81
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81 ὣς οἳ
μὲν τοιαῦτα πρὸς ἀλλήλους ἀγόρευον[1]
Così costoro dicevano (da ἀγορεύω)
l’un l’altro queste cose tra di loro questi discorsi
82 χάρμῃ
γηθόσυνοι, τήν σφιν θεὸς ἔμβαλε θυμῷ:
felici (da γηθόσυνος , η,
ον , col dativo della causa) per l’ardore bellico (da χάρμη , ἡ), che il dio
metteva, ispirava (da ἐμβάλλω , con il dativo del luogo), loro nel cuore;
83
τόφρα δὲ τοὺς ὄπιθεν γαιήοχος ὦρσεν Ἀχαιούς[2],
dietro (da ὄπισθεν,
da collegare con il verbo piuttosto che con l’articolo (Leaf)), nel frattempo, colui che avvolge, che tiene
la terra, incita (da ὄρνυμι) gli Achei,
84 οἳ
παρὰ νηυσὶ θοῇσιν ἀνέψυχον φίλον
ἦτορ.
che rinfrancavano, ristoravano (da ἀναψύχω), il loro cuore
presso le navi veloci;
85 τῶν ῥ᾽
ἅμα τ᾽ ἀργαλέῳ καμάτῳ φίλα[3] γυῖα
λέλυντο,
Con (da ἅμα , con il
dativo) la tremenda (da ἀργαλέος , α, ον) fatica (da κάματος, ὁ), di questi
le membra si erano sciolte (da λύω),
86 καί σφιν ἄχος κατὰ θυμὸν ἐγίγνετο
δερκομένοισι
ed essi provavano (da γίγνομαι, “ad essi era”, quindi
“avevano”, “provavano”) nel cuore pena, tormento (da ἄχος , εος, τό, in Omero
sempre una pena dello spirito), vedendo chiaramente, osservando (da δέρκομαι,
con l’acc. dell’oggetto)
87 Τρῶας,
τοὶ μέγα τεῖχος ὑπερκατέβησαν ὁμίλῳ[4].
i Troiani, che in massa, in folla (da ὅμιλος , ὁ) avevano
superato, scavalcato (da ὑπερκαταβαίνω), il possente, alto muro.
88 τοὺς
οἵ γ᾽ εἰσορόωντες ὑπ᾽ ὀφρύσι δάκρυα λεῖβον:
Questi vedendoli, al solo vederli (da εἰσοράω), versavano
(da λείβω) lacrime sugli occhi, dagli occhi (da ὀφρύς , ύος , ἡ , “ciglio,
sopracciglio”, ma qui si traduce “occhio” o “palpebra”)
89 οὐ γὰρ
ἔφαν φεύξεσθαι ὑπ᾽ ἐκ κακοῦ: ἀλλ᾽ ἐνοσίχθων
infatti non dicevano, non pensavano (da φημί , assumendo
che quello che si dice sia quello che si pensa), di riuscire a sfuggire al
(da ὑπέκ , prima di vocale ὑπέξ , (ὑπό, ἐκ) prep. epica con il genitivo)
danno, al disastro; ma lo scuotitore della terra
90 ῥεῖα
μετεισάμενος κρατερὰς ὄτρυνε
φάλαγγας.
facilmente, andando in mezzo (da μέτειμι), incitava,
rincuorava (da ὀτρύνω), le schiere forti, dei forti (da κρατερός , ά, όν).
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Paragone
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È una situazione disperata e Poseidone ha bisogno di toccare
tutte le possibili corde dei sentimenti; ed avendo assunto l’aspetto di
Calcante egli può far questo con reale autorità. Quindi fa appello al senso di
vergogna dei Greci (95), alla sua fiducia in loro (95 sg.), alla loro paura
della sconfitta (96 sg.), al suo turbamento per quanto è successo (99 sg.),
alla disgrazie per loro per essere battuti in questo modo da un nemico così
vigliacco (101 sgg.). è vergognoso, come egli sta mettendo in evidenza, che
essi non vogliano difendere le navi per ripicca per come Agamennone ha trattato
Achille (107-114); questo riconosce la rabbia dell’esercito, ma devia tale
rabbia attribuendo al loro comandante la responsabilità del disastro, ed
abilmente evita ogni accenno al fatto che i Greci siano ora troppo malconci per
resistere. Il dio gioca sul loro orgoglio nel loro valore, la sua rabbia nei
loro confronti se tradiscono questo valore, e la loro paura che di peggio possa
accadere se si lasceranno andare, se cederanno (115-22); Ettore è ora presso le
navi (123 sg.). Riassumenre eventi che sono a tutti noti è tipico delle
esortazioni, e il suo scopo è quello di dare una scossa alle truppe e
riportarli alla consapevolezza dei fatti e quindi all’azione. Il dio martella
per ben sei volte su questo tema della fiacchezza, tipico delle esortazioni
(cfr. Callino, Tirteo, e il suo stesso discorso in 14.364). Egli menziona per
ben cinque volte le navi. Il suo discorso è articolato in due parti, con una
composizione ad anello e ἀλλά in 111 segna in modo appena marcato la metà. La
prima metà, dopo un appello iniziale, fissa i fatti relativi al disastro,
mentre la seconda, piena di rimproveri, termina con una ripresa dell’appello:
I.
A Appello alla αἰδώς (95 sg.).
B Alla fiacchezza
seguirà la sconfitta (97 sg.).
C I Troiani, inizialmente codardi, sono ora giunti alle nostre
navi (99-107).
D A causa di un errore del nostro comandante e della fiacchezza dell’esercito (108-110).
II.
D’ Ma l’errore del nostro comandante non è
scusa per la vostra fiacchezza
(111-117).
C’ Io non rimprovererei un codardo, ma rimprovero voi (117-119).
B’ Alla fiacchezza
seguirà il disastro (120 sg.).
A’ Appello alla αἰδώς e alla nemesi
(121-124).
Questa esortazione di Poseidone è stata ammirata nel passato
(bT), mentre altri critici come Leaf la consideravano tautologica ed inadeguata
alla sua collocazione. Gli Anallitici in particolare hanno provato (Leaf,
Wilamowitz per esempio) a distinguere i due o più originali discorsi presumibilmente
combinati in questo lungo discorso del dio. Ma con risultati divergenti.
81
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91 Τεῦκρον
ἔπι πρῶτον καὶ Λήϊτον ἦλθε κελεύων[5]
Si avvicina (da ἐπέρχομαι,
con l’accusativo della persona) incitando (da κελεύω) a Teucro per primo e a
Leito,
92 Πηνέλεών θ᾽ ἥρωα Θόαντά τε Δηΐπυρόν τε
e all’eroe Peneleo e a
Toante e a Deipiro
93 Μηριόνην
τε καὶ Ἀντίλοχον μήστωρας ἀϋτῆς:
e a Merione ed Antiloco maestri
(da μήστωρ , ωρος , ὁ, (μήδομαι)) di guerra (da ἀϋτή , ῆς , ἡ: “grido di
guerra; tumulto”, ma anche “guerra; battaglia; combattimento”);
94 τοὺς
ὅ γ᾽ ἐποτρύνων ἔπεα
πτερόεντα προσηύδα:
ed egli esortandoli (da ἐποτρύνω)
diceva parole che volano:
« Vergogna
(da αἰδώς , όος, contr. οῦς, η), Argivi, giovani ragazzi (da νέος , νέα, Ion.
νέη, νέον; Ion. νεῖος),
95 ὔμμιν
ἔγωγε
96 μαρναμένοισι
πέποιθα
σαωσέμεναι νέας ἁμάς:
io ho fiducia (da πείθω, con il dativo della persona) in
voi, che state combattendo (da μάρναμαι), che salverete le nostre (da ἁμός o ἀμός
, ή, όν , = ἡμέτερος) navi;
97 εἰ δ᾽
ὑμεῖς πολέμοιο μεθήσετε λευγαλέοιο,
se voi cesserete,
deporrete, abbandonerete (da μεθίημι, con il genitivo), la guerra luttuosa,
infausta, tremenda (da λευγαλέος , α, ον, (v. λυγρός)),
98 νῦν
δὴ εἴδεται ἦμαρ ὑπὸ Τρώεσσι δαμῆναι[8].
ora compare, si vede (da εἴδομαι),
il giorno dell’essere soggiogati (da δαμάζω) sotto i Troiani.
99 ὢ
πόποι ἦ μέγα θαῦμα τόδ᾽ ὀφθαλμοῖσιν ὁρῶμαι
PARAGONE à Ohimè, certamente (è) una grande meraviglia questa
che vedo (da ὁράω, il medio usato poet. come attivo) con i (miei) occhi,
100 δεινόν,
ὃ οὔ ποτ᾽ ἔγωγε τελευτήσεσθαι ἔφασκον,
terribile, che mai io
pensavo, credevo (da φάσκω), che sarebbe stata compiuta (da τελευτάω, passivo
e medio sempre in senso passivo),
101 Τρῶας
ἐφ᾽ ἡμετέρας ἰέναι νέας, οἳ τὸ πάρος περ
che i Troiani giungessero
alle nostre navi, (loro) che in realtà, invece, prima (da πάρος , qui
con articolo: costruzioni come τὸ π. γε, τὸ π. περ),
102 φυζακινῇς[9]
ἐλάφοισιν ἐοίκεσαν, αἵ τε καθ᾽ ὕλην
erano simili (da ἔοικα, con dativo) a cerve (da ἔλαφος , ὁ
ed ἡ, sia il maschio che la femmina) timide, pronte alla fuga (da φυζακινός ,
ή, όν), che attraverso la selva
103 θώων
παρδαλίων τε λύκων τ᾽ ἤϊα πέλονται
di sciacalli (da θώς , θωός, ὁ, anche ἡ), pantere (da πάρδαλις
o πόρδαλις , ἡ, gen. εως, Ep. e Ion. Ιος) e lupi (da λύκος , ὁ) sono (da πέλω
e πέλομαι) cibo, preda (da ἤια , ων , τά contr. ᾖα),
104 αὔτως
ἠλάσκουσαι ἀνάλκιδες, οὐδ᾽ ἔπι χάρμη:
che così vagano (da ἠλάσκω , part. pres.) deboli, spaurite
(da ἄναλκις , ιδος, ὁ, ἡ), e non c’è (da ἔπι, per ἔπεστι o ἔπεισι) lotta (da
χάρμη , ἡ);
105 ὣς
Τρῶες τὸ πρίν γε μένος καὶ χεῖρας Ἀχαιῶν
così prima i Troiani la
forza, l’impete (da μένος , εος, τό), e le braccia, i colpi (da χείρ , ἡ),
degli Achei
106 μίμνειν
οὐκ ἐθέλεσκον ἐναντίον, οὐδ᾽ ἠβαιόν:
non volevano, non erano
capaci (da ἐθέλω, con neg. ha il senso di δύναμαι,), di attendere a piè fermo
(da μίμνω), faccia a faccia, neppure per poco (da ἠβαιός , ά, όν, lon. per
βαιός).
107 νῦν
δὲ ἑκὰς πόλιος κοίλῃς ἐπὶ νηυσὶ μάχονται
ora invece lontano (da ἑκάς , preposizione con il
genitivo) dalla città, vicino alle concave navi, combattono
108 ἡγεμόνος
κακότητι μεθημοσύνῃσί[10]
τε λαῶν,
per l’iniquità, la viltà (da κακότης , ητος, ἡ, (κακός):
piuttosto incompetenza, secondo Leaf), del comandante e la fiacchezza (da μεθημοσύνη
, ἡ) dell’esercito,
109 οἳ
κείνῳ ἐρίσαντες ἀμυνέμεν οὐκ ἐθέλουσι
che, in disaccordo (da ἐρίζω, con il dativo) con lui, non
vuole difendere (da ἀμύνω, con il genitivo della cosa: la costruzione
completa – nel significato di “tenere lontana, deviare, una minaccia da” -
vede di regola la minaccia, cosa o persona, all’accusativo e la cosa cosa
protetta al genitivo, che mostra chiaramente il senso ablativale del
genitivo, come in 4.11, 12.403)
110 νηῶν
ὠκυπόρων, ἀλλὰ κτείνονται ἀν᾽ αὐτάς.
le navi veloci, ma si lascia uccidere, sterminare (da κτείνω),
di fianco ad esse.
111 ἀλλ᾽
εἰ δὴ καὶ πάμπαν ἐτήτυμον αἴτιός ἐστιν
Ma se anche è veramente (da ἐτήτυμος , ον, poet. raddopp. per
ἔτυμος, al neutro come avverbio) del tutto colpevole, responsabile (da αἴτιος
, α, ον),
112 ἥρως
Ἀτρεΐδης εὐρὺ κρείων Ἀγαμέμνων[11]
l’eroe figlio di Atreo, il molto potente Agamennone,
113 οὕνεκ᾽
ἀπητίμησε ποδώκεα Πηλεΐωνα,
perché grandemente disonorò (da ἀπατιμάω, intensifica ἀτιμάω)
il figlio di Peleo dal piede veloce,
114 ἡμέας
γ᾽ οὔ πως ἔστι
μεθιέμεναι πολέμοιο[12].
non è assolutamente possibile che noi abbandoniamo (da
μεθίημι, con il genitivo) la guerra.
115 ἀλλ᾽
ἀκεώμεθα θᾶσσον: ἀκεσταί τοι φρένες ἐσθλῶν.[13]
Anzi, rimediamo, facciamo ammenda (da ἀκέομαι) più
rapidamente; certo i cuori degli (uomini) valorosi (da ἐσθλός , ή, όν)
ammettono riparazione (da ἀκεστός , ή, όν, è hapax legomenon in Omero, ma il suo senso si può interpretare da
un altro uso metaforico di φρένες ἐσθλῶν in 15.203).
116 ὑμεῖς
δ᾽ οὐκ ἔτι καλὰ μεθίετε θούριδος ἀλκῆς[14]
E voi non più, giustamente, in modo giusto (da καλός , ή,
όν, il neutro pl. utilizzato come avverbio), desistete (da μεθίημι, con il
gen. della cosa) dalla forza (da ἀλκή , ἡ) impetuosa (da θοῦρις , ιδος, ἡ,
femm. di θοῦρος , ον, (θρῴσκω): che spinge alla battaglia),
117 πάντες
ἄριστοι ἐόντες ἀνὰ στρατόν. οὐδ᾽ ἂν ἔγωγε
voi che siete tutti i migliori nell’esercito. Né io
118 ἀνδρὶ
μαχεσσαίμην ὅς τις πολέμοιο μεθείη
disputerei, sarei in disaccordo (da μάχομαι, con il dativo
della persona), con un uomo, chiunque abbandoni il combattimento
119 λυγρὸς
ἐών: ὑμῖν δὲ νεμεσσῶμαι περὶ κῆρι.
essendo (un uomo) piccolo, vile, malvagio (da λυγρός , ά,
όν); ma verso di voi, nei vostri confronti, provo un giusto risentimento,
giusta ira (da νεμεσάω , νεμεσσάω , usato da Omero, ed Esiodo, nella forma
contratta: νεμεσῶ etc.), con tutto il cuore (da κῆρ , τό , il dativo κῆρι come
avverbio, “di cuore”, ma περὶ κ. come forma rafforzata, cfr. 13.430).
120 ὦ
πέπονες[15]
τάχα δή τι κακὸν ποιήσετε μεῖζον
Miei cari (da πέπων , ον,
gen. ονος: usato metaforicamente in Omero, più nell’Illiade che nell’Odissea,
per rivolgersi ad una persona, con affetto o familiarità), presto farete
qualcosa di male, di più grande,
121 τῇδε
μεθημοσύνῃ: ἀλλ᾽ ἐν φρεσὶ θέσθε ἕκαστος
con questa fiacchezza:
ciascuno invece nell’animo si metta
122 αἰδῶ
καὶ νέμεσιν[16]:
δὴ γὰρ μέγα νεῖκος ὄρωρεν.
vergogna (da αἰδώς , όος,
contr. οῦς, η) e biasimo (da νέμεσις , εως, ἡ): è infatti sorta (da ὄρνυμι)
una grande, tremenda lotta (da νεῖκος , εος, τό).
123 Ἕκτωρ
δὴ παρὰ νηυσὶ βοὴν ἀγαθὸς πολεμίζει
Ettore, possente nel grido
di guerra, combatte presso le navi,
124 καρτερός,
ἔρρηξεν δὲ πύλας καὶ μακρὸν ὀχῆα[17]
’.
potente, gagliardo (da
καρτερός , ά, όν), ha sfondato (da ῥήγνυμι) la porta e la grande spranga ».
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Paragone
La rivolta degli uomini
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111
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ἀλλ᾽ εἰ δὴ καὶ πάμπαν ἐτήτυμον αἴτιός ἐστιν
ἥρως Ἀτρεΐδης εὐρὺ κρείων Ἀγαμέμνων
οὕνεκ᾽ ἀπητίμησε ποδώκεα Πηλεΐωνα,
ἡμέας γ᾽ οὔ πως ἔστι μεθιέμεναι πολέμοιο.
Ché se davvero è del tutto colpevole
L’eroe Atride, il molto potente Agamennone,
d’aver ingiuriato il rapido piede Pelide,
non è giusto che noi abbandoniamo la lotta.
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Citazione
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I versi 126-135 vengono spesso considerati come una
descrizione interpolata, o nel migliore dei casi problematica, descrizione
della tattica oplitica nella quale, diversamente dagli sparpagliati duelli tra campioni, formazioni organizzate
combattono ravvicinate, a corto raggio. Si veda G. S. Kirk, The Songs of Homer, pagg. 186-188. C’è
un passaggio simile in 16.211-217 (215-217 = 131-133 qui). Latacz mostra che
questi versi descrivono non una falange oplitica, ma una formazione
particolarmente compatta impiegata per caricare in attacchi in massa o, come
qui, per arrestare una carica nemica; il poeta dà qui per scontato lo
schieramento più sciolto, più libero, delle formazioni di massa che combattono
le battaglie omeriche. Poseidone insiste affichè le schiere siano καρτεραί (90,
cfr. 126 sg., 5.591 sg.); Ettore e i suoi uomini sono fermati πυνικαὶ
φάλαγγες (145), nelle quali in Greci si sono disposti ‘come una torre’, ‘a mo’
di torre’, πυργηδὸν. L’immagine è esemplificata in 16.212 sg. mediate quella
della costruzione di un muro, pietra su pietra. In 15.567 sg. e 17.354 sg.
formazioni compatte respingono, contengono il nemico (φράσσω): le linee di
portatori di lancia evocano una recinzione come quella di Eumeo, con pietre
accostate e rovi sulla sommità, e con paletti di fronte (Od. 14.10-12). Gli
studiosi classici di tattica chiamano questa disposizione synaspismos, συνασπισμός, disporre gli scudi (così anche T): cfr. Polibio 12.21.3,
18.29.6, e Diodoro 16.3.2.
125
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125 ὥς ῥα
κελευτιόων γαιήοχος ὦρσεν Ἀχαιούς.
In questo modo,
continuamente spronando (da κελευτιάω), colui che avvolge, che tiene
la terra, incita (da ὄρνυμι) gli Achei.
126 ἀμφὶ
δ᾽ ἄρ᾽ Αἴαντας δοιοὺς ἵσταντο φάλαγγες
Intorno ai due (da δοιοί , αί, ά, Ep. per δύο) Aiaci le
falangi stavano, si serravano,
127
καρτεραί, ἃς οὔτ᾽
ἄν κεν Ἄρης ὀνόσαιτο μετελθὼν[18]
forti, salde, che neppure Ares avrebbe preso alla leggera,
disprezzato (da ὄνομαι), l’azione un uomo che fosse giunto, che fosse
capitato,
128 οὔτε κ᾽ Ἀθηναίη
λαοσσόος: οἳ γὰρ ἄριστοι
e neppure Atena che spinge, solleva gli eserciti (da λαοσσόος
, ον, (σεύω)); questi infatti, i migliori,
129
κρινθέντες Τρῶάς τε καὶ Ἕκτορα δῖον ἔμιμνον,
scelti con cura (da κρίνω), affrontavano, attendevano a
piè fermo (da μίμνω, con l’accusativo), i Troiani ed Ettore divino,
130
φράξαντες δόρυ δουρί, σάκος σάκεϊ προθελύμνῳ[19]:
serrando, affiancando,
unendo, disponendo come una barriera (da φράσσω), lancia contro lancia, scudo
contro scudo, a partire da terra, a file sovrapposte (da προθέλυμνος ,
ον, (θέλυμνον));
131 ἀσπὶς
ἄρ᾽ ἀσπίδ᾽ ἔρειδε, κόρυς κόρυν, ἀνέρα δ᾽ ἀνήρ:
lo scudo così supportava
(da ἐρείδω, con l’accusativo) lo scudo, l’elmo (supportava) l’elmo, l’uomo
(supportava) l’uomo;
132 ψαῦον
δ᾽ ἱππόκομοι κόρυθες λαμπροῖσι φάλοισι[20]
gli elmi dalla
chioma equina, dalla criniera equina (da ἱππόκομος, ον (κόμη)), si toccavano
(da ψαύω, seguito dal dativo strumentale λαμπροῖσι φάλοισι) con gli
splendenti, brillanti cimieri (da φάλος , ὁ)
133
νευόντων, ὡς πυκνοὶ ἐφέστασαν ἀλλήλοισιν:
di coloro che si piegavano
in tutte le direzioni (da νεύω), a tal punto si erano accostati (da ἐφίστημι)
serrati, vicini (da πυκνός , ή, όν, poet. anche πυκινός , ή, όν, entrambe
nell’epica), gli uni agli altri;
134 ἔγχεα
δ᾽ ἐπτύσσοντο[21]
θρασειάων ἀπὸ χειρῶν
le lance erano in massa confusa
(da πτύσσω), da mani intrepide (da θρασύς , εῖα, ύ, femm. θρασέα, per ragioni
metriche)
135
σειόμεν᾽: οἳ δ᾽ ἰθὺς φρόνεον, μέμασαν δὲ μάχεσθαι.
scosse, agitate (da σείω);
quelli erano concentrati, puntavano (da φρονέω), dritto in avanti, erano
bramosi di combattere.
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Le file serrate, compatte (falange)
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130
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φράξαντες δόρυ δουρί, σάκος σάκεϊ προθελύμνῳ:
ἀσπὶς ἄρ᾽ ἀσπίδ᾽ ἔρειδε, κόρυς κόρυν, ἀνέρα δ᾽ ἀνήρ:
ψαῦον δ᾽ ἱππόκομοι κόρυθες λαμπροῖσι φάλοισι
νευόντων, ὡς πυκνοὶ ἐφέστασαν ἀλλήλοισιν:
ἔγχεα δ᾽ ἐπτύσσοντο θρασειάων ἀπὸ χειρῶν
σειόμεν᾽: οἳ δ᾽ ἰθὺς φρόνεον, μέμασαν δὲ μάχεσθαι.
Serrando lancia a lancia e targa a solida targa,
scudo toccava scudo, elmo elmo, uomo uomo;
gli elmi coda equina si scontravano coi cimieri
splendenti
al loro chinarsi, tanto gli uni agli altri si
strinsero;
oblique stavan le lance da mani audaci impugnate,
vibrando: essi guardavano avanti, bramavano
combattere.
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Citazione
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136
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136 Τρῶες
δὲ προὔτυψαν ἀολλέες, ἦρχε δ᾽ ἄρ᾽ Ἕκτωρ
PARAGONE à I Troiani irrompono, si lanciano in avanti (da προτύπτω),
tutti insieme, in massa compatta (da ἀολλής , ές), li guidava, era primo (da ἄρχω),
Ettore
137 ἀντικρὺ
μεμαώς, ὀλοοίτροχος ὣς ἀπὸ πέτρης,
determinato, bramoso (da μεμαώς,
μ́αω), in avanti, come una pietra, un macigno (da ὀλοοίτροχος, ὁ, forma epica
allungata per ὁλοίτροχος) da una rupe,
138 ὅν
τε κατὰ στεφάνης ποταμὸς χειμάρροος[22]
ὤσῃ
che un fiume impetuoso, tempestoso,
che scorre d’inverno (da χειμάρρους, ουν), giù da una cresta, dal ciglio di
un colle (da στεφάνη , ἡ), abbia spinto (da ὠθέω),
139 ῥήξας
ἀσπέτῳ ὄμβρῳ ἀναιδέος[23]
ἔχματα πέτρης:
dopo aver rotto, spezzato (da ῥήγνυμι), con continue,
indicibili (da ἄσπετος , ον), pioggie (da ὄμβρος , ὁ) gli impedimenti, gli
ancoraggi (da ἔχμα , ατος, τό, (ἔχω)), del masso (da πέτρα , Ion. ed Ep.
πέτρη , ἡ) duro, spietato, sfrontato, senza vergogna (da ἀναιδής , ές, (αἰδώς));
140 ὕψι
δ᾽ ἀναθρῴσκων πέτεται, κτυπέει δέ θ᾽ ὑπ᾽ αὐτοῦ
dall’alto (da ὕψι,
avverbio) saltando, rotolando (da ἀναθρῴσκω), vola (da πέτομαι), e sotto di
esso rimbomba (da κτυπέω)
141 ὕλη:
ὃ δ᾽ ἀσφαλέως θέει ἔμπεδον[24],
εἷος ἵκηται
la selva; questo corre,
rotola (da θέω), inarrestabilmente, senza freno (da ἀσφαλής , ές),
continuamente, senza posa, finchè (da εἷος , antica forma epica di ἕως)
raggiunge (da ἱκνέομαι)
142 ἰσόπεδον,
τότε δ᾽ οὔ τι κυλίνδεται ἐσσύμενός περ:
il piano (da ἰσόπεδον ,
τό), allora non rotola, non precipita (da κυλίνδω), nonostante sia stato
spinto (da ἐσσύμενος , η, ον, part. pass. Ep. e Lyr. di σεύω);
143 ὣς Ἕκτωρ
εἷος μὲν ἀπείλει μέχρι θαλάσσης
allo stesso modo Ettore per
un po’ (da εἷος = τέως) minacciava (da ἀπειλέω, raramente esprime minacce non
verbali) fino al mare
144 ῥέα
διελεύσεσθαι κλισίας καὶ νῆας Ἀχαιῶν
facilmente, senza fatica di
passare attraverso (da διέρχομαι, con l’accusativo) le tende e le navi degli
Achei
145 κτείνων[25]:
ἀλλ᾽ ὅτε δὴ πυκινῇς ἐνέκυρσε φάλαγξι
facendo strage; ma quando
si scontrò con, si trovoò di fronte a (da ἐγκύρω, con il dativo), le compatte
falangi, schiere (da φάλαγξ , αγγος, ἡ),
146 στῆ ῥα
μάλ᾽ ἐγχριμφθείς: οἳ δ᾽ ἀντίοι υἷες Ἀχαιῶν
si fermò, si arrestò molto
vicino, dopo essere giunto molto vicino (da ἐγχρίμπτω); loro invece, dalla
parte opposta, di fronte, faccia a faccia (da ἀντίος , ία, ίον, (ἀντί)), i
figli degli Achei,
147 νύσσοντες
ξίφεσίν τε καὶ ἔγχεσιν ἀμφιγύοισιν[26]
colpendo, affondando (da νύσσω)
con le spade (da ξίφος, εος, τό) e con le lance (da ἔγχος , εος, τό)
flessibili ad entrambe le estremità (da ἀμφίγυος , ον)
148 ὦσαν
ἀπὸ σφείων: ὃ δὲ χασσάμενος πελεμίχθη[27].
lo spinsero via, lo
ricacciarono, riuscirono a ricacciarlo (da ὠθέω), via, lontano da sé;
egli dunque indietreggianto, obbligato ad indietreggiare (da χάζω), viene
allontanato, respinto dalla sua posizione (da πελεμίζω).
149 ἤϋσεν
δὲ διαπρύσιον Τρώεσσι γεγωνώς:
poi grida forte (da αὔω) ai Troiani con voce penetrante
(da διαπρύσιος , α, ον, come avverbio), in modo da farsi sentire (da γέγωνα,
“mi faccio sentire gridando, mi faccio riconoscere gridando”, al participio
perfetto, vedi anche i versi 11.275 e 8.223):
150 ‘ Τρῶες
καὶ Λύκιοι καὶ Δάρδανοι ἀγχιμαχηταὶ
« O Troiani, Lici e Dardani combattenti corpo a corpo,
combattivi (da ἀγχιμαχητής , οῦ, ὁ, = ἀγχέμαχος, solo al plurale),
151 παρμένετ᾽:
οὔ τοι δηρὸν ἐμὲ σχήσουσιν Ἀχαιοὶ
resistete (da παραμένω)!
Gli Achei, vi dico, non mi fermeranno, non mi tratterranno (da ἔχω), a lungo
152 καὶ
μάλα πυργηδὸν σφέας αὐτοὺς ἀρτύναντες[28],
per quanto abbiano
disposto, allineato (da ἀρτύνω), se stessi a mo’ di torre, a ranghi molto
serrati (da πυργηδόν, rafforzato da μάλα),
153 ἀλλ᾽
ὀΐω χάσσονται ὑπ᾽ ἔγχεος, εἰ ἐτεόν με
ma - credo, presagisco (da οἴομαι)
– dovranno ritirarsi, cedere, davanti alla (mia) lancia, se veramente me
154 ὦρσε
θεῶν ὤριστος, ἐρίγδουπος πόσις Ἥρης ’.
ha spinto, ha eccitato il
migliore (da ἄριστος , η, ον, ὤριστος = ὁ ἄριστος) tra gli dei, lo sposo tonante
(da ἐρίγδουπος , ον, = ἐρίδουπος) di Era ».
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Paragone
L’attacco viene respinto
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[1] Il verso
81 è un verso standard impiegato per segnare uno spostamento ad una scena
simultanea altrove (impiegato 24 volte in Omero, e precede τόφρα anche in Od.
23.288; come in Od. 24.203, viene aggiunto un secondo verso per riassume
l’effetto di questa scena.
[2] A parte
il verso 125, l’uso di γαιήοχος non
supportato da un altro epiteto è unico in 23 utilizzi epici; si veda ἐνοσίχθων
utilizzato da solo in 89, 20.13, 20.405 and 4 volte nell’Odissea tra 46 usi
epici.
[3] Qui φίλα
γυῖα riprende la formula φίλον ἦτορ, nonostante la ripetizione. L’aggettivo
riferito a γυῖα può non tradursi in quanto il possessivo è già reso dal
genitivo del pronome dimostrativo τῶν.
[4] Si vada
il verso 13.50.
[5]
Poseidone incita uomini che si trovano a centro, e stanno affrontando lo sfondamento
da parte di Ettore, e sulla sinistra. I comandanti delle unità che il dio
visita sono elencati prima del suo discorso. Teucro si trova ora gli Aiaci,
Leito e Penelo al centro dello schieramento, con i Locri ed i Beoti; Toante è
al comando degli Etoli. Lo sconosciuto Deipiro, che vediamo anche con Merione
ed Afareo in 478 sg. e 9.83, viene ucciso sulla sinistra in 576; Merione, sulla
sinistra, comanda i Cretesi; un altro giovane guerriero, Antiloco, aiuta a
guidare i Pili, un’unità al centro dello schieramento. Queste nude liste possono contenere sei nomi, come in 5.705, sette
(21.209), otto (8.274) o nove (11.301, 16.415, 16.694), il massimo che la
maggior parte degli uditori potevano tollerare.
[6] Si veda
l’nizio della rampogna di Era agli Argivi in 5.787 (con relativa nota); e
quella di Agamennone, sempre agli Argivi, in 8.228.
[7] κοῦροι
νέοι viene cosiderata da alcuni critici come un’espressione che esprime
considerazione per il valore dei giovani Achei, qualcosa come “giovani uomini
di valore”. Ma l’analogia con 5.787 mostra chiaramente che si tratta di una
espressione di disprezzo, “giovani ragazzi”, “giovinastri”, come παῖδες νεαροί
in 2.289. “Il termine κοῦρος non implica nobiltà di nascita o valore, ed è
anche utilizzata per i bambini, e.g. in 6.59.
[8] ὑπὸ
Τρώεσσι δαμῆναι compare solo qui e al verso 688: per dirlo con Kirk, “it is
striking how often a phrase clusters in a limited portion of the epic and then
vanishes, as if the poet recalled it for a while and then forgot it”.
[9] La forma
φυζακιν̂ηις è una forma curiosa che compare solo qui: φύζα implica fuga in
preda a terrore, panico. Si veda 9.2.
[10] Μεθημοσύνη
ricorre in greco solo al verso 121; il termine è stato probabilmente coniato
per questo passaggio, così come συνημοσύνη in 22.261, dal momento che il
suffisso –(μο)σύνη è produttivo in Ionico. Si veda P. Chantraine, La formation des noms en grec ancien,
210-213.
[11]
Agamennone ammette in privato di essere αἴτιος
(9.116), ma lo nega in pubblico (19.86). L’osservazione critica di Poseidone è
espressa con molta attenzione e rispetto: il re potrebbe non essere totalmente
responsabile. Il verso onorifico 112 – formulare – conferma e tiene alta la
dignità del re: si veda 1.102, 7.322; ma cfr. le parole di Achille in 1.355
sg.) Le formule in 112 sg riflettono la sostanza della disputa: Agamennone è
definito dalla sua autorità, Achille dasl valore marziale.
[12] Si veda
il verso 97. Solo in questo punto, e in 14.49-51, si accenna a questo tema
dell’insubordinazione dell’esercito: quest’ultimo farebbe infatti causa comune
con Achille e non seguirebbe più Agamennone.
[13] Con
riferimento alla situazione che si è creata: rimediamo a questo stato di cose,
gli uomini forti possono comprendere l’errore e rimediare. Oppure con
riferimento al proprio atteggiamento: guariamo da questo atteggiamento, i cuori
dei forti possono guarire.
[14] μεθίετε
θούριδος ἀλκῆς ricorre per esempio in 12.409 e 4.234, θούριδος ἀλκῆς in altre
formule, ma l’uso è per lo più con un imperativo.
[15] Friedländer
considera il passo 120-125 come un discorso distinto: non ci sono però fondate
ragioni per separare questi versi da quanto precede, se non per la piuttosto
tautologica insistenza su μεθημοσύνη.
[16] Per
apprezzare la forza dell’espressione αἰδῶ καὶ νέμεσιν si confronti ϝέμεσίν τε
καὶ αἴσχεα πόλλ᾽ ἀνθρώπων, in 6.351. Anche 15.561, αἰδῶ θέσθ᾽ ἐνὶ θυμῶι. La
forza del termine νέμεσις è mostrata in Od. 2.136, νέμεσις δέ μοι ἐξ ἀνθρώπων ἔσσεται,
e Od. 22.40. Questo termine è in qualche modo ‘oggettivo’ ed esprime
l’indignazione, giusta, che provano gli altri uomini. αἰδώς, invece, è un
termine ‘soggettivo’ e indica la vergogna che prova il responsabile. Questo è
chiaro nel participio αἰδομένων, in 15.563. L’intera frase, dunque, a
differenza di 6.351, esprime entrambe gli aspetti delle conseguenze della
viltà. αἰσχρός è termine affine ad αἰδώς, sebbene mai proposto.
[17] Si veda
12.291.
[18] Si veda
4.539.
[19] Il
termine non è di chiara interpretazione: di veda l’uso in 10.15 e 9.541, ma
nessuna interpretazione si adatta ai tre casi.
[20] Si veda
10.258 e la relativa nota. I φάλοι si trovano sulla parte frontale dell’elmo e
si toccano tra di loro quando gli uomini piegano le loro teste. Si veda anche
12.384 e 22.314 sg. e gli epiteti in 5.743, 11.41. E 16.106. E qui ai versi 614
sg.
[21]
Difficile spiegare come l’espressione δ᾽ ἐπτύσσοντο – o δὲ πτύσσοντο
– possa adattarsi all’uso per delle lance. Il termine, con i suoi derivati, ha
in Omero un ambito di significati molto limitato, essendo utilizzato nel senso
letterare di piegare dei tessuti, con l’eccezione di πτύχες utilizzato per gli
strati di uno scudo e gli avvallamenti di una collina dalla superficie
corrugata. Diverse le spiegazioni proposte (si veda Leaf).
[22] Si veda
11.493, 5.88. Nello stesso contesto di un paragone anche 4.452.
[23] La
pioggia sblocca e rimuove il masso creando un torrente, ma è il torrente a
costituire la causa immediata. Per la roccia “senza vergogna”, si veda il λᾶας ἀναιδὴς
in 4.521, e Od. 11.598, ed il “bronzo spietato”. C’è dello spirito nel
simultaneo personificare un masso, negando allo stesso tempo che abbia
sentienti umani di vergogna di fronte alla propria distruttività.
[24]
Entrambe gli avverbi ἀσφαλέως ed ἔμπεδον hanno il significato di “stabilmente,
fermamente”: forse anche qui abbiamo una nota di spirito in quanto la pietra
sarà ferma solo una volta raggiunta la pianura.
[25] Si veda
9.652-653: ἐπί τε κλισίας καὶ νῆας ἱκέσθαι / κτείνοντ᾽ Ἀργείους.
[26] Il
verso 1247 3 volte, e 2 volte con νυσσομένων. L’espressione ἔγχεσιν ἀμφιγύοισιν,
che ricorre 8 volte in Omero, si ripete 6 volte nei libri 13-17, un chiaro caso
di quello che con sintetica espressione anglosassone viene definito
‘phrase-clustering’. Il termine ἀμφίγυος in Omero è sempre epiteto di ἔγχος:
termine oscuro ad Aristarco, deriva da *γυ-, radice con il significato di
‘piegare’ che troviamo ampiamente documentata in termini quali γυῖα, γύαλον, γυρός,
γύης, ἀμφιγυήεις, e potrebbe dunque significare “curvo da entrambe i lati”,
riferito ad una lama, ad una punta di lancia con forma a foglia. Oppure anche,
“avente un γυῖον da entrambe le estremità”, cioè la punta da una parte ed un
puntale (σαυρωτήρ) dall’altra. Ma non viene spiegato come il termine γυῖον, che
viene appropriatamente utilizzato per le estremità flessibili, mani e piedi,
possa essere utilizzato per la punta di una lancia, né come l’aggettivo che
viene da questo derivato possa essere formato lasciando cadere la “ι”. Altri
hanno appunto spiegato il termine con riferimento alla sola punta, nel senso
che essa è “curvata su entrambe i lati”, i.e. che ha la forma a foglia; altri
ancora come “a due mani”, nel senso che sarebbe impugnata, brandita con le due
mani. Ma è ugualmente possibile che il termine faccia riferimento
all’elasticità dell’asta, “che si piega alle due estremità”.
[27] Il
verso 148 è formulare: si vedas 5.626, 4.535. Anche i versi seguenti sono
formulari e ricorrono, individualmente, altrove.
[28] Si veda
12.43, οἳ δέ τε πυργηδὸν σφέας αὐτοὺς ἀρτύναντες.