fermi, dopo essere ritornati indietro (da ἐλελίζω) e tenete lontana (da ἀμύνω, con acc. della persona o cosa da tenere lontana, e il dativo della persona da cui il pericolo o la minaccia deve essere allontanata) il giorno spietato, crudele, fatale (da νηλής , ές, Ep. neutro νηλεές),
589       Αἴανθ᾽, ὃς βελέεσσι βιάζεται, οὐδέ ἕ φημι
da Aiace, che è costretto, incalzato (da βιάζω), dai dardi, e non dico, non credo, che lui
590       φεύξεσθ᾽ ἐκ πολέμοιο δυσηχέος[17]: ἀλλὰ μάλ᾽ ἄντην
fuggirà, scamperà alla guerra dal suono cupo, dal suono sinistro (da δυσηχής , ές, (ἠχέω)); in molti invece faccia a faccia
591       ἵστασθ᾽ ἀμφ᾽ Αἴαντα μέγαν Τελαμώνιον υἱόν ’.
schieratevi intorno ad Aiace, al grande figlio di Telamone ».
Apisaone (T)
592
592       ὣς ἔφατ᾽ Εὐρύπυλος βεβλημένος: οἳ δὲ παρ᾽ αὐτὸν
Così diceva Euripilo, colpito, ferito: quelli, allora, presso di lui,
593       πλησίοι ἔστησαν σάκε᾽ ὤμοισι κλίναντες
stavano vicini, dopo avere inclinato (da κλίνω, con il dativo) sulle spalle gli scudi,
594       δούρατ᾽ ἀνασχόμενοι[18]: τῶν δ᾽ ἀντίος ἤλυθεν Αἴας.
tenendo su, protendendo (da ἀνέχω), le lance; incontro a loro andò Aiace.
595       στῆ δὲ μεταστρεφθείς, ἐπεὶ ἵκετο ἔθνος ἑταίρων.
Stette allora saldo, si fermò, dopo essersi voltato (da μεταστρέφω), dopo che ebbe raggiunta la folla dei compagni.
I compagni creano un riparo per Aiace (un assetto difensivo)


[1] Ad Aiace, fino al verso 543, vengono concessi quelli che sembrerebbero i preliminari di una aristia. L’eroe uccide tre Troiani e infuria come un fiume in piena, come fa Diomede in 5.87-92. Ettore lo evita. Gli Achei stanno però effettuando una ritirata combattendo e Aiace è l’eroe della difesa. Il suo ruolo caratteristico viene riaffermato dal verso 544.
[2] κατὰ evidenzia come -φι(ν) debba servire come un caso genitivo.
[3] I versi 497-502 interrompono il filo principale della narrazione e spostano l’attenzione du un’altra are del campo di battaglia (comunque ancora a portata dell’arco di Paride). L’episodio è stato criticato da vari studiosi (Von der Mühll, van Thiel): esso serve comunque – con il ferimento di Macaone – ad anticipare e motivare l’importante incontro tra Nestore e Patroclo. In questa occasione Ettore non affronta non perché Zeus lo abbia messo in guardia in questo senso, ma perché per qualche ragione si è allontanato dal punto in cui ha ttaccato Diomede e Odisseo (al centro dello schieramento), verso il margine del campo di battaglia di fronte a Nestore e Idomeneo (501), a sinistra dello Scamandro (498-499).
[4] Idomeneo è avanti negli anni, come conferma l’attributo μεσαιπόλιος (13.361), ed è opportunamente associato a Nestore in questa circostanza. Fino a questo punto ha fatto sporadiche comparse, ma il suo grande momento deve ancora venire (13.210 sgg.). Il contributo di Nestore sul campo di battaglia è per lo più confinato ai discorsi e alle esortazioni, quindi in questa occasione il poeta lo rimanda rapidamente alle navi. In 5.37-94 il fronte acheo includeva, oltre ad Agamennone e Diomede, Idomeneo, Menelao, Merione, Mege ed Euripilo ( qui presto eliminato in 581-591); in 16.307-350 Patroclo, fuori discussione qui, Antiloco e Trasimede, Aiace Oileo, Penelo, Merione e Idomeneo. L’impressione che qui le sorti achee dipendano dagli sforzi di due guerrieri ormai attempati non è a rigore corretta, ma è grammaticamente efficace.
[5] Si veda 4.303.
[6] L’espressione ἔγχεΐ θ᾽ ἱπποσύνῃ τε dopo μέρμερα ῥέζων sembra voler esprimere una singola idea, a di fferenza di 16.809, dov’è unito a πόδεσσι, come se Ettore stesse combattendo dal carro.
[7] Il termine τριγλώχινι (anche in 5.393) descrive una punta di freccia triangolare, il cosiddetto tipo ‘scita’.
[8] Non sentiamo più Idomeneo dal libro 8 (263), e non ricomparirà fino a 13.210, dove scorterà alla sua tenda un compagno ferito, sconosciuto, dopo di che giocherà un ruolo di primo piano. La sua presentazione al libro 13 sembra un impreciso ricordo di questo episodio.
[9] Si veda il verso 11.281 (νῆας ἔπι γλαφυράς: τὼ δ᾽ οὐκ ἀέκοντε πετέσθην).
[10] Cerbione è un figlio bastardo di Priamo, promosso ad auriga di Ettore in 8.318-9 dopo la morte di Archeptolemo. Coloro che guidano il carro per Ettore rivestono un ruolo molto pericoloso, e anche Cerbione verrà ucciso da Patroclo in 16.737. Nome tipico dell’Anatolia nord-occidentale.
[11] Quindi presso lo Scamandro.
[12] Il verso 543 non ha supporto nella paradosis medievale, ma viene citato con leggere variazioni da Aristotele e Plutarco, e nel De vita et poësi Homeri attribuito a Plutarco. È ignorato anche dagli scoli. Dal testo di Plutarco mancava anche il verso 541 (= 265), ma questo verso è attestato in due papiri e dalla padosis medievali. Neppure del verso 542, a dire il vero, il lettore moderno sente la mancanza, ma l’uditorio antico dei poemi omerici voleva sapere per quale ragione Ettore, l’assalitore più forte fra i Troiani, non affrontava il difensore più forte tra gli Achei, cioè Aiace. Si veda 163-4. Il vero 543, interpolato, serviva dunque a spiegare perché Ettore evitava Aiace.
[13] La formula ἐν φόβον ὦρσε compare tre volte nell'Iliade e solitamente comporta la fuga, manifestazione esteriore della paura.
[14] Si veda 2.147.
[15] Correlazione ἄλλοτε μὲν […], ὁτὲ δὲ […].
[16] I versi 571-574 sono simili ai versi 15.314-317 a parte una variante al verso 572:
571       ἱστάμενος: τὰ δὲ δοῦρα θρασειάων ἀπὸ χειρῶν
314       θρῷσκον: πολλὰ δὲ δοῦρα θρασειάων ἀπὸ χειρῶν
572       ἄλλα μὲν ἐν σάκεϊ μεγάλῳ πάγεν ὄρμενα πρόσσω,
315       ἄλλα μὲν ἐν χροῒ πήγνυτ᾽ ἀρηϊθόων αἰζηῶν,
573       πολλὰ δὲ καὶ μεσσηγύ, πάρος χρόα λευκὸν ἐπαυρεῖν,
316       πολλὰ δὲ καὶ μεσσηγὺ πάρος χρόα λευκὸν ἐπαυρεῖν
574       ἐν γαίῃ ἵσταντο λιλαιόμενα χροὸς ἆσαι.
317       ἐν γαίῃ ἵσταντο λιλαιόμενα χροὸς ἆσαι.
[17] Certo la guerra doveva essere una faccenda piuttosto rumorosa, nell’epica: l’espressione πολέμοιο δυσηχέος compare sette volte nella sola Iliade. Però l’associazione dell’epiteto δυσηχής anche con θάνατος (3x Iliade) suggerisce che gli aedi lo associavano piuttosto ad ἄχος.
[18] A proposito di σάκε᾽ ὤμοισι κλίναντες / δούρατ᾽ ἀνασχόμενοι (393 sg.), non è chiaro come debba intendersi questa posizione. Il contesto richiede che si tratti di una formazione difensiva per coprire, proteggere, il ferito Euripilo, e sotto la cui protezione Aiace possa ritirarsi, ma è difficile immaginare una posizione soddisfacente per un guerriero che inclina il suo scudo sulle sue spalle, allo stesso tempo imbracciando, protendendo la lancia (o le lance). Forse i guerrieri tenevano una lancia in ciascuna mano, lasciando pendere lo scudo dalla sua cinghia. σάκε᾽ ὤμοισι κλίναντες potrebbe anche significare che il bordo inferiore di questi scudi (forse gli scudi a torre) appoggiava a terra. Si tratta in ogni caso di un’espressione formulare, che ricorre anche in 13.488 e 22.4, il cui significato si precisa da caso a caso.