Pages

Pages

Tuesday, June 6, 2017

Iliade - Libro Tredicesimo - vv. 685-837 - Conclusione, con lo scambio finale tra Aiace ed Ettore.


685
685       ἔνθα δὲ Βοιωτοὶ καὶ Ἰάονες[1] ἑλκεχίτωνες
Qui i Beoti e gli Ioni dai chitoni fluenti, morbidi (da ἑλκεχίτων , ωνος, ὁ),
686       Λοκροὶ καὶ Φθῖοι καὶ φαιδιμόεντες Ἐπειοὶ
i Locri, gli Ftii e gli Epei splendidi (da φαιδιμόεις , εσσα, εν = φαίδιμος),
687       σπουδῇ ἐπαΐσσοντα νεῶν[2] ἔχον, οὐδὲ δύναντο
a stento, con fatica (da σπουδή , ἡ, (σπεύδω), avverbio), contenevano, trattenevano lontano (da ἔχω, “tengo lontano da”, con il genitivo della cosa), dalle navi (Ettore) che assaltava, né riuscivano
688       ὦσαι ἀπὸ σφείων φλογὶ εἴκελον[3] Ἕκτορα δῖον
a respingere (da ὠθέω) via da queste Ettore divino simile (da εἴκελος , η, ον, (εἰκός)) al fuoco,
689       οἳ μὲν Ἀθηναίων προλελεγμένοι: ἐν δ᾽ ἄρα τοῖσιν
questi, gli (uomini) scelti (da προλέγω) degli Ateniesi; tra di loro dunque
690       ἦρχ᾽ υἱὸς Πετεῶο Μενεσθεύς, οἳ δ᾽ ἅμ᾽ ἕποντο
aveva il comando Menesteo, il figlio di Peteoo, e costoro seguivano insieme,
691       Φείδας τε Στιχίος τε Βίας τ᾽ ἐΰς: αὐτὰρ Ἐπειῶν
Fidante e Stichio e nobile, prode Biante; tra gliEpei invece
692       Φυλεΐδης τε Μέγης Ἀμφίων τε Δρακίος τε,
Megeo, Fileide, figlio di Fileo, e Anfione e Drachio,
693       πρὸ Φθίων δὲ Μέδων τε μενεπτόλεμός τε Ποδάρκης.
di fronte agli Ftii (erano) Medonte e Podarce saldo, fedele in battaglia.
694       ἤτοι ὃ μὲν νόθος υἱὸς Ὀϊλῆος θείοιο[4]
Invero questi, figlio bastardo del divino Oileo,
695       ἔσκε Μέδων Αἴαντος ἀδελφεός: αὐτὰρ ἔναιεν
Medonte, era fratello di Aiace; però abitava
696       ἐν Φυλάκῃ γαίης ἄπο πατρίδος ἄνδρα κατακτὰς
a Filache, lontano dalla terra patria, avendo ucciso (da κατακτείνω) un uomo,
697       γνωτὸν[5] μητρυιῆς Ἐριώπιδος, ἣν ἔχ᾽ Ὀϊλεύς:
Un parente (da γνωτός , ή) della matrigna (da μητρυιά , Ion. μητρυιή , ῆς, ἡ) Eriopide, che Oileo aveva come moglie (da ἔχω, di solito senza γυναῖκα, ἄνδρα);
698       αὐτὰρ ὃ Ἰφίκλοιο πάϊς τοῦ Φυλακίδαο.
l’altro (Podarce) (era) figlio di Ificlo il Filacide, il figlio di Fileo.
699       οἳ μὲν πρὸ Φθίων μεγαθύμων θωρηχθέντες
Questi, con le corazze sul petto (da θωρήσσω), davanti agli Ftii magnanimi, animosi,
700       ναῦφιν[6] ἀμυνόμενοι μετὰ Βοιωτῶν ἐμάχοντο:
difendendo (da ἀμύνω, utilizzato assoluto) davanti alle navi combattevano con i Beoti;
701       Αἴας δ᾽ οὐκέτι πάμπαν Ὀϊλῆος ταχὺς υἱὸς
PARAGONE à Aiace invece, il rapido figlio di Oileo, non più assolutamente
702       ἵστατ᾽ ἀπ᾽ Αἴαντος Τελαμωνίου οὐδ᾽ ἠβαιόν,
stava lontano da Aiace Telamonio, neppure di poco (da ἠβαιός , ά, όν, spesso al neutro come avverbio),
703       ἀλλ᾽ ὥς τ᾽ ἐν νειῷ βόε οἴνοπε πηκτὸν ἄροτρον[7]
ma come due buoi dal colore del vino (da οἶνοψ , οπος, ὁ, (ὄψ), anche epiteto del mare, in 23.316) nel maggese, in un campo messo a riposo (da νειός , ἡ), l’aratro (da ἄροτρον , τό, (ἀρόω)) pesante (da πηκτός , ή, όν),
704       ἶσον θυμὸν ἔχοντε τιταίνετον: ἀμφὶ δ᾽ ἄρά σφι
tirano, trascinano (da τιταίνω), avendo un solo spirito, uno stesso intento; ed ecco intorno a loro, da un fianco e dall’altro
705       πρυμνοῖσιν[8] κεράεσσι πολὺς ἀνακηκίει ἱδρώς:
alla terminazione (da πρυμνός , ή, όν: si intende quindi la base delle corna, vicino al corpo) delle corna il sudore sgorga (da ἀνακηκίω) copioso;
706       τὼ μέν τε ζυγὸν οἶον ἐΰξοον ἀμφὶς ἐέργει
questi due uno stesso giogo (da ζυγόν , τό) ben levigato tiene bloccati, trattiene (da ἔργω), dai due lati
707       ἱεμένω κατὰ ὦλκα: τέμει δέ τε τέλσον ἀρούρης:[9]
mentre vanno (da ἵημι) giù lungo il solco (da αὖλαξ , ακος, ἡ , anche ἄλοξ , οκος ; ὦλξ , trovato solo all’accusativo ὦλκα, ὦλκας); il limite (da τέλσον , τό) del campo (da ἄρουρα , Ion. ἄρουρη , ἡ) (li) delimita, (li) ferma (da τέμνω);
708       ὣς τὼ παρβεβαῶτε μάλ᾽[10] ἕστασαν ἀλλήλοιιν.
così questi due stavano molto vicini (da παραβαίνω , “vado a fianco; sto a fianco” , con il dativo) l’uno all’altro.
709       ἀλλ᾽ ἤτοι Τελαμωνιάδῃ πολλοί τε καὶ ἐσθλοὶ
710       λαοὶ ἕπονθ᾽ ἕταροι[11], οἵ οἱ σάκος ἐξεδέχοντο
Ma invero molti e valorosi uomini seguivano (da ἕπομαι , con il dativo) il Telamonio, compagni, che ricevevano, prendevano (da ἐκδέχομαι , in costruzione τί τινι), da lui lo scudo
711       ὁππότε μιν κάματός τε καὶ ἱδρὼς γούναθ᾽ ἵκοιτο.
quando a lui la fatica (da κάματος , ὁ, (κάμνω)) e il sudore raggiungono, gli invadono (da ἱκνέομαι , con l’accusativo della persona e del luogo), le ginacchia.
712       οὐδ᾽ ἄρ᾽ Ὀϊλιάδῃ μεγαλήτορι Λοκροὶ[12] ἕποντο:
Ma i Locri non seguivano il magnanimo (da μεγαλήτωρ , ορος, ὁ, ἡ, (ἦτορ)) figlio di Oileo;
713       οὐ γάρ σφι σταδίῃ ὑσμίνῃ μίμνε φίλον κῆρ:
infatti il loro cuore non reggeva, non resisteva (da μίμνω, qui con il dativo), loro al combattimento (ὑσμίνη , ἡ) corpo a corpo (da στάδιος , α, ον);
714       οὐ γὰρ ἔχον κόρυθας χαλκήρεας ἱπποδασείας,
non avevano infatti elmi di bronzo, armati, rinforzati in bronzo, folto di chiome di cavallo (da ἱπποδάσεια , ἡ, aggettivo femminile, attributo di κόρυς e κυνέη),
715       οὐδ᾽ ἔχον ἀσπίδας εὐκύκλους[13] καὶ μείλινα δοῦρα,
né avevano gli scudi (da ἀσπίς , ίδος, ἡ,) rotondi (da εὔκυκλος , ον) né le aste di frassino (da μέλινος , Ep. μείλινος , η, ον, (μελία)),
716       ἀλλ᾽ ἄρα τόξοισιν καὶ ἐϋστρεφεῖ οἶος ἀώτῳ[14]
invece negli archi e nella ben ritorta, ben attorcigliata (da ἐϋστρεφής, ές), lana (da ἄωτον , τό, e ἄωτος , ὁ: in Omero per lo più usato per la lana più fine) di pecora
717       Ἴλιον εἰς ἅμ᾽ ἕποντο πεποιθότες, οἷσιν[15] ἔπειτα
fidando, insieme (a lui) venivano ad Ilio, con i quali poi
718       ταρφέα βάλλοντες Τρώων ῥήγνυντο φάλαγγας:
scagliando fittamente, a raffica, spezzavano, scompigliavano lo schiere dei Troiani;
719       δή ῥα τόθ᾽ οἳ μὲν πρόσθε σὺν ἔντεσι δαιδαλέοισι
ed ecco allora gli uni davanti con le armi (da ἔντεα , τά) abilmente lavorate (da δαιδάλεος , α, ον: (δαιδάλλω)),
720       μάρναντο Τρωσίν τε καὶ Ἕκτορι χαλκοκορυστῇ,
combattevano (da μάρναμαι , deponente, solo al pres. ed imperf. , costr. Τινί) contro i Troiani e contro Ettore armato di bronzo (da χαλκοκορυστής , οῦ, ὁ),
721       οἳ δ᾽ ὄπιθεν βάλλοντες ἐλάνθανον: οὐδέ τι χάρμης
gli altri invece scagliando, bersagliando (da λανθάνω : spesso, come qui, associato ad un participio; in questo caso il participio viene reso con un verbo, mentre λανθάνω viene reso con un avverbio o una perifrasi, “di nascosto”), di nascosto, stando nascosti, al riparo; né in alcun modo della gioia, dell’eccitazione della battaglia (da χάρμη , ἡ)
722       Τρῶες μιμνήσκοντο: συνεκλόνεον γὰρ ὀϊστοί.[16]
I Troiani erano memori; (li) scompigliavano (da συγκλονέω) infatti i dardi.
Paragone
723
723       ἔνθά κε λευγαλέως νηῶν ἄπο καὶ κλισιάων
E qui miseramente, tristemente (da λευγαλέος , α, ον), via dalle navi e dalle tende
724       Τρῶες ἐχώρησαν προτὶ Ἴλιον ἠνεμόεσσαν,
I Troiani si ritirano (da χωρέω, con il gen. semplice o come qui con ἀπό e il genitivo) verso Ilio ventosa (da ἠνεμόεις , εσσα, εν, (ἄνεμος)),
725       εἰ μὴ Πουλυδάμας[17] θρασὺν Ἕκτορα εἶπε παραστάς:
Se Polidamante, stando accanto al coraggioso, impavido Ettore, non avesse detto:
726       ‘ Ἕκτορ ἀμήχανός ἐσσι παραρρητοῖσι πιθέσθαι.
« Ettore, non sei capace (da ἀμήχανος , ον, con l’infinito: il termine descrive qualcuno di incorreggibile, si veda 10.167, 15.14, 16.29) di dare retta (da πείθω, con il dativo) a parole persuasive (da παραρρητός , ή, όν, al neutro plurale nel senso di “consigli, parole persuasive”).
727       οὕνεκά τοι περὶ δῶκε θεὸς πολεμήϊα ἔργα
Poiché a te al di sopra degli altri (da περί , assoluto come avverbio) un dio ha dato (da δίδωμι) le imprese belliche,
728       τοὔνεκα[18] καὶ βουλῇ ἐθέλεις περιίδμεναι[19] ἄλλων:
per questo anche nel decidere, nel consiglio, vuoi superare gli altri, vuoi saperne più degli altri (da περίοιδα , con l’accusativo della cosa e il genitivo della persona):
729       ἀλλ᾽ οὔ πως ἅμα πάντα δυνήσεαι αὐτὸς ἑλέσθαι.
ma in nessun modo tutte le cose insieme tu stesso sarai capace (da δύναμαι) di prenderti, di attribuirti (da αἱρέω).
730       ἄλλῳ μὲν γὰρ ἔδωκε θεὸς πολεμήϊα ἔργα,
A qualcuno infatti un dio dona le imprese belliche,
731       ἄλλῳ δ᾽ ὀρχηστύν, ἑτέρῳ κίθαριν καὶ ἀοιδήν,
ad un altro la danza (da ὀρχηστύς , ύος, ἡ, Ion. per ὄρχησις), ad un altro l’abilità nel suonare la cetra (da κίθαρις , ιος, ἡ, acc. κίθαριν = κιθάρα) e il canto (da ἀοιδή , Att. contr. ᾠδή , ἡ (ἀείδω)),
732       ἄλλῳ δ᾽ ἐν στήθεσσι τιθεῖ νόον εὐρύοπα Ζεὺς
ad un altro ancora Zeus tonante pone, ispira nel petto una mente, un intelletto (da νόος , νόου, ὁ, Att. contr. νοῦς , gen. νοῦ: Omero utilizza la forma contratta una volta, al nominativo, in Od.10.240),
733       ἐσθλόν, τοῦ δέ τε πολλοὶ ἐπαυρίσκοντ᾽[20] ἄνθρωποι,
brillante (da ἐσθλός , ή, όν, = ἀγαθός), dal quale molti uomini traggono profitto, del quale si giovano (da ἐπαυρέω ed ἐπαυρίσκω , con il genitivo),
734       καί τε πολέας ἐσάωσε, μάλιστα δὲ καὐτὸς ἀνέγνω.
e molti salva (da σαόω , = σώζω), e soprattutto lui stesso (lo) sa bene, con certezza (da ἀναγιγνώσκω).
735       αὐτὰρ ἐγὼν ἐρέω ὥς μοι δοκεῖ εἶναι ἄριστα:[21]
Io (da ἐγώ , Ep. per lo più ἐγών davanti a vocale) invece dirò (da ἐρέω , Ion. per ἐρῶ) come a me sembra essere meglio, come io credo siano le cose migliori:
736       πάντῃ γάρ σε περὶ στέφανος[22] πολέμοιο δέδηε[23]:
dappertutto infatti intorno a te il cerchio (da στέφανος , ὁ) del combattimento, dei nemici si è acceso, arde (da δαίω);
737       Τρῶες δὲ μεγάθυμοι ἐπεὶ κατὰ[24] τεῖχος ἔβησαν
i Troiani magnanimi dopo che sono passati sopra (da κατά , “giù da sopra”, il senso è davvero che si sono riversati giuù dalle mura che hanno superato) il muro
738       οἳ μὲν ἀφεστᾶσιν σὺν τεύχεσιν, οἳ δὲ μάχονται
alcuni se ne stanno in disparte (da ἀφίστημι) con le armi, altri combattono
739       παυρότεροι πλεόνεσσι κεδασθέντες κατὰ νῆας.
pochissimi (da παῦρος , ον : qui in senso numerico, poet. per ὀλίγος) contro (nemici) più numerosi (da πλείων , πλέων , ὁ, ἡ), sparsi, dispersi (da κεδάννυμι), tra le navi, lungo le navi.
740       ἀλλ᾽ ἀναχασσάμενος κάλει ἐνθάδε πάντας ἀρίστους:
Ma dopo esserti ritirato, dopo avere indietreggiato (da ἀναχάζω, per lo più al passivo ἀναχάζομαι, freq. nell’Iliade), chiama qui tutti i migliori:
741       ἔνθεν δ᾽ ἂν μάλα πᾶσαν ἐπιφρασσαίμεθα βουλὴν
a partire da queste circostanze (da ἔνθεν, che può essere inteso sia in senso temporale, oppure probabilmente “da questo punto; a partire da queste circostanze”) prenderemmo in considerazione (da ἐπιφράζω) con molta attenzione ogni consiglio, scelta,
742       ἤ κεν ἐνὶ νήεσσι πολυκλήϊσι πέσωμεν[25]
se dare l’assalto alle navi dai molti banchi (da πολυκλήϊς, ιδος, ἡ, da κλεΐς),
743       αἴ κ᾽ ἐθέλῃσι θεὸς δόμεναι κράτος, ἦ κεν ἔπειτα[26]
nel caso un dio voglia dare (da δίδωμι) (a noi) la vittoria, oppure se dopo
744       πὰρ νηῶν ἔλθωμεν ἀπήμονες. ἦ γὰρ ἔγωγε
andarcene, allontanarci (da ἔρχομαι), da lungo le navi illesi, incolumi (da ἀπήμων , ον, gen. -ονος, (πῆμα)). In verità infatti io stesso
745       δείδω μὴ τὸ χθιζὸν ἀποστήσωνται Ἀχαιοὶ
746       χρεῖος, ἐπεὶ παρὰ νηυσὶν ἀνὴρ ἆτος πολέμοιο
temo che gli Achei non si facciano pagare (da ἀφίστημι) il debito (da χρέος , τό Ep. χρεῖος quasi sempre in Omero) di ieri (da χθιζός , ή, όν, (χθές)), dal momento che presso le navi un uomo insaziato (da ἄατος , contr. ἆτος , ον, con il genitivo) di guerra
747       μίμνει, ὃν οὐκέτι πάγχυ μάχης σχήσεσθαι ὀΐω ’.
rimane, che io non penso che completamente si terrà lontano (da ἔχω, con il genitivo della cosa) dalla battaglia ».
Le diverse qualità degli uomini
730
ἄλλῳ μὲν γὰρ ἔδωκε θεὸς πολεμήϊα ἔργα,
ἄλλῳ δ᾽ ὀρχηστύν, ἑτέρῳ κίθαριν καὶ ἀοιδήν,
ἄλλῳ δ᾽ ἐν στήθεσσι τιθεῖ νόον εὐρύοπα Ζεὺς
ἐσθλόν, τοῦ δέ τε πολλοὶ ἐπαυρίσκοντ᾽ ἄνθρωποι,
καί τε πολέας ἐσάωσε, μάλιστα δὲ καὐτὸς ἀνέγνω.

La divinità concede a qualcuno le imprese di guerra,
ad un altro la danza, ad un altro la cetra ed il canto,
ad un altro ancora Zeus tonante ispira nel petto
un intelletto acuto, del quale si giovano tantissimi uomini,
molti ne salva, lui stesso lo sa più d’ogni altro.
Citazione
748
748       ὣς φάτο Πουλυδάμας, ἅδε δ᾽ Ἕκτορι μῦθος ἀπήμων,
Così diceva Polidamante, e il discorso favorevole, propizio (da ἀπήμων , ον, gen. -ονος, (πῆμα)), piace (da ἁνδάνω) ad Ettore,
749       αὐτίκα δ᾽ ἐξ ὀχέων σὺν τεύχεσιν ἆλτο χαμᾶζε[27]
e subito giù dal carro con le armi salta a terra
750       καί μιν φωνήσας ἔπεα πτερόεντα προσηύδα:
e a lui, articolando la voce, diceva alate parole:
751       ‘ Πουλυδάμα σὺ μὲν αὐτοῦ ἐρύκακε πάντας ἀρίστους,
« O Polidamante, tu trattieni (da ἐρύκω) qui tutti i migliori,
752       αὐτὰρ ἐγὼ κεῖσ᾽ εἶμι καὶ ἀντιόω πολέμοιο:
io invece vado laggiù ed affronto (da ἀντιάω , Omero utilizza il presente solo nella forma epica ἀντιόω, con il genitivo della cosa) la battaglia:
753       αἶψα δ᾽ ἐλεύσομαι αὖτις ἐπὴν εὖ τοῖς ἐπιτείλω[28] ’.
immediatamente ritornerò (da ἔρχομαι) indietro, dopo che (da ἐπήν , Ion. epico per ἐπάν (ἐπεὶ ἄν), con il congiuntivo dell’azione che dovrebbe ipoteticamente avverarsi) avrò ben dato loro istruzioni, ordini (da ἐπιτέλλω) ».

754
754       ἦ ῥα, καὶ ὁρμήθη ὄρεϊ νιφόεντι ἐοικὼς
Diceva, e avanza, si mette in movimento (da ὁρμάω), sime ad una montagna innevata, coperta di neve (da νιφόεις , εσσα, εν),
755       κεκλήγων, διὰ δὲ Τρώων πέτετ᾽ ἠδ᾽ ἐπικούρων.
urlando (da κλάζω), volava (da πέτομαι) tra i Troiani e gli alleati.
756       οἳ δ᾽ ἐς Πανθοΐδην ἀγαπήνορα[29] Πουλυδάμαντα
Questi verso il coraggioso, virile (da ἀγαπήνωρ , ορος, ὁ), Polidamante, figlio di Pantoo,
757       πάντες ἐπεσσεύοντ᾽, ἐπεὶ Ἕκτορος ἔκλυον αὐδήν.
tutti accorrevano, si affrettavano, si dirigevano (da πεσσεύω), dopo che udivano la voce (da αὐδή , ἡ) di Ettore.
758       αὐτὰρ ὃ Δηΐφοβόν τε βίην θ᾽ Ἑλένοιο ἄνακτος
Quello invece Deifobo e la forza di Eleno signore
759       Ἀσιάδην τ᾽ Ἀδάμαντα καὶ Ἄσιον Ὑρτάκου υἱὸν
e Adamante figlio di Asio e Asio figlio di Irtaco
760       φοίτα ἀνὰ προμάχους διζήμενος, εἴ που ἐφεύροι[30].
andava avanti e indietro (da φοιτάω) cercando (da δίζημαι) tra i combattenti di prima fila, se in qualche luogo (li) trovasse (da ἐφευρίσκω).
761       τοὺς δ᾽ εὗρ᾽ οὐκέτι πάμπαν ἀπήμονας οὐδ᾽ ἀνολέθρους:
Questi però non trovò (da εὑρίσκω) del tutto, davvero né esenti da ferite (da ἀπήμων , ον, gen. -ονος, (πῆμα)) né esenti da morte, da rovina (da ἀνόλεθρος , ον):
762       ἀλλ᾽ οἳ μὲν δὴ νηυσὶν ἔπι πρυμνῇσιν Ἀχαιῶν
ma gli uni davanti alle poppe delle navi dgli Achei
763       χερσὶν ὑπ᾽ Ἀργείων κέατο ψυχὰς ὀλέσαντες,
sotto le braccia degli Argivi giacevano (da κεῖμαι) dopo aver perso (da ὄλλυμι) le (loro) vite,
764       οἳ δ᾽ ἐν τείχει[31] ἔσαν βεβλημένοι οὐτάμενοί τε.
gli altri invece erano dentro le mura colpiti (da βάλλω) e feriti (da οὐτάω).
765       τὸν δὲ τάχ᾽ εὗρε μάχης ἐπ᾽ ἀριστερὰ δακρυοέσσης
Ben presto trova sul lato sinistro della battaglia lacrimosa, dolorosa, lui,
766       δῖον Ἀλέξανδρον Ἑλένης πόσιν ἠϋκόμοιο
il divino Alessandro, lo sposo di Elena dalla bella chioma,
767       θαρσύνονθ᾽ ἑτάρους καὶ ἐποτρύνοντα μάχεσθαι,
mentre incita (da θαρσύνω) i compagni e (li) incita (da ἐποτρύνω) combattere,
768       ἀγχοῦ δ᾽ ἱστάμενος προσέφη αἰσχροῖς ἐπέεσσι:
e standogli vicino (gli) si rivolgeva (da πρόσφημι , qui utilizzato assolutamente) con parole aspre, che causano disonore, vergogna:
769       ‘ Δύσπαρι εἶδος ἄριστε[32] γυναιμανὲς ἠπεροπευτὰ[33]
« Maledetto Paride, il migliore per bellezza (da εἶδος , εος, τό), pazzo per le donne (da γυναιμανής , ές = γυναικομανής), ingannatore (da ἠπεροπευτής , οῦ, ὁ),
770       ποῦ τοι[34] Δηΐφοβός τε βίη θ᾽ Ἑλένοιο ἄνακτος
Dove’è il tuo Deifobo e la forza di Eleno signore,
771       Ἀσιάδης τ᾽ Ἀδάμας ἠδ᾽ Ἄσιος Ὑρτάκου υἱός;
e Adamante figlio di Asio, e Asio figlio di Irtaco ?
772       ποῦ δέ τοι Ὀθρυονεύς; νῦν ὤλετο πᾶσα κατ᾽ ἄκρης[35]
Dove è il tuo Otrioneo ? Ora è perita (da ὄλλυμι) dalla cima, da cima a fondo, completamente (da ἄκρα , Ion. ἄκρη , ἡ, (femm. di ἄκρος)), tutta
773       Ἴλιος αἰπεινή: νῦν τοι σῶς αἰπὺς ὄλεθρος ’.
Ilio scoscesa (da αἰπεινός , ή, όν, (αἰπύς)); ora è certa (da σῶς , ὁ, ἡ, σῶν, τό, aggettivo difettivo: “salvo” da rendere con “certo, sicuro”) la tua rovina (da ὄλεθρος , ὁ) completa, assoluta (da αἰπύς , εῖα, ύ) ».

774
774       τὸν δ᾽ αὖτε προσέειπεν Ἀλέξανδρος θεοειδής:[36]
A lui di rimando, in risposta, parla Alessandro, simile ad un dio:
775       ‘ Ἕκτορ ἐπεί τοι θυμὸς ἀναίτιον αἰτιάασθαι,
« Ettore, dal momento che (è) tuo desiderio (da θυμός , ὁ) dare la colpa (da αἰτιάομαι) a chi non ha colpa (da ἀναίτιος , ον),
776       ἄλλοτε δή ποτε μᾶλλον ἐρωῆσαι πολέμοιο
777       μέλλω, ἐπεὶ οὐδ᾽ ἐμὲ πάμπαν ἀνάλκιδα γείνατο μήτηρ:
in altra occasione, piuttosto, una volta potrò (da μέλλω, con aoristo infinito per probabilità nel passato) essere sfuggito a, aver evitato (da ἐρωέω, con il genitivo della cosa), la battaglia, poichè (mia) madre non mi ha generato (da γείνομαι) del tutto vigliacco (da ἄναλκις , ιδος, ὁ, ἡ: accusativo “-ιδα”);
778       ἐξ οὗ γὰρ παρὰ νηυσὶ μάχην ἤγειρας ἑταίρων,
da quando infatti presso le navi (da ἐγείρω) susciti la battaglia dei compagni,
779       ἐκ τοῦ[37] δ᾽ ἐνθάδ᾽ ἐόντες ὁμιλέομεν Δαναοῖσι
da allora stando qui fronteggiamo (da ὁμιλέω, in senso ostile: con il dativo) i Danai
780       νωλεμέως: ἕταροι δὲ κατέκταθεν οὓς σὺ μεταλλᾷς.
incessantemente, senza tregua (da νωλεμές , avverbio anche nella forma νωλεμέως); i compagni sono rimasti uccisi (da κατακτείνω), quelli che tu cerchi (da μεταλλάω).
781       οἴω Δηΐφοβός τε βίη θ᾽ Ἑλένοιο ἄνακτος
Soli Deifobo e la forza di Eleno signore
782       οἴχεσθον, μακρῇσι τετυμμένω ἐγχείῃσιν
sono scampati, sono sfuggiti (da οἴχομαι), con lunghe lance (da ἐγχείη , ἡ, forma Ep. di ἔγχος) colpiti, feriti (da τύπτω),
783       ἀμφοτέρω κατὰ χεῖρα: φόνον δ᾽ ἤμυνε Κρονίων.
entrambe al braccio: il Cronide stornava (da ἀμύνω) la morte (da φόνος , ὁ, (θείνω)).
784       νῦν δ᾽ ἄρχ᾽ ὅππῃ σε κραδίη θυμός τε κελεύει:
Ora comanda (da ἄρχω) come il cuore e lo spirito ti suggerisce, ti detta:
785       ἡμεῖς δ᾽ ἐμμεμαῶτες ἅμ᾽ ἑψόμεθ᾽, οὐδέ τί φημι
noi ardenti, con impeto (da ἐμμεμαώς , υῖα, ός), insieme (ti) seguiremo (da ἕπομαι), né (ti) dico che in alcun modo
786       ἀλκῆς δευήσεσθαι, ὅση δύναμίς γε πάρεστι[38].
mancheremo (da δεύω , con il genitivo della cosa) di ardore, di coraggio (da ἀλκή , ἡ), per quanta forza, potenza (da δύναμις , ἡ, gen. εως, Ion. ιος), è presso di me, in me,
787       πὰρ δύναμιν[39] δ᾽ οὐκ ἔστι καὶ ἐσσύμενον πολεμίζειν.
Oltre la (propria) forza non è possibile che anche chi è impetuoso furioso (da ἐσσύμενος , η, ον, Ep. part. pass. di σεύω), combatta ».

788
788       ὣς εἰπὼν παρέπεισεν ἀδελφειοῦ φρένας ἥρως:[40]
Così dicendo l’eroe convince (da παραπείθω) la mente del fratello:
789       βὰν δ᾽ ἴμεν ἔνθα μάλιστα μάχη καὶ φύλοπις ἦεν[41]
si avviarono (da βαίνω) per andare dove più accesa era la battaglia e la strage
790       ἀμφί τε Κεβριόνην καὶ ἀμύμονα Πουλυδάμαντα
accanto a Cebrione e a Polidamante perfetto,
791       Φάλκην Ὀρθαῖόν τε καὶ ἀντίθεον Πολυφήτην
a Falce, Orteo e Polifete simile ad un dio,
792       Πάλμύν τ᾽ Ἀσκάνιόν τε Μόρυν θ᾽ υἷ᾽[42] Ἱπποτίωνος,
a Palmi, ed Ascanio e a Mori, figli di Ippotione,
793       οἵ ῥ᾽ ἐξ Ἀσκανίης ἐριβώλακος ἦλθον ἀμοιβοὶ
che dall’Ascania dalle grandi zolle, argillosa, fertile (da ἐριβῶλαξ , ακος, ὁ, ἡ), erano giunti come rinforzi (da ἀμοιβός , ὁ, hapaxepico formato con lo stesso meccanismo di ἀοιδός),
794       ἠοῖ τῇ προτέρῃ: τότε δὲ Ζεὺς ὦρσε μάχεσθαι.
il giorno (da ἠώς , ἡ, gen. ἠοῦς, dat. ἠοῖ, acc. ἠῶ) precedente: allora, in quel momento, Zeus li spinse a combattere.
795       οἳ δ᾽ ἴσαν ἀργαλέων ἀνέμων ἀτάλαντοι ἀέλλῃ,[43]
PARAGONE à Essi muovevano, si lanciavano (da εἶμι), simili ad una tempesta di venti furiosi, terribili (da ἀργαλέος , α, ον),
796       ἥ ῥά θ᾽ ὑπὸ βροντῆς πατρὸς Διὸς εἶσι πέδον δέ,
che da sotto il tuono (da βροντή , ἡ) di Zeus padre si getta (da εἶμι) verso terra, sulla pianura (da πέδονδε, avverbio),
797       θεσπεσίῳ δ᾽ ὁμάδῳ ἁλὶ μίσγεται, ἐν[44] δέ τε πολλὰ
con un terribile, sovrumano, portentoso (da θεσπέσιος , α, ον), boato (da ὅμαδος , ὁ) si mescola (da μίγνυμι, in costruzione μ. τί τινι) al mare, e lì (sono) molte
798       κύματα παφλάζοντα πολυφλοίσβοιο θαλάσσης
onde ribollenti, spumeggianti (da παφλάζω), del mare rumoroso, sonoro (l’aggettivo πολύφλοισβος , ον, deriva da φλοῖσβος , ὁ che indica ogni rumore confuso, come un ruggito),
799       κυρτὰ φαληριόωντα, πρὸ μέν τ᾽ ἄλλ᾽, αὐτὰρ ἐπ᾽ ἄλλα:
gonfie (da κυρτός , ή, όν), biancheggianti (da φαληριάω), prima (da πρό, assoluto come avverbio: qui di luogo, opposto ad ἐπί , “dopo”) altre, poi altre ancora;
800       ὣς Τρῶες πρὸ μὲν ἄλλοι ἀρηρότες[45], αὐτὰρ ἐπ᾽ ἄλλοι,
così i Troiani, prima gli uni a ranghi serrati, accalcandosi (da ἀραρίσκω), poi ancora altri,
801       χαλκῷ μαρμαίροντες ἅμ᾽ ἡγεμόνεσσιν ἕποντο.
splendenti, fiammeggianti (da μαρμαίρω), di bronzo, seguivano insieme ai (loro) comandanti (da ἡγεμών , όνος, ὁ)
802       Ἕκτωρ δ᾽ ἡγεῖτο βροτολοιγῷ ἶσος Ἄρηϊ[46]
Guidava, era al comando (da ἡγέομαι), simile ad Ares flagello degli uomini, Ettore,
803       Πριαμίδης: πρόσθεν δ᾽ ἔχεν ἀσπίδα πάντοσ᾽ ἐΐσην[47]
il figlio di Priamo: dinanzi teneva lo scudo da tutti lati eguale, ben bilanciato,
804       ῥινοῖσιν πυκινήν, πολλὸς δ᾽ ἐπελήλατο χαλκός[48]:
saldo, compatto di pelli (da ῥινός , οῦ , ἡ), spesso bronzo era stato steso sopra (da ἐπελαύνω);
805       ἀμφὶ δέ οἱ κροτάφοισι φαεινὴ σείετο πήληξ.
intorno alle sue tempie (da κρόταφος , ὁ) ondeggiava (da σείω) l’elmo (da πήληξ , ηκος, ἡ) splendente, lucente.
806       πάντῃ δ᾽ ἀμφὶ[49] φάλαγγας ἐπειρᾶτο προποδίζων,
In ogni punto, intorno alle falangi, tentava, metteva alla prova (da πειράω), avanzando a piedi (da προποδίζω , (πούς)),
807       εἴ πώς οἱ εἴξειαν ὑπασπίδια[50] προβιβῶντι:
se mai, in qualche modo, cedessero, indietreggiassero di fronte (da εἴκω , col dativo della persona), a lui che avanzava (da προβαίνω) sotto lo scudo (da ὑπασπίδιος , ον, (ἀσπίς), qui al neutro pl. come avverbio);
808       ἀλλ᾽ οὐ σύγχει θυμὸν ἐνὶ στήθεσσιν Ἀχαιῶν.
ma non confondeva, non preoccupava (da συγχέω), il cuore nel petto degli Achei.
809       Αἴας δὲ πρῶτος προκαλέσσατο μακρὰ βιβάσθων[51]:
Aiace per primo lancia la sfida (da προκαλέω), procedendo (da βιβάσθω , = βιβάω, forma poetica di βαίνω: ma si veda la nota) a grandi passi:
810       ‘ δαιμόνιε σχεδὸν ἐλθέ: τί ἢ δειδίσσεαι αὔτως
« Miserabile, vieni (mi) vicino ! Perchè (da τίη , meglio τί ἢ: la seconda particella espletiva) spaventi, cerchi di spaventare (da δειδίσσομαι causale di δείδω), in questo modo
811       Ἀργείους; οὔ τοί τι μάχης ἀδαήμονές εἰμεν,
gli Achei ? Ti dico che non siamo in alcun modo ignoranti, inesperti (da ἀδαήμων , ον, con il genitivo), di guerra,
812       ἀλλὰ Διὸς μάστιγι[52] κακῇ ἐδάμημεν Ἀχαιοί.
ma noi Achei siamo stati domati (da δαμάζω) dalla frusta malevola, ostile di Zeus.
813       ἦ θήν πού τοι θυμὸς ἐέλπεται ἐξαλαπάξειν
Per certo (da θήν , particella enclitica = δή, esprime forte convincimento in un’affermazione: forse θήν è più debole (Denniston)) in qualche modo il tuo cuore spera, pensa (da ἔλπω , ἐέλπω), di distruggere (da ἐξαλαπάζω)
814       νῆας: ἄφαρ[53] δέ τε χεῖρες ἀμύνειν εἰσὶ καὶ ἡμῖν.
le navi; però ben presto, invero (da ἄφαρ, in Omero per lo più all’inizio della proposizione, seguito da δέ: qui sembra sia appena “invero”), anche noi abbiamo braccia per difender(le), per allontare la minaccia.
815       ἦ κε πολὺ φθαίη εὖ ναιομένη πόλις ὑμὴ
Certamente molto prima (da φθάνω: viene impiegato accompagnando un’azione che accade prima di un’altra; in questo caso l’azione nella quale qualcosa viene prima viene espressa dal participio – ἁλοῦσά τε περθομένη τε - e quest’ultimo concorda col soggetto, qui πόλις) la vostra città ben popolata
816       χερσὶν ὑφ᾽ ἡμετέρῃσιν ἁλοῦσά τε περθομένη τε.
sotto le nostre mani, sotto i nostri colpi sarà presa (da ἁλίσκομαι) e distrutta, saccheggiata (da πέρθω).
817       σοὶ δ᾽ αὐτῷ φημὶ σχεδὸν ἔμμεναι ὁππότε φεύγων
E dico, credo, che anche per te stesso sia vicino il momento in cui fuggendo
818       ἀρήσῃ Διὶ πατρὶ καὶ ἄλλοις ἀθανάτοισι
Pregherai, dovrai pregare (da ἀράομαι, con preghiera ad un dio il verbo regge il dativo), Zeus padre e gli altri immortali
819       θάσσονας ἰρήκων ἔμεναι καλλίτριχας ἵππους,
che siano più veloci (da ταχύς , εῖα, ύ , comparativo nella forma più usuale è θάσσων , neutro θᾶσσον, gen. ονος) dei falchi (da ἱέραξ , ακος, ὁ, Ion. ed Ep. ἴρηξ , ηκος) i (tuoi) cavalli dalle belle criniere
820       οἵ σε πόλιν δ᾽ οἴσουσι κονίοντες πεδίοιο ’.
che te porteranno (da φέρω) in città, sollevando nuvole di polvere (da κονίω) attraverso la pianura ».
Paragone
821
821       ὣς ἄρα οἱ εἰπόντι ἐπέπτατο δεξιὸς ὄρνις
A lui che così parlava (da εἶπον) volò incontro (da ἐπιπέτομαι) un uccello (da ὄρνις , ὁ, anche ἡ) da destra, di buon augurio (da δεξιός , ά, όν),
822       αἰετὸς[54] ὑψιπέτης: ἐπὶ δ᾽ ἴαχε λαὸς Ἀχαιῶν
un’aquila che vola alta, dal volo alto (da ὑψιπέτης , ου (πέτομαι)); e inoltre (da ἐπὶ δέ) gridava (da ἰάχω) l’esercito degli Achei
823       θάρσυνος οἰωνῷ[55]: ὃ δ᾽ ἀμείβετο φαίδιμος Ἕκτωρ:
fidando (da θάρσυνος , ον = θαρσαλέος, con il dativo) nel presagio (da οἰωνός , ὁ); e quello rispondeva (da ἀμείβω), lo splendido Ettore:
824       ‘ Αἶαν ἁμαρτοεπὲς βουγάϊε ποῖον ἔειπες[56]:
« O Aiace, bugiardo, che erri nel parlare (da ἁμαρτοεπής , ές, (ἔπος)), fanfarone (da βουγάϊος , ὁ (γαίω)), in che modo hai parlato?
825       εἰ γὰρ ἐγὼν οὕτω γε Διὸς πάϊς αἰγιόχοιο
Se infatti io stesso così, allo stesso modo, figlio di Zeus portatore dell’egida
826       εἴην ἤματα πάντα, τέκοι δέ με πότνια Ἥρη,
fossi per l’eternità, per tutti i giorni (da ἦμαρ , ατος, τό), e mi avesse generato la veneranda Era,
827       τιοίμην δ᾽ ὡς τίετ᾽ Ἀθηναίη καὶ Ἀπόλλων,
e fossi onorato (da τίω) come è onorata Atenea, ed Apollo,
828       ὡς νῦν ἡμέρη ἥδε κακὸν φέρει Ἀργείοισι
come ora questa giornata porta, porterà male agli Argivi,
829       πᾶσι μάλ᾽, ἐν δὲ σὺ τοῖσι πεφήσεαι, αἴ κε ταλάσσῃς
a tutti quanti, e fra di loro tu morirai (da θείνω , riferito ad un presente φένω; dalla forma breve φα), se dovessi osare (da τλάω)
830       μεῖναι ἐμὸν δόρυ μακρόν, ὅ τοι χρόα λειριόεντα[57]
affrontare (da μένω) la mia lunga lancia, che a te la pelle delicata, di giglio (da λειριόεις , εσσα, εν),
831       δάψει: ἀτὰρ Τρώων κορέεις κύνας ἠδ᾽ οἰωνοὺς
divorerà, morderà (da δάπτω); allora sazierai (da κορέννυμι) i cani e gli uccelli dei Troiani
832       δημῷ καὶ σάρκεσσι πεσὼν ἐπὶ νηυσὶν Ἀχαιῶν[58] ’.
con il (tuo) grasso (da δημός , οῦ , ὁ) e la (tua) carne (da σάρξ , gen. σαρκός, ἡ, in Omero sempre al plurale nell’Iliade), caduto, morto presso le navi degli Achei ».

833
833       ὣς ἄρα φωνήσας ἡγήσατο: τοὶ δ᾽ ἅμ᾽ ἕποντο
Così dunque dicendo andò avanti, prese il comando, la guida (da ἡγέομαι), e quelli seguivano insieme
834       ἠχῇ θεσπεσίῃ, ἐπὶ δ᾽ ἴαχε λαὸς ὄπισθεν.
in un frastuono (da ἠχή , ἡ: può anche trattarsi di un grido di guerra) terribile, disumano (da θεσπέσιος , α, ον); e inoltre (da ἐπὶ δέ) gridava (da ἰάχω) l’esercito dietro.
835       Ἀργεῖοι δ᾽ ἑτέρωθεν ἐπίαχον, οὐδὲ λάθοντο
Gli Argivi dall’altra parte applaudivano (da ἐπιάχω), e non si dimenticavano di, perdevano (da λανθάνω , con il genitivo della cosa),
836       ἀλκῆς, ἀλλ᾽ ἔμενον Τρώων ἐπιόντας ἀρίστους.
il coraggio (da ἀλκή , ἡ), ma aspettavano a piè fermo (da μένω) i migliori dei Troiani che arrivavano, che assaltavano (da ἔπειμι).
837       ἠχὴ δ᾽ ἀμφοτέρων ἵκετ᾽ αἰθέρα καὶ Διὸς αὐγάς.[59]
Il rumore, le grida, i lamenti (da ἠχή , ἡ), di entrambe arrivarono a, raggiunsero (da ἱκνέομαι), l’etere, il cielo (da αἰθήρ , έρος, in Omero sempre ἡ) e i raggi (da αὐγή , ἡ , quindi lo splendore sfolgorante) di Zeus.







[1] Questo verso è importante poiché contiene la sola menzione in Omero degli Ioni: è molto probabile che l’intero passo sia una interpolazione attica con l’intenzione di associare una rispettabile antichità all’egemonia di Atene sulle tribù della Ionia, con le quali gli Ateniesi sembrano venire identificati in 689. Gli epiteti ἑλκεχίτωνες e φαιδιμόεντες – che compaio qui e nel verso seguente – sono ἅπαξ λεγόμενα in Omero. Il primo indica l’uso di un lungo e fluente chitone, preso in prestito, come mostra il nome, dalle nazioni semite, e nel periodo classico veniva considerato come particolarmente ‘Ionio’, essendo indossato principalmente dagli anziani e da personaggi con cariche, o nelle occasioni solenni: il termine è usato in modo appropriato nell’Inno ad Apollo Delio (147), ma è fuori posto qui associato ai soldati ioni in un contesto bellico. Dev’essere quindi inteso come un epitheton ornans nazionale. L’analogo ἑλκεσίπεπλος è ristretto alle donne troiane. Per quanto riguarda φαιδιμόεντες, la sua formazione è irregolare in quanto esso deriva non da un sostantivo, ma da un aggettivo.
[2] Leaf riferisce νεῶν ad ἐπαΐσσοντα, non ad ἔχον, per esempio sulla base di 5.263 (Αἰνείαο δ᾽ ἐπαΐξαι μεμνημένος ἵππων). Janko lo associa νεῶν ad ἔχον: tenere Ettore lontano dalle navi; impedirgli di avvicinarsi alle navi. Secondo quest’ultimo il verbo ἐπαίσσω viene utilizzato in modo assoluto (come in 546), e gli apparenti usi con il genitivo sono illusori (appunto 5.263, o 5.323).
[3] φλογὶ εἴκελον è formulare: detto di Idomeneo in 13.330.
[4] Si noti che 694-697 = 15.333-336, quando Medonte viene ucciso da Enea.-6,
[5] γνωτόν, fratello, o probabilmente più in generale congiunto; il termine è ambiguo, ma a volte il termine con ambito più limitato sembra più adatto. Si veda 22.234, 17.35.
[6] ναῦφι, o ναῦφιν, è un genitivo e dativo plurale Ep. Qui apparentemente riflette l’ablativo plurale miceneo in –φι (si veda 588), come nella costruzione di ἀμύνεσθαι con il genitivo (e.g. 12.155, 179). È comunque possibile interpretarlo come un locativo, “davanti alle navi”, con ἀμυνόμενοι utilizzato in modo assoluto come in 17.556, 17.622, Od. 2.62, Od. 22.106. Segue poi un raro uso di μετά con il genitivo: il significato della preposizione è “con”, e la costruzione rappresenta una rara innovazione (5x in Omero).
[7] ἐν νειῶι, è la difficile e faticosa operazione dell’arare un campo dopo che è stato messo a riposo per un certo tempo: l’aratura più difficile. Per πηκτὸν ἄροτρον si veda 10.353: l’aratro è come incollato al suolo. Ma potrebbe trattarsi dell’aratro composito.
[8] Janco (ad loc.) fa notare come ci si trovi in questa sezione di fronte al un groviglio linguistico. Abbiamo termini recenti come πρυμνοῖσιν (705) e come τόξοισιν (716), in mezzo ai quali fioriscono gli arcaismi come ϝοἶνοψ, utilizzato principalmente per il mare, in Omero, ma ricorrente nei nomi micenei per i buoi (KN Ch 897, 1015).
[9] Il termine ὦλκα ricorre in Od. 18.375 (nuovamente con iato) e nei tardi poeti imitatori. Si tratta evidentemente di un’altra forma di αὖλαξ (Pindaro, dialetto attico e ionico), ὦλαξ (dialetto dorico), ἄλοξ (tragediografi attici). Si veda anche il latino sulcus. Qui Fick scrive “ϝόλκα” (P. Knight “κατ᾽ αϝολκα”): il mantenimento di “ϝ” prima di “ο” è comunque molto raro. La seconda parte del verso è davvero oscura. Il suggerimento di Monro è quello secondo il quale τέμει è il presente di ἔτετμε, e significa “esso (l’aratro) raggiunge”. Anche Chantraine collega τέμει – unica occorrenza – con l’obsoleto aoristo ἔτετμον. Comunque, anche con l’ipotesi di Monro, l’omissione del soggetto ἄροτρον è molto sgradevole, brusca. In questo caso il verbo è probabilmente distinto da τέμνειν. Aristarco, con Apollonio Rodio, facevano riferimento a τέμνω: il senso sarebbe che l’aratro “taglia il limite del campo”, che è sempre arato per ultimo. Τέλσον è l’estremità del campo, dove l’aratro cambia direzione (18.544, 547). Occorre anche dire che molte correzioni sono state proposte, ma rimane l’interrogativo su come una frase così sempllice possa essere stata corrotta. E in ogni caso non si può essere confidenti sul fatto che la soluzione sia stata trovata.
[10] μάλα deve essere assocaito al participio che precede, come in 17.571 (ἐργομένη μάλα) o Od. 24.400 (ἐελδομένοισι μάλ᾽ ἡμῖν): questo idebolisce la cesura e rende il ritmo sgradevole, ma questo dev’essere accettato ed interpretato come una delle altre peculiarità di questo passaggio dubbio. μάλα dunque intensifica l’idea di vicininza, di prossimità data da παρ-.
[11] λαοὶ […] ἕταροι in apposizione costituiscono un’altra curiosa ed unica frase: altre varianti sono state proposte, tutte accettabili. E non vi è alcuna analogia in Omero per questa comparsa dei portatori di scudo: l’eroe porta sempre quest’arma con sé.
[12] Sembrerebbe ad un inizio di lettura vergognoso che i Locri non seguano Aiace Oileo, e ancora peggio che non reggano il combatto ravvicinato: poi però leggiamo di come le loro tattiche da guerriglia spezzino le file dei Troiani da dietro la barriera corazzata offerta da altre unità. Si noti la quadruplice anafora di οὐ / οὐδέ e la costruzione ad anello definita da ἕποντο: le armi convenzionali, appesantite dai loro epiteti, sono bilanciate dalle armi leggere di questi uomini delle alture. A differenza dei frombolieri Rodii o degli arceri Cretesi, i Locri non sono in seguito noti come combattenti leggeri: anche nel Lo scudo di Erache (25) i Locri sono genericamente definiti ἀγχέμαχοι. Secondo Leaf (ad loc.), questa intera descrizione potrebbe essere un esemplare di falso arcaismo, in cui un interpolatore ha voluto conferire un’impressione di arcaismo ascrivendo ai Locri una pratica che al suo tempo non era più familiare. Queste tattiche sono però attestate sia nel rhyton con la scena di assedio dalla tomba a fossa IV di Micene e nella tecnica bellica del VII secolo a.C. Sono note per esempio ad Archiloco, a Strabone e Tirteo, mentre vasi da Corinto e Sparta mostrano scene di combattimento con frombolieri non armati collocati dietro schiere di opliti. Non ci sono quindi ragioni per rigettare questo passaggio, sia che esso descriva una tecnica antica, sia che ne descriva una recente. E non ha origine nell’Età Buia in quanto l’unica are nella quale abbiamo una ininterrotta tradizione di combattimento con gli archi era Creta.
Non c’è discrepanza con 2.529, dove Aiace Oileo è armato alla leggera (λινοθώρηξ), o 4.273 sgg. dove gli Aiaci che guidano una unità armata pesantemente sono sicuramente Aiace e Teucro.
[13] Si noti ἀσπίδας εὐκύκλους, formula che compare in altra collocazione nell’esametro in 5.797, 12.426, 5.473 e 797.
[14] Si tratta delle fionde: si ricordi 13.598-600.
[15] Con queste armi: con gli archi e con le fionde. ἔπειτα intende dopo il loro arrivo.
[16] Non è omerico far dipendere un improvviso cambiamento nel corso della battaglia - neppure un triste ripiegamento dalle tende e dalle navi, come in questo caso (723 sg.) – non dalle coraggiose gesta di eroici individui, ma solo dall’effetto di un corpo di arceri nascosti nella retroguardia. Di questi soldati Omero parla sempre in termini piuttosto dispregiativi, e in nessun momento essi esercitano la benchè minima influenza sul corso del combattimento.
[17] 725 = 12.60; si veda anche la nota a 12.60 e 12.210. L’idea di rendere Polidamente il consigliere militare di Ettore sembra essere derivata da 12.60 combianato con 12.210 sgg. Il tutto essendo in definitiva suggerito da 18.249 sgg. Da 739-740 si potrebbe supporre che Polidamante sitia suggerendo una concentrazione di forze; il suo consiglio finale di tenere un consiglio relativamente alla opportunità di una ritirata è almeno sorprendente, e lo mostra come un vero codardo piuttosto che come un saggio consigliere. Eppure Ettore, invece di mostrare disprezzo come nel libro XII, sembra seguire il suo consiglio e gli lascia la responsabilità del fronte centrale mentre egli muove, forse verso sinistra, dopo aver spronato le truppe. Ma in effetti non fa altro che rimproverare in modo ingiustificato Paride e riportarlo verso il centro, la “sinistra” che in 674 sgg. era mal messa, e che ora è ulteriormente indebolita. Quando Ettore e Paride raggiungono il centro, il combattimento va avanti e non ci sono ulteriori cenni ad una consultazione. È difficile pensare a un passo più sconclusionato: il suo scopo sembra essere stato quello di mettere fine alla divisione della battaglia in sezioni separate, divisione che aveva giocato un ruolo così importante in quanto aveva preceduto, e completamente scompare nei libri seguenti. L’intero passaggio sino al verso 794 deve essere una delle più tarde espansioni dell’Iliade (Erhardt).
[18] Per la correlazione οὕνεκα […] τοὔνεκα si veda 3.403-405.
[19] Per περιίδμεναι, la variante περιέμμεναι è più comune, e.g. 17.171 (περὶ φρένας ἔμμεναι ἄλλων). Il testo ha comunque sufficienti analogia (10.247, Od. 3.244, Od. 17.317).
[20] Si veda 1.410. Qui il termine implica chiaramente un vantaggio. Il passaggio del primo libro suggerisce che τοῦ possa qui riferirsi alla persona, ad ἄλλος, e non al suo νόος.
[21] Espressione formulare: si veda 9.315 e 103; anche 12.215 con relativa nota.
[22] στέφανος ricorre solo qui in Omero: è chiaramente utilizzato ad indicare un anello che circonda, sebbene in 11.36 il verbo ἐστεφάνωτο sembri essere applicato alla figura centrale.
[23] La metafora δέδηε, “brucia” descrive anche la battaglia in 12.35, 17.253 e 20.18.
[24] κατά, “giù da sopra”: un’impetuosa irruzione viene vista come una discesa, anche se il muro viene scalato. La similitudine in 15.381-384 spiega la metafora. Così anche in 1.484 κατὰ στρατὁν viene usato con riferimento alla nave che viene giù sull’accampamento provenendo dagli “alti mari”.
[25] La frase ἐνὶ ν́ηεσσι πεσεῖν non è, come di solito, ambigua, ma significa chiaramente “attaccare le navi”. Si veda 9.235, 15.63.
[26] Chiaramente, dopo aver scartato la prima alternativa. Così anche in 24.356 (φεύγωμεν […] ἤ μιν ἔπειτα […] λιτανεύσομεν) e in Od. 20.63.
[27] 748-749 = 12.80-81: si tratta di un prestito fatto senza particolare cura né attenzione, dal momento che Ettore ha lasciato il suo carro fuori del muro. Quindi alcuni MSS omettono il verso 749, che tra l’altro costituisce una formula più frequente ricorrendo anche in 3.29m 5.494, 6.103. Così come anche il verso 750 seguente. Ma una simile cantonata ricorre in 752.
[28] 752-753 = 12.368-369. Come detto si tratta nuovamente di un prestito poco accurato. Qui κεῖσε non ha alcun particolare riferimento (apparentemente si intende la sinistra greca, sebbene questo non sia stato mai menzionato) e ἀντιόω πολέμοιο sia esattamente il contrario di quello che Ettore fa: egli infatti abbandona la mischia invece di gettarsi in essa. ἐπιτείλω è il sostituto di ἐπαμύνω” in 12.369, e non ha molto senso, anche se dobbiamo supporre qualcosa come “dopo che avrò detto loto di ammarsi insieme”. Inoltre i πάντες ἄριστοι non sono, come dovremmo supporre, quelli del verso 740, ma gli eroi subordinati nominati in 790-792. Le numerose difficoltà hanno naturalmente gettato dubbi su questo passaggio: Christ, per esempio, vorrebbe omettere 749-753. Ma l’intero blocco secondo Leaf (ad loc.) richiederebbe un uso più profondo del coltello. Janko (ad loc.) nota come Omero eviti di far utilizzare ai Troiani i termini “sinistra” e “destra” dal momento che questi sono visti dal punto di vista greco.
[29] ἀγαν́ηνορα, è un epiteto che ricorre solo in 8.114, 15.392, 23.113, 124, e Od. 7.170, e viene associato solo ad eroi di secondo piano. Viene comunemente spiegato con “ἀγαπῶν ἠνορέην”, che ama il valore, quindi “valoroso”. Ma questa interpretazione è improbabile dal momento che la seconda parte del composto può solamente rappresentare “ἀνέρα” e non “ἠνορέην”. Il senso primitivo del verbo “ἀγαπάζειν” ed “ἀγαπᾶν”, come si trova in Omero, è quello di “accarezzare”, dimostrare i segni esterni dell’affetto. Il termine significa pertanto qualcosa come “φιλόξεινος”, “che mostra i segni esterni dell’affetto verso i suoi compagni”, quindi “ospitale”; cfr. Od. 7.33 dei Feaci, οὐδ᾽ ἀγαπαζόμενοι φιλέουσ᾽ ὅς κ᾽ ἄλλοθεν ἔλθηι.
[30] Formulare: si veda 4.88 e 5.168.
[31] ἐν τείχει, dall’antitesi con “νηυσὶν ἔπι πρυμνῆισιν” deduciamo che deve trattarsi delle mura di Troia, dove Deifobo era stato portato (538); ma l’uso di questo riferimento è curioso in un passaggio dove il muro grec è stato così importante.
[32] È normale far riferimento alla bellezza per qualcuno che si vuole accusare di vigliaccheria o di debolezza, e.g. 5.787 = 8.228, 17.142 (Ἕκτορ εἶδος ἄριστε).
[33] 769 = 3.39. Il discorso di Ettore in 769-773 è accuratamente simmetrico, nonostante la sua passione. Dopo quattro epiteti offensivi, si notino le due domande che rivolge a Paride, cariche di urgenza, con anafora dell’iniziale ποῦ τοι, quindi di νῦν. Nel suo indirizzarsi a Paride nomina due dei loro fratelli, un’intera dinastia amica, quella di Asio, quindi la speranza della casata di Priamo, Otrioneo (361-820), il cui nome è ancora più enfatico per essere stato prima omesso (758 sg.), come se Ettore pensasse a lui solo ora. Questo breve elenco offre supporto alla sua iperbole sulla rovina completa di Troia.
[34] L’uso ripetuto di τοι punta il dito sul ruolo di Paride nel disastro.
[35] Qui κατ᾽ ἄκρης sembra un esempio del non insoluto uso del femminile di un aggettivo per rendere il corrispondente sostantivo, sebbene in questo caso il fatto che vi sia un sostantivo femminile nelle immediate vicinanze, cui “ἄκρης” potrebbe riferirsi, renda la questione un po’ dubbia.
[36] L’espressione è formulare, ricorrendo in 3.58 e 6.332. Mentre però in queste due occorrenze Paride iniziava ammettendo la propria colpa (Ἕκτορ ἐπεί με κατ᾽ αἶσαν ἐνείκεσας οὐδ᾽ ὑπὲρ αἶσαν), ora Paride rispedisce gentilmente al mittente l’accusa, pur ammettendo la propria negligenza e fiacchezza in altre occasioni. Il “ma non in questa occasione” non viene espresso, ma lasciato intendere da ἐπεὶ οὐδ᾽ ἐμὲ πάμπαν ἀνάλκιδα γείνατο μήτηρ (777): il verso è impiegato con una ellisse dell’apodosi, come in 6.333. Che rimanga solo Paride prova il suo valore, ma – di nuovo – egli non lo dice esplicitamente. La sua ellisse e la sua ammissione sono entrambe in carattere. A partire da quando Ettore ha fatto iniziare la battaglia  presso le navi (e Paride si riferisce al suo discorso in 150-154 – ciascuno è stato fermo al suo posto… Vivo o morto ! Ettore, egli lascia intendere, ha avuto torto nell’ordinare l’attacco.
[37] Si veda 8.295 sg.
[38] Cfr. 8.294
[39] Per πὰρ δύναμιν si veda anche Od. 14.509 (παρὰ μοῖραν), che sembra l’unico altro simile utilizzo omerico della preposizione. In quento segue καὶ ἐσσύμενον è ancora utilizzato in modo assoluto.
[40] Cfr. 7.120.
[41] Con 789-794 ritorniamo al centro dello schieramento, dove Polidamante e il fratello di Ettore ed auriga Cerbione hanno obbedito agli ordini di Ettore e radunato altri insieme a loro. Questi nomi prefigurano la prossima lista di vittime. Falce, Mori e Ippotione muiono tutti in 14.513-515, con un Peripete che qui è Polipete. La morte di Ippotione è un’altra svista: qui egli è solo il padre di un guerriero e non dovrebbe essere ucciso insieme a suo figlio: per analoghe discrepanze si veda 13.422, e 14.511-522. Altrimenti avremmo un altro caso di padre e figlio in guerra insieme (si veda anche la nota al verso 643).
[42] υἷ᾽ è υἷε, non υἷα, come il successivo plurale giustifica. L’affermazione secondo la quale essi sarebbero giunti il giorno prima, perché Zeus li avrebbe inviati solo allora (una debole e poco convincente spiegazione) causa una discrepanza: essi devono essere giunti almeno qualche giorno prima perché Ascanio possa essere incluso nell’elenco in 2.862 sg. Omero ha già in mente il loro triste destino: arrivati ieri moriranno oggi. L’idea di continui rinforzi troiani in arrivo deve piuttosto essere accreditata ai Greci, che invece non ne ricevono alcuno.
[43] Magnifico passaggio questo che inizia al verso 795 e si chiude alla fine del libro, ed una delle più belle scene di battaglia in Omero, nel giudizio di Leaf. È allettante immaginare che ci troviamo qui di fronte ad una parte dell’attacco alle navi così come era nella Iliade originale, ma è necessario stare in guardia contro il rendere il merito una prova di antichità. Ogni apparenza è in favore del considerare questa scena come appartenente alla “Διὸς ἀπάτη”.
[44] ἐν, all’interno della zona della tempesta.
[45] Notare la simmetria tra le onde – quelle davanti e quelle dietro (πρὸ μέν τ᾽ ἄλλ᾽, αὐτὰρ ἐπ᾽ ἄλλα) - e le schiere di Teucri – quelle davanti e quelle dietro (πρὸ μὲν ἄλλοι […], αὐτὰρ ἐπ᾽ ἄλλοι – ai versi 799-800.
[46] Si veda 11.295.
[47] Vedi 13.157.
[48] Adattamento di 17.493 (πολὺς δ᾽ ἐπελήλατο χαλκός).
[49] ἀμφί è meglio ritenere regga φάλαγγας, sebbene l’analogia con 18.601 mostri che esso potrebbe avverbiale mentre l’accusato potrebbe essere retto da ἐπειρᾶτο.
[50] Si veda 13.157 sg. (πρόσθεν δ᾽ ἔχεν ἀσπίδα πάντοσ᾽ ἐΐσην / κοῦφα  ποσὶ προβιβὰς καὶ ὑπασπίδια προποδίζων).
[51] βιβάσθων, si trova sono qui questa forma, oltre che in 15.676, 16.534. forse da “βι-βάδ-θων” (cfr. “βαδ-ίζειν”), come “ἔσθειν” per “ἔδ-θειν”. Aiace avanza fiduciosamente e a grandi passi: un atteggiamento diverso da quello  del suo nemico, che procede con cauti passi. La risposta di Ettore mostra che l’eroe, ben lungi dal dare retta agli avvertimenti di Polidamante, alle minacce di Aiace o al successivo presagio, egli è più che mai sicuro della vittoria. Entrambe le introduzioni ai due discorsi sono uniche.
La minaccia di Aiace è strutturata ad anello: Aiace è in generale un buon oratore. Si noti anche che l’eroe greco chiama il pericolo su di sè, ma condivide il valore con tutti gli altri (811).
[52] Quella della frusta di Zeus è una metafora tradizionale particolarmente vivida: si veda per esempio 12.37 (Ἀργεῖοι δὲ Διὸς μάστιγι δαμέντες). La sua frusta è il fulmine. Quindi in 2.781 sg. Zeus frusta la terra intorno a Tifeo, certamente con i suoi fulmini e i lampi; in 15.17 minaccia sferzare gli dei con colpi (καί σε πληγῇσιν ἱμάσσω), cioè i fulmini. Questo potrebbe riflettere la credenza secondo la quale il tuono era il rimbombo del carro di Zeus, come nell’Europa settentrionale lo era del carro di Thor; i cavalli del Sole erano chiamato Tuono e Fulmine. (Titanomachia frag. 7 B. = 4 D.).
[53] Si veda 11.418 e la nota di Leaf ad loc. In 11.418 è “senza esitazione”, ma non è assolutamente facile collocare tutti gli usi dell’omerico “ἄφαρ” sotto il significato “rapicamente”. Per esempio in 11.418 e 17.417 sembra essere stato impiegato per mettere in enfasi l’aggettivo che segue, come il francese fort o bein, dove l’avverbio ha perso la sua individualità riducendosi ad un puro “molto; veramente”. L’origine del termine è sconosciuta.
[54] Si veda 8.247. In 8.247-250 abbiamo l’unico altro presagio di questo tipo annunciato da un uccello durante il combattimento.
[55] Per quanto riguarda il significato di οἰωνός, si veda anche 12.239. è stato suggerito che, dal momento che lo scopo immediato di Zeus è quello di umiliare i Greci, non può aver inviato un presagio, che non si dice neppure provenga da lui. Così l’esercito è in errore accettando un’apparizione fortuita come un messaggio divino. Questo però non è nello stile epico: dovrebbe essere dichiarato in modo esplicito. Dal momento che le parole di Aiace sono alla fine abbondantemente confermate, non c’è ragione per la quale Zeus non avrebbe dovuto confermarle. Ettore non dà alcun peso al presagio. Questa indifferenza di Ettore ai presagi – così come in 12.239 sg. – è nello spirito dell’età omerica: l’arte dell’interpretazione del volo degli uccelli è poco sviluppata e ha poco effetto in ogni occasione. I segni incoraggiano o scoraggiano una decisione già presa, ma non determinano o annullano alcuna impresa, come accadeva in tempi più tardi.
[56] In 824, così come in 769, Ettore inizia il suo discorso con un insulto. Replica al riferimento a Zeus e agli altri dei fatto da Aiace, e alla sua promessa di difendere le navi, con parole arrogantimagari egli fosse così figlio di Zeus e di Era, e fosse onorato come sono onorati Atena e Apollo, come è vero che questa giornata porterà male agli Argivi ! E alla previsione di Aiace che egli fuggirà verso Troia con il carro, e all’uccello del presagio, replica che Aiace stesso sarà pasto dei cani e degli uccelli. Ed in realtà sarà Ettore che quasi diverrà una carogna, pasto agli animali, e solleverà la polvere sulla pianura di Troia, non fuggendo, ma trascinato dietro al carro di Achille (22.354, 22.399 sgg.).
[57] Il termine è evidentemente usato in senso ironico: si veda 3.152.
[58] Cffr. 8.379 sg.
[59] Il libro XIII termina con uno scontro, più o meno come in 126 sgg. quando gli eserciti si scontrano per la prima volta di fronte alle navi. Le grida da entrambe gli schieramenti lasciano intendere un eguale entusiasmo, e ancora non riusciamo a capire a chi, alla fine, toccherà la vittoria. Con un tocco da vero maestro il poera fa salire le grida dei due eserciti fino al cielo, lasciandoci nell’incertezza in merito all’atteggiamento di Zeus: starà prestando ascolto ? Sappiamo però che almeno Nestore è in ascolto… ! Come al solito, la transizione tra i libri è dolce, e non c’è un senso di interruzione, di chiusura. Il motivo, ripetuto, del rumore della battaglia articola l’intera narrazione (si veda 14.1 sgg.).

No comments:

Post a Comment