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Wednesday, May 17, 2017

Iliade - Libro Tredicesimo - vv. 295-382 - Antefatti all'aristia di Diomede. Uccisione di Otrioneo.



Antefatti all’aristia di Diomede

295
295       ὣς φάτο, Μηριόνης δὲ θοῷ ἀτάλαντος Ἄρηϊ[1]
Così diceva, e Merione simile al rapido Ares
296       καρπαλίμως κλισίηθεν ἀνείλετο χάλκεον ἔγχος,
rapidamente dalla tenda prende su (da ἀναιρέω) l’asta di bronzo,
297       βῆ δὲ μετ᾽ Ἰδομενῆα μέγα πτολέμοιο μεμηλώς.
e andò con Idomeneo molto ansioso, desideroso (da μέλω, con il genitivo della cosa) di battaglia.
298       οἷος δὲ βροτολοιγὸς Ἄρης πόλεμον δὲ μέτεισι,
PARAGONE à Come Ares, massacratore di uomini, muove (da μέτειμι, con l’accusativo) alla guerra,
299       τῷ δὲ Φόβος[2] φίλος υἱὸς ἅμα κρατερὸς καὶ ἀταρβὴς
e insieme a lui suo figlio Disfatta, Rotta (da Φόβος), forte e intrepido, senza paura (da ἀταρβής , ές),
300       ἕσπετο, ὅς τ᾽ ἐφόβησε ταλάφρονά περ πολεμιστήν:
segue, (lui) che terrorizza, mette in fuga (da φοβέω), persino un guerriero intrepido, costante, fermo (da ταλάφρων , ονος, ὁ, ἡ, = ταλασίφρων);
301       τὼ μὲν ἄρ᾽ ἐκ Θρῄκης Ἐφύρους μέτα θωρήσσεσθον,
loro due invero dalla Tracia si armano (da θωρήσσω) insieme agli Efiri
302       ἠὲ μετὰ Φλεγύας μεγαλήτορας[3]: οὐδ᾽ ἄρα τώ γε
o insieme ai magnanimi Flegi; né certamente loro due
303       ἔκλυον ἀμφοτέρων, ἑτέροισι δὲ κῦδος ἔδωκαν:
prestano ascolto (da κλύω, col genitivo della persona) ad entrambe, ma assegnano, danno (da δίδωμι), la gloria, la fama (da κῦδος , εος, τό), ora all’uno ora all’altro (da ἕτερος , α, ον, uno o l’altro di due);
304       τοῖοι Μηριόνης τε καὶ Ἰδομενεὺς ἀγοὶ ἀνδρῶν
così Merione e Idomeneo, condottieri di uomini,
305       ἤϊσαν ἐς πόλεμον κεκορυθμένοι αἴθοπι χαλκῷ.
andavano (da εἶμι) alla guerra vestiti, coperti (da κορύσσω), di bronzo splendente.
306       τὸν καὶ Μηριόνης πρότερος πρὸς μῦθον ἔειπε:
Ed ecco a lui per primo Merione rivolge la parola, il discorso:
307       ‘ Δευκαλίδη πῇ τὰρ μέμονας καταδῦναι ὅμιλον;
« O Deucalide, figlio di Deucalione, dove, in quale punto, intendi (da μέμονα , perfetto raddoppiato, e con senso di presente, della radice μεν-) dunque immergenrti, penetrare (da καταδύω , o καταδύνω), tra la folla, la massa ?
308       ἢ ἐπὶ δεξιόφιν παντὸς στρατοῦ, ἦ ἀνὰ μέσσους,
Sulla destra dell’intero esercito, oppure nel mezzo,
309       ἦ ἐπ᾽ ἀριστερόφιν[4]; ἐπεὶ οὔ ποθι ἔλπομαι οὕτω
o a sinistra ? Dal momento che credo che in nessun altro punto allo stesso modo
310       δεύεσθαι πολέμοιο κάρη κομόωντας Ἀχαιούς ’.
siano così impari, così non all’altezza (da δεύομαι , Ep. per δέομαι, con il genitivo della cosa), gli Achei dalle chiome fluenti ».
Paragone
311
311       τὸν δ᾽ αὖτ᾽ Ἰδομενεὺς Κρητῶν ἀγὸς ἀντίον ηὔδα:
A lui poi Idomeneo, capo (da ἀγός , οῦ, ὁ) dei Cretesi, diceva (da αὐδάω) in risposta:
312       ‘ νηυσὶ μὲν ἐν μέσσῃσιν ἀμύνειν εἰσὶ καὶ ἄλλοι
« Al centro delle navi ci sono anche altri per resistere, per allontanare (il pericolo) (da ἀμύνω)
313       Αἴαντές τε δύω Τεῦκρός θ᾽[5], ὃς ἄριστος Ἀχαιῶν
i due Aiaci e Teucro, che è il migliore tra gli Achei
314       τοξοσύνῃ, ἀγαθὸς δὲ καὶ ἐν σταδίῃ ὑσμίνῃ:
nel tiro con l’arco (da τοξοσύνη , ἡ), e abile anche nel combattimento (ὑσμίνη , ἡ) corpo a corpo (da στάδιος , α, ον);
315       οἵ μιν ἅδην ἐλόωσι καὶ ἐσσύμενον πολέμοιο[6]
questi lo condurrano (da ἐλαύνω) a sazietà (da ἅδην , Ep. e Ion. ἄδην) della guerra, per quando impetuoso (da ἐσσύμενος , η, ον, Ep. part. pass. di σεύω),
316       Ἕκτορα Πριαμίδην, καὶ εἰ μάλα καρτερός ἐστιν.
Ettore figlio di Priamo, anche se è molto forte.
317       αἰπύ οἱ ἐσσεῖται μάλα περ μεμαῶτι μάχεσθαι
Sarà difficile (da αἰπύς , εῖα, ύ, solo qui nel senso metaforico di “difficile) a lui, per quanto molto bramoso (da μέμαα) di combattere,
318       κείνων νικήσαντι μένος καὶ χεῖρας ἀάπτους
domando di quelli la forza e le mani invincibili (da ἄαπτος , ον, (ἅπτομαι))
319       νῆας ἐνιπρῆσαι, ὅτε μὴ αὐτός γε Κρονίων
dar fuoco (da ἐμπίμπρημι, con l’accusativo) alle navi, a meno che lo stesso Cronide
320       ἐμβάλοι αἰθόμενον δαλὸν νήεσσι θοῇσιν.
non getti sulle, contro le (da ἐμβάλλω, “getto dentro”, con il dativo), navi veloci un tizzone (da δαλός , ὁ, (δαίω)) acceso, in fiamme (da αἴθω, pass. αἴθομαι , in Omero sempre al participio).
321       ἀνδρὶ δέ κ᾽ οὐκ εἴξειε μέγας Τελαμώνιος Αἴας,
Il grande Aiace Telamonio non ceda (da εἴκω, con il dativo della persona) ad un uomo
322       ὃς θνητός τ᾽ εἴη καὶ ἔδοι Δημήτερος ἀκτὴν[7]
che sia mortale (da θνητός , ή, όν) e che si nutra di, mangi (da ἔδω), il grano (da ἀκτή , ἡ) di Demetra,
323       χαλκῷ τε ῥηκτὸς μεγάλοισί τε χερμαδίοισιν.
e che possa essere spezzato (da ῥηκτός , ή, όν) dal bronzo o da enormi pietroni.
324       οὐδ᾽ ἂν Ἀχιλλῆϊ ῥηξήνορι χωρήσειεν
Non cederebbe il passo (da χωρέω) neppure ad Achille che spezza le schiere (da ῥηξήνωρ , ορος, ὁ, (ϝρήγνυμι, ἀνήρ))
325       ἔν γ᾽ αὐτοσταδίῃ: ποσὶ δ᾽ οὔ πως ἔστιν ἐρίζειν.
nel combattimento corpo a corpo (da αὐτοσταδίη (sc. μάχη), ἡ, termine epico utilizzaro solo al dativo): coi piedi in nessun modo è possibile competere (da ἐρίζω).
326       νῶϊν[8] δ᾽ ὧδ᾽ ἐπ᾽ ἀριστέρ᾽ ἔχε στρατοῦ, ὄφρα τάχιστα
Quanto a noi, dirigiti, guida per di qui sulla sinistra dell’esercito, affinchè al più presto
327       εἴδομεν ἠέ τῳ εὖχος ὀρέξομεν, ἦέ τις ἡμῖν[9] ’.
vediamo se a qualcuno daremo (da ὀρέγω) vanto, o qualcuno (lo darà) a noi ».

328
328       ὣς φάτο, Μηριόνης δὲ θοῷ ἀτάλαντος Ἄρηϊ[10]
Così diceva, e Merione simile al rapido Ares
329       ἦρχ᾽ ἴμεν, ὄφρ᾽ ἀφίκοντο κατὰ στρατὸν ᾗ μιν ἀνώγει.
si avviava per andare, finchè non giunsero (da ἀφικνέομαι) all’esercito, nel punto in cui gli aveva ordinato (da ἄνωγα).

330
330       οἳ δ᾽ ὡς Ἰδομενῆα ἴδον φλογὶ εἴκελον ἀλκὴν
Quelli come videro Idomeneo simile (da εἴκελος , η, ον, (εἰκός)) al fuoco per la forza, l’impeto (da ἀλκή , ἡ),
331       αὐτὸν καὶ θεράποντα σὺν ἔντεσι δαιδαλέοισι,
lui e il (suo) scudiero con le armi (da ἔντεα , τά) abilmente lavorate (da δαιδάλεος , α, ον: ( δαιδάλλω)),
332       κεκλόμενοι καθ᾽ ὅμιλον ἐπ᾽ αὐτῷ πάντες ἔβησαν:[11]
esortandosi, incitandosi, chiamandosi (da κέλομαι), attraverso la folla tutti si gettano su di lui;
333       τῶν δ᾽ ὁμὸν ἵστατο νεῖκος [12] ἐπὶ πρυμνῇσι νέεσσιν.
di questi il combattimento, la lotta, la mischia (da νεῖκος , εος, τό), era pari, allo stesso livello davanti alle poppe delle navi.
334       ὡς δ᾽ ὅθ᾽ ὑπὸ λιγέων ἀνέμων σπέρχωσιν ἄελλαι
PARAGONE à Come quando sotto i venti che fischiano, sibilanti (da λιγύς , λίγεια , λιγύ), le tempeste si sollevano, si mettono in movimento (da σπέρχω),
335       ἤματι τῷ ὅτε τε πλείστη κόνις ἀμφὶ κελεύθους,
in quel giorno quando la polvere (è) più fitta (da πλεῖστος , η, ον, Sup. di πολύς) sopra, ai lati delle strade,
336       οἵ τ᾽ ἄμυδις κονίης μεγάλην ἱστᾶσιν ὀμίχλην,
e questi sollevano, alzano, mettono in sospensione una grande nuvola (da ὁμίχλη, ἡ) di polvere tutta insieme (da ἄμυδις , = ἅμα),
337       ὣς ἄρα τῶν ὁμόσ᾽ ἦλθε μάχη, μέμασαν δ᾽ ἐνὶ θυμῷ
così davvero di questi lo scontro, il combattimento scoppiava, si manifestava in uno stesso luogo (da ὁμόσε, avverbio., (ὁμός)), ed erano desiderosi nel cuore
338       ἀλλήλους καθ᾽ ὅμιλον ἐναιρέμεν ὀξέϊ χαλκῷ.
di uccidere (da ἐναίρω) gli uni gli altri nel mucchio con il bronzo acuto, affilato.
339       ἔφριξεν δὲ μάχη φθισίμβροτος ἐγχείῃσι
La battaglia che fa strage di uomini (da φθισίμβροτος , ον, (φθίω, βροτός)) brulica, è irta (da φρίσσω), di lance
340       μακρῇς, ἃς εἶχον ταμεσίχροας: ὄσσε δ᾽ ἄμερδεν
lunghe, che essi tenevano, reggevano affilate, pronte a tagliare la carne (da ταμεσίχρως , οος, ὁ, ἡ, (τάμνω)); accecava, abbagliava (da ἀμέρδω), gli occhi
341       αὐγὴ χαλκείη κορύθων ἄπο λαμπομενάων
il bagliore (da αὐγή , ἡ) bronzeo dagli elmi che lampeggiano (da λάμπω),
342       θωρήκων τε νεοσμήκτων σακέων τε φαεινῶν
dalle corazze appena lucidate (da νεόσμηκτος , ον, (σμήχω)) e dagli scudi splendenti
343       ἐρχομένων ἄμυδις: μάλα κεν θρασυκάρδιος εἴη
di coloro che andavano allo scontro: molto intrepido di cuore (da θρασυκάρδιος , ον) sarebbe stato
344       ὃς τότε γηθήσειεν ἰδὼν πόνον οὐδ᾽ ἀκάχοιτο.
colui che allora avesse gioito (da γηθέω) vedendo la fatica, la sofferenza e non avesse sofferto, provato dolore (da ἀχεύω).
Paragone

Il passaggio che segue, fino al verso 360, è chiaramente fuori posto: non sembra in effetti esserci in Omero alcun altro caso di una lunga e superflua ricapitolazione come questa. Potrebbe forse aver costituito in origine il proemio a questo libro, ed essere stato successivamente rimpiazzato dal più elaborato passaggio che ora che costituisce l’inizio. D’altra parte l’imperfetto ἐτεύχετον implica una relazione con quello che è avvenuto in precedenza: quindi si è anche suggerito che abbiamo qui l’introduzione originale alla Διὸς ἀπάτη – l’inganno di Zeus – del prossimo libro. Questo il giudizio di Leaf: Janko considera invece questa ricapitolazione tipida e adatta al contesto, richiamandosi ad altri analoghi riassunti, dal più breve in 5.508-511 al più lungo in 15.592 sgg. Il riassunto più simile, in 11.73-83, segna anche una transizione da un combattimento di massa ad una aristia greca. Janko concorda con Shipp nel definire lo stile ‘tardo’, segno della creatività del poeta.

La struttura di questa ricapitolazione è ben analizzata da Heubeck:
·         345-346 : Sommario: i due figli di Crono sono in disaccordo, il che causa sofferenze agli eroi.
·         347-350 : Il volere di Zeus: aiutare I Troiani; le sue motivazioni: onorare Achille; il suo limite: egli non desidera la totale rovina dei Greci, ma onora Teti e suo figlio.
·         351-357 : Il volere di Poseidone: aiutare segretamente i Greci; le sue motivazioni: dolore per le loro sofferenze e rabbia contro Zeus; il suo limite: dal momento che Zeus è più Vecchio, egli non può portare aiuto in modo aperto, ma risveglierà l’esercito di nascosto.
·         358-360 : Sommario: le due divinità tirano con forza la corda delle Guerra, e molti guerrieri cadono.

Potremmo anche interpretare il passo come una divagazione di carattere teologizzante che vuole spiegare come mai Poseidone possa aiutare gli Achei nonostante il divieto di Zeus: la spiegazione è che il dio aveva assunto aspetto umano, e Zeus non lo riconosce. Spiegazione debole e non convincente, perché gli dei normalmente si trasformano in uomini quando intervengono nelle vicende umane, e perché ora Zeus dovrebbe avere l’attenzione rivolta altrove, come si vede dai versi 1-9.

345
345       τὼ δ᾽ ἀμφὶς φρονέοντε δύω Κρόνου υἷε κραταιὼ
Questi, divisi tra di loro (da φρονέω , ἀμφὶς φ. “pensare in modo diverso”), i due potenti figli di Crono
346       ἀνδράσιν ἡρώεσσιν ἐτεύχετον ἄλγεα λυγρά.
preparavano, mettevano in atto (da τεύχω), sofferenze (da ἄλγος , εος, τό) luttuose, dolorose (da λυγρός , ά, όν), per gli uomini eroi.
347       Ζεὺς μέν ῥα Τρώεσσι καὶ Ἕκτορι βούλετο νίκην
Zeus invero voleva la vittoria per i Troiani e per Ettore
348       κυδαίνων Ἀχιλῆα πόδας ταχύν: οὐδέ τι πάμπαν[13]
349       ἤθελε λαὸν ὀλέσθαι Ἀχαιϊκὸν Ἰλιόθι πρό[14],
onorando (da κυδαίνω) Achille veloce di piede; né in alcun modo voleva che fosse distrutto, che perisse (da ὄλλυμι), completamente (da πάμπαν , avverbio , (πᾶς)) l’esercito acheo di fronte ad Ilio,
350       ἀλλὰ Θέτιν κύδαινε καὶ υἱέα καρτερόθυμον.
ma onorava Teti e il figlio dall’animo forte, bellicoso (da καρτερόθυμος , ον).
351       Ἀργείους δὲ Ποσειδάων ὀρόθυνε μετελθὼν
Poseidone, andando tra (di essi) (da μετέρχομαι , con l’accusativo) esortava, incitava, sollevava (da ὀροθύνω), gli Achei
352       λάθρῃ ὑπεξαναδὺς πολιῆς ἁλός: ἤχθετο γάρ ῥα
di nascosto (da λάθρῃ, altrove con il genitivo della persona all’oscuro) riemerso (da ὑπεξαναδύομαι , con il genitivo πολιῆς ἁλός: il senso è quello di “venire fuori da sotto”) dal grigio mare: era infatti davvero contrariato, addolorato (da ἄχθομαι, seguito dal particopio all’accusativo: ἄχθομαι regge l’acc.; il verbo può poi essere accompagnato da un participio o riferito al soggetto, o come oggetto)
353       Τρωσὶν δαμναμένους, Διὶ δὲ κρατερῶς ἐνεμέσσα.
per il loro essere domati, schiacciati (da δάμνημι = δαμάζω) dai Troiani, ed era fortemente adirato, provava forte rancore (da νεμεσάω, con il dativo della persona), verso Zeus.
354       ἦ μὰν ἀμφοτέροισιν ὁμὸν γένος ἠδ᾽ ἴα πάτρη[15],
Certo in verità per entrambe uguale era la discendenza, ed una la nascita (da πάτρα , Ion. ed Ep. πάτρη , ἡ),
355       ἀλλὰ Ζεὺς πρότερος γεγόνει καὶ πλείονα ᾔδη.
ma Zeus era nato (da γίγνομαι) per primo ed aveva conosciuto (da οἶδα) più cose.
356       τώ ῥα καὶ ἀμφαδίην μὲν ἀλεξέμεναι ἀλέεινε,
Dunque anche pubblicamente (da ἀμφάδιος , α, ον, dove l’accusativo femminile ἀμφαδίην , = ἀμφαδόν, è usato come avverbio) evitava (da ἀλεείνω) di portare aiuto (da ἀλέξω),
357       λάθρῃ δ᾽ αἰὲν ἔγειρε κατὰ στρατὸν ἀνδρὶ ἐοικώς.
ma sempre di nascosto in mezzo all’esercito incitava (da ἐγείρω) somigliando ad un uomo.
358       τοὶ δ᾽ ἔριδος κρατερῆς καὶ ὁμοιΐου πτολέμοιο
Questi dunque della dura contesa e della guerra alla pari, imparziale (da ὁμοίιος , ον),
359       πεῖραρ[16] ἐπαλλάξαντες ἐπ᾽ ἀμφοτέροισι τάνυσσαν
tirano (da τανύω), alternando (da ἐπαλλάσσω), sopra l’uno e sopra l’altro (dei due eserciti) la fune (da πεῖραρ (anche πεῖρας) , ατος, τό, forma Ep. e Ion. per πέρας)
360       ἄρρηκτόν τ᾽ ἄλυτόν τε, τὸ πολλῶν γούνατ᾽ ἔλυσεν.
che non si spezza (da ἄρρηκτος , ον, (ῥήγνυμι)) e non si scioglie (da ἄλυτος , ον , poetico), che di molti sciolse le ginocchia.




Aristia di Diomede

361
361       ἔνθα μεσαιπόλιός[17] περ ἐὼν Δαναοῖσι κελεύσας
E qui, pur essendo brizzolato, con i capelli grigi (da μεσαιπόλιος , ον), esortando, incitando (da κελεύω) i Danai
362       Ἰδομενεὺς Τρώεσσι μετάλμενος ἐν φόβον ὦρσε.
Idomeneo, assaltando (da μεθάλλομαι, usato da Omero solo al participio aoristo, con il dativo della persona) i Troiani (li) spinge (da ὄρνυμι) alla fuga in preda al panico.
363       πέφνε γὰρ Ὀθρυονῆα[18] Καβησόθεν ἔνδον ἐόντα,
Infatti uccide Otroneo, che si trovava dentro (da ἔνδον: si trovava in città, a Troia) (provenendo da) Cabeso,
364       ὅς ῥα νέον πολέμοιο μετὰ κλέος εἰληλούθει,
lui che da poco era giunto (da ἔρχομαι) alla notizia della guerra,
365       ᾔτεε δὲ Πριάμοιο θυγατρῶν εἶδος ἀρίστην[19]
e domandava (da αἰτέω) la prima per bellezza tra le figlie di Priamo,
366       Κασσάνδρην[20] ἀνάεδνον, ὑπέσχετο δὲ μέγα ἔργον,
Cassandra, senza doni nuziali (da ἀνάεδνος , ἡ, avverbiale), promise (da ὑπισχνέομαι, transitivo) però una grande impresa,
367       ἐκ Τροίης ἀέκοντας ἀπωσέμεν υἷας Ἀχαιῶν.
che avrebbe respinto, ricacciato indietro (da ἀπωθέω), contro la loro volontà da Troia i figli degli Achei.
368       τῷ δ᾽ ὁ γέρων Πρίαμος ὑπό τ᾽ ἔσχετο καὶ κατένευσε[21]
A lui il vecchio Priamo promise (da ὑπισχνέομαι, transitivo) e confermò con un cenno del capo.
369       δωσέμεναι: ὃ δὲ μάρναθ᾽ ὑποσχεσίῃσι πιθήσας.
che (gliela) avrebbe data (da δίδωμι); e lui combatteva (da μάρναμαι) fidando (da πείθω, con il dativo) nella promessa (da ὑποσχεσίη , ἡ, Ep. per ὑπόσχεσις).
370       Ἰδομενεὺς δ᾽ αὐτοῖο τιτύσκετο δουρὶ φαεινῷ,
Su di lui Idomeneo prendeva la mira (da τιτύσκομαι, con τινος della pers. e τινι dell’arma: questo è il senso più frequente, ma si veda 8.41 e 13.23, ὑπ᾽ ὄχεσφι τιτύσκετο χαλκόποδ᾽ ἵππω) con la lucida lancia,
371       καὶ βάλεν ὕψι βιβάντα[22] τυχών: οὐδ᾽ ἤρκεσε θώρηξ
e lo colpisce, mentre va camminando (da βίβημι, utilizzato da Omero solo al participio) a testa alta, cogliendolo; né fu sufficiente, resistette (da ἀρκέω, qui assoluto: altrove con l’accusativo, come in 6.16 o in 13.330), la corazza, l’armatura
372       χάλκεος, ὃν φορέεσκε, μέσῃ δ᾽ ἐν γαστέρι πῆξε.
di bronzo, che portava, portava costantemente (da φορέω), e lo trafisse (da πήγνυμι) in pieno ventre (da γαστήρ , ἡ, gen. έρος, γαστρός).
373       δούπησεν δὲ πεσών: ὃ δ᾽ ἐπεύξατο φώνησέν τε:
cadendo (da πίπτω) fece un gran fragore (da δουπέω); egli si vanta (da ἐπεύχομαι) e dice:
374       ‘ Ὀθρυονεῦ περὶ δή σε βροτῶν αἰνίζομ᾽ ἁπάντων[23]
« Otrioneo, al di sopra di tutti i mortali io ti ammiro, ti lodo (da αἰνίζομαι , = αἰνέω),
375       εἰ ἐτεὸν δὴ πάντα τελευτήσεις ὅσ᾽ ὑπέστης
se davvero, veramente (da ἐτεός , ά, όν, qui avverbio), porterai a termine (da τελευτάω) tutte le cose che promettesti, sulle quali ti impegnasti (da ὑφίστημι , col dativo della persona verso la quale ci si impegna),
376       Δαρδανίδῃ Πριάμῳ: ὃ δ᾽ ὑπέσχετο θυγατέρα ἥν.
con il Dardanide Priamo: questi ti promise sua figlia.
377       καί κέ τοι ἡμεῖς ταῦτά γ᾽ ὑποσχόμενοι τελέσαιμεν,
Anche noi, promettendo a te queste cose, potremmo mantenerle,
378       δοῖμεν δ᾽ Ἀτρεΐδαο θυγατρῶν εἶδος ἀρίστην
e potremmo darti la prima per bellezza tra le figlie dell’Atride
379       Ἄργεος ἐξαγαγόντες ὀπυιέμεν[24], εἴ κε σὺν ἄμμιν
portandola via (da ἐξάγω , con il genitivo del luogo) da Argo perché sia presa in sposa (da ὀπυίω), qualora insieme a noi
380       Ἰλίου ἐκπέρσῃς εὖ ναιόμενον πτολίεθρον[25].
di Ilio (tu) distrugga (da ἐκπέρθω) la città (da πτολίεθρον , τό, Ep. forma allungata di πόλις (πτόλις)) ben popolata, ben abitata (da ναίω).
381       ἀλλ᾽ ἕπε᾽, ὄφρ᾽ ἐπὶ νηυσὶ συνώμεθα ποντοπόροισιν
Ma segui(ci) (da ἕπομαι), affinche sulle navi che solcano il mare si mettiamo d’accordo (da συνίημι)
382       ἀμφὶ γάμῳ, ἐπεὶ οὔ τοι ἐεδνωταὶ[26] κακοί εἰμεν ’.
circa il matrimonio (da γάμος , ὁ), dal momento che – te lo assicuro – non siamo cattivi mediatori di nozze (da ἑδνωτής , Ep. ἐεδν- , οῦ, ὁ ; hapax in Omero) ».
Otrioneo (T)



[1] L’antica formula ἀτάλαντος Ἐνυαλίῳ ἀνδρειφόντῃ - cfr. 2.651, 7.166, 8.264 – è riservata a Merione, mentre θοῷ ἀτάλαντος Ἄρηϊ descrive anche Ettore, Patroclo ed Automedonte. Un eroe che inizia la sua aristia viene spesso brevemente paragonato ad Ares: si veda per esempio in 20.46, 22.132. E dopo una tale similitudine ci aspettiamo che l’azione abbia inizio. Ma il poeta è un maestro nel creare suspence sulla base di quello che ci si aspetta. Utilizzando una tecnica comune, il poeta amplifica il paragone del verso 295 in un’immagine che occupa sei veri. Similitudini dirette tra uomini e dei sono del tipo più raro in Omero: si veda 2.478 sg. dove Agamennone è paragonato a Zeus, Ares e Poseidone; in 7.208-210 Aiace entra in battaglia come Ares quando va a combattere tra gli uomini; e vi veda anche Od. 6.102-8.
[2] Phobos, “Rotta”, con Deimos, “Terrore”, è figlio di Ares e di Afrodite: si veda Teog. 934. Egli compare con il fratello in 4.440 e 15.119, dove si comporta come servitore di Ares. Per terrorizzare il nemico compare sull’armatura a fianco della Gorgone in 5.739 e 11.37. Aveva un culto a Selinunte (apparentemente al posto di Ares) e a Sparta.
L’origine tracia di Ares appartiene alla tradizione: in Od. 8.361 il dio fugge in Tracia dopo essere stato colto insieme ad Afrodite. Ma questo non implica che, come la dea di Pafo, egli sia realmente un dio straniero. I Greci spesso percepivano le emozioni più forti come originate all’esterno di se stessi, e le divinità che personificavano tali forze, e.g. Dioniso, come esterne alla loro società: da cui la loro prontezza nell’adottare divinità aliene come Adone e Sabazio. Il nome di Ares può effettivamente essere greco, e – come Enialio e Dioniso – egli è già attestato in miceneo come A-re (KN Fp 14).
[3] La transizione dalla similitude al passaggio descrittivo, che non ha nulla a che fare con la comparazione, produce un effetto piuttosto stridente, specialmente laddove il presente θωρ́ησσεσθον – non può trattarsi di un imperfetto - lascia di nuovo il posto all’aoristo della similitudine in 303. Gli aoristi sono gnomici, dal momento che il presente indica un evento ripetuto trattandosi si nemici tradizionali. Sembra dunque non vi sia alcun riferimento ad un particolare evento mitologico, come si dovrebbe invece supporre: l’idea dev’essere che nelle continue guerre tra le due tribù confinanti, ai confini della Tracia, Ares va spesso allo scontro parteggiando ora per l’uno ora per l’altro. La preposizione μετά non sembra implicare ostilità, ma lascia solo intendere che Ares si unisce a una delle due parti. Ma non si può escludere l’ipotesi che Ares vada all’inseguimento di una delle due parti, nel qual caso si deve intendere che Ares accompagna i propri Traci in razzie ai danni dei loro vicini a sud.
Secondo Strabone, IX.442, gli Efiri abitavano la più tarda Crannone in Tessaglia, mentre i Flegi, o Flegei, venivano da Girtone (l’omerica Girtone, 2.738). Questi ultimi erano un’orda di briganti che catturano Tebe, e furono alla fine distrutti da Apollo a causa del loro sacrilego assalto a Delfi. I Flegi erano in effetti dei Lapiti: il loro eponimo Flegia generò il Lapita Issione, ed ha molti legami con la Tessaglia. La Tessaglia viene ritenuta in effetti la loro prima sede, dalla quale muovono poi verso la Focide quando i Beoti muovono verso sud. Omero - come fa spesso - attinge alla saga tessala.
[4] La sinistra rispetto ai Greci è sempre rappresentata cone la scena del conflitto più acceso: si veda 11.498. Non c’è alcun caso nell’Iliade nel quale si menzioni il combattimento sulla destra.Si noti che Omero dice di preferenza ἐπ᾽ ἀριστερά – da ἀριστερός , ά, όν – e , ἐπὶ δεξιά – da δεξιός , ά, όν – come in 5.355, 12.239. Questa finale in –οφι è una innovazione basata su antiche finali strumentali. Per δεύεσθαι πολέμοιο, si veda μάχης ἐδεύεο (17.142). Ma anche 23.670 e Od. 21.185.
[5] La descrizione del combattimento richiama la scena 170-194, laddove Teucro ed Aiace respingono Ettore. La versatilità di Teucro nel combattimento è nota. Idomeneo lo definisce il migliore arciere, ma Merione lo batte nei giochi in onore di Patroclo (23.859 sgg.). Così allo stesso modo Toante definito il migliore tra gli Etoli, abile con il giavellotto e valido nello σταδίη, nel combattimento ravvicinato (15.282 sg.). Il contrasto tra lo σταδίη e l’inseguimento in una rotta (325) compare anche in 7.240. Idomeneo si riferisce ai tre stadi del combattimento omerico: il combattimento a distanza con proiettili di vario tipo, lo σταδίη e la fuga, la rotta. Egli stesso è migliore nello σταδίη, ma meno abile sulla distanza (ἀποσταδόν) e nella rotta. Al contrario gli arcieri della locride evitano il combattimento ravvicinato e sono efficaci sul lungo raggio (713-718). 22.116.
[6] L’idioma οἵ μιν ἅδην ἐλόωσι […] πολέμοιο, “lo condurranno a stancarsi della guerra”, ricorre anche in 19.423 e Od. 5.290. Il termine ἅδην è un accusativo fossile di *ἅδη, e qui si deve (Leaf) interpretare come un avverbio sostantivale che regge πολέμοιο. Non è ἐσσύμενον a reggerlo, anche se quest’ultimo può reggerlo, come documentato in 24.404 o al verso 787 in questo libro; si veda anche 11.717.
[7] Il termine ἀκτή, “cibo”, è fossilizzato nelle formule ἀλφίτου (ἱεροῦ) ἀκτήν (11.631, cfr. Od. 2.355) e Δημήτερος (ἱερὸν) ἀκτὴν (anche in 211.76 e 5x in Esiodo). Gli ei possono assumere le sembianze dei mortali, ma non mangiano mai cibo mortale, da cui l’aggiunta.
[8] νῶϊν è una strana espressione: deve trattarsi di un dativo etico (Leaf), ma questo uso del dativo non ha paralleli evidenti. In Janko è ritenuto un accusativo duale, e per Aristarco di tratta di un genitivo, “sulla nostra sinistra”. Ed ἔχε deve significare “guida, dirigiti”, dal momento che ἔχειν senza un oggetto significa appunto “guidare, dirigersi, andare” (cfr. 16.378, 23.422 etc.), ma con un carro. Non c’è alcun chiato esempio di utilizzo nel senso di andare (a piedi), a meno che questo significato possa essere dedotto dall’uso intransitivo di ἔσχεν (520). Quindi improvvisamente Merione e Idomeneo sono immaginati a bordo di un carro, del quale non abbiamo prima avuto alcuna informazione. ὧδε potrebbe essere di luogo (si veda 10.537), “di qui, per questa via”, ma il significato abituale, “così, come stiamo facendo”, può essere ugualmente appropriato.
[9] Si vada 12.328.
[10] Si veda il verso 295.
[11] 332 = 11.460.
[12] Come νεῖκος ὁμοίϊον (4.444), ὁμὸν ἵστατο νεῖκος è una delle molte espressioni relative allo scontrarsi e al mescolarsi delle prime linee avversarie indicato da ὁμόσ᾽ ἦλθε μάχη (337) e ἐρχομένων ἄμυδις (343).
[13] Si noti in 9.435 la dislocazione della formula οὐδέ τι πάμπαν.
[14] Si noti la formula Ἰλιόθι πρό (3x in Omero) che stranamente combina un locativo con πρό. Si veda per esempio 8.561. Forme simili ἠῶθι πρό e οὐρανόθι πρό: si veda anche 11.50 con la nota.
[15] πάτρη altrove viene sempre utilizzato in un senso puramente locale, come dimora o luogo di nascita. Ma gli dei in Omero sono eccezionalmente liberi da ogni collegamento con una località; non possiamo dire dove sia il loro luogo di nascita, mentre per quanto riguarda la loro dimora quella di Poseidone era il mare, piuttosto che l’Olimpo, dimora di Zeus. La parola quindi sembra avere qui il il significato più astratto di origine, discendenza, paternità, una specializzazione del più vago γένος.
[16] Il significato originale di πεῖραρ, come rivelano termini affini in sanscrito ed avestico, doveva essere “il punto dove qualcosa termina (e qualcos’altro inizia)”, “limite”, “fattore decisivo”, o “legame” dal momento che la fine di una cosa e l’inizio della successiva può essere visto come un collegamento, un legame tra esse. Come in Od. 12.51, 162, 179 e nell’Inno ad Apollo 129, il termine significa anche “fune, corda”, dal momento che essa è “indistruttibile, che non può essere sciolta” (cfr. i legami divini in 37, Od. 8.275). Aristarco interpretò πεῖραρ come “estremità della fune” e ἐπαλλάξαντες nel senso di “passare sopra” (nel fare un nodo), pensò che gli dei legassero insieme l’estremità della contesa e quella della battaglia, e tirassero la fune stretta intorno ai due eserciti, forzandoli a scontrarsi, come dentro ad un cappio. In realtà 358 è solo una complicata formula per “guerra” (cfr. 18.242), e ἐπαλλάσσω più tardi significa “alternare”, che si adatta ad una battaglia in cui ciascuno dei due fronti è, in alternanza, vittorioso.
[17] L’età di Idomeneo è già piuttosto avanzata per un reclutamento. Non è però un particolare inventato per l’occasione, e neppure per giustificare il ritiro in 512 sgg.; il suo ruolo di consigliere, il suo comparire con Nestore e Fenice in 19.311 e gli insulti di Aiace Oileo in 23.476 provano che questo elemento proviene dalla tradizione. Odisseo, leggermente più giovane, è ὠμογέρων (si veda 23.791). Il termine compare una sola volta in Omero, e la prima parte del composto è apparentemente un antico locativo, oppure (meglio) mostra un allungamento metrico per anologia con μεσαίτερος (Chantraine, Dict. s.v. μέσος
[18] Idomeneo uccide tre importanti vittime nella sua aristia, la quale termina com è iniziata, con un riferimento alla sua età avanzata (511-515). Esiste una certa simmetria nella scelta delle sue vittime: Otroneo è fidanzato alla figlia di Priamo, e Alcatoo è sposato con quella di Anchise (la rivalità tra le due case reali troiane è menzionata in 460 sg.); il sentimento della famiglia scatena allora dapprima Deifobo poi Enea. Le prime due vittime sono dei pazzi vanagloriosi, mentre il terzo provoca parole di trionfo – Idomeneo ha l’ultima parola, chiudendo la contro-vanteria di Deifobo. Alcatoo fornisce il tragico climax dell’aristia, ma sia Alcatoo che Otroneo sono stati certamente inventati per fare da cornice ad Asio.
In 361-382 la caduta di Otroneo è tipica, ma in qualche modo vivacizzata da umore piuttosto nero a sue spese. Essa segue lo schema tripartito solito: dichiarazione di base (363), breve racconto della vita della vittima (364-369) e resoconto del colpo mortale (370-372), con un discorso sarcastico finale. Il suo folle orgoglio distrugge il consueto pathos. In quanto si era unito ai combattimenti piuttosto tardi, somiglia ad altri alleati in 792 sgg. e a Reso, Euforbo, Licaone ed Asteropeo (10.434, 16.810 sg., 21.80 sg. e 155 sg.). Solo qui abbiamo il dettaglio di un ‘epitaffio’. Il matrimonio è un motivo favorito.
Come Dolone, Otroneo è rovinato dal fatto di intraprendere, in cambio di un premio esorbitante, un compito assolutamente al di sopra delle sue possibilità; Pandaro ed Asio sono uccisi in un simile contesto.
[19] Si veda Laodice, in 3.124 e 6.252. E poi il verso 378.
[20] La bellezza di Cassandra è menzionata anche in 24.699. Si veda anche Od. 11.421 sg. Omero era probabilmente a conoscenza della sua follia profetica, come ne erano a conoscenza i Canti ciprii, ma per lo più la ignora.
[21] Si veda ὑπέσχετο καὶ κατένευσε in 12.236, 9.19 oppure 1.112.
[22] Si veda in 3.22 μακρὰ βιβάντα. La frase bene ritrae il carattere spavaldo dell’eroe, di Otrioneo, e forse s’intende che camminava a testa alta, eretto, non ὑπασπίδια, nel modo ortodosso (158), cioè protetto dallo scudo. τυχών viene qui utilizzato in modo assoluto, come spesso accade, e l’accusativo è retto da βάλεν.
[23] I versi 374-382 comprendono il primo delle tre vanterie (le altre sono in 414-416 e in 446-454), tutte sul tema della ricompensa. Si assume che Idomeneo conosca la follia di Otrioneo, e lo sta prendendo in giro per questo.
[24] Il termine ὀπυίω è un antico verbo che sopravvive in Cretese, e significa “venire presa in sposa”, piuttosto che “sposarsi”.
[25] Per il verso 380 si veda 2.133.
[26] Quella del mediatore di nozze p una professione assolutamente riconosciuta in molte comunità, sia civilizzate che selvagge, fino ai giorni nostri. Sebbene non ci sia traccia di tutto questo in Omero, comunque l’esistenza del mediatore è una naturale conseguenza della visione economica del matrimonio implicita nell’esistenza degli ἔδνα, i doni nuziali da parte dell’uomo per acquistare la sposa. Per il verbo ἐεδνόω si veda Od. 2.53.

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